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Giorgetti

Chi sono i grilloidi che ora menano Grillo e adorano Conte

I grilli dei protogrillini su Grillo e Conte. I Graffi di Damato

 

Anche a costo di sembrarvi un pò lombrosiano, vi confesso che più guardo le foto di Beppe Grillo sceso a Roma per la sua missione d’ordine, diciamo così, nel MoVimento 5 Stelle decapitato da un’ordinanza sospensiva dei vertici emessa dal tribunale di Napoli; più ne vedo le immagini diurne e serali in quell’albergo con vista su Villa Borghese anziché sui ruderi forse troppo sfigati e sfiganti del Foro e dintorni delle missioni precedenti, più mi chiedo com’è potuto accadere alla politica italiana di finire appesa a un uomo così e a tanti altri che lo inseguono, lo cercano, si fanno da lui convocare e sconvocare, assegnare ruoli e farseli togliere, sognare, ridere e piangere ai suoi segnali, divertiti o rapiti, come preferite, come gli spettatori dei suoi spettacoli comici, prima che, già rallentati dagli impegni politici, la pandemia non li fermasse del tutto.

Persino Giulio Gambino sul suo The Post Internazionale leggendo le cronache della nuova missione a Roma “in cerca di scappatoie”, secondo l’urticante titolo del manifesto, ha scritto che “Grillo è l’uomo sbagliato per il Movimento giusto”. E ha pensato di salvare Giuseppe Conte definendolo “l’uomo giusto per il Movimento sbagliato”. Stiamo freschi pensando all’anno e poco più che deve ancora trascorrere per la fine di una legislatura in cui una forza politica di questo genere misterioso e paradossale svolge, per i numeri di cui ancora dispone alla Camera e al Senato, un ruolo dichiaratamente e orgogliosamente “centrale”, per quanto mitigato per fortuna da un uomo come Mario Draghi spedito l’anno scorso, proprio di questi tempi, in tutta fretta a Palazzo Chigi dal preoccupatissimo presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Che si è guadagnato proprio per questo -credo- la conferma al Quirinale.

Non solo Giulio Gambino ma anche un altro estimatore di Conte come Marco Travaglio sul suo Fatto Quotidiano mi sembra sempre più spiazzato da ciò che accade sotto le cinque stelle, e sempre più deluso -in particolare- da Grillo. Al quale oggi dà, nel suo editoriale, le maggiori se non uniche colpe della confusione per niente foriera, com’era quella invece contemplata da Mao ai suoi tempi, di buoni sviluppi della situazione sulla terra. In particolare, Grillo si sarebbe rovinato, e rovinato i suoi amici, fidandosi del Pd in assoluto, sino ad allearvisi. Eppure -ha ricordato il quasi storico- “se il Pd fosse veramente il partito democratico, il Movimento 5 Stelle non esisterebbe”. Esso infatti “nacque nel 2009 -ha inferito Travaglio- perché il Pd fu così democratico da stracciare la tessera a Grillo che minacciava di candidarsi alle primarie col suo programma partecipato in Rete”, con la maiuscola. Seguì infatti il “vaffanculo” gridato in piazza a Bologna da Grillo in persona prima di andare da un notaio coll’amico Gianroberto Casaleggio e fondare il movimento col quale avrebbe dovuto denudare il Paese sotto tutti i punti di vista, o rivoltarlo come un calzino davvero, non come si erano inutilmente proposti nel 1992 magistrati e tifosi di “Mani pulite”.

Il Pd “nuovo vecchio del giovane vecchio Letta” — ha a suo modo diagnosticato Travaglio pensando forse al “giovane” Enrico e allo zio “vecchio” Gianni, l’uomo presumibilmente ancora d fiducia di Silvio Berlusconi, nonostante le turbolenze colte nei loro rapporti da qualche giornale durante l’ultima edizione della corsa al Quirinale- “è l’opposto di quello di Zingaretti”, che aveva visto e indicato in Conte “il punto di riferimento dei progressisti” italiani, grillini compresi. “Più i 5Stelle se ne terranno alla larga, meglio sarà per loro e per tutti”, ha concluso Travaglio sognando evidentemente un epilogo in fiamme di questa legislatura.

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