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Sardine

Chi digerirà le Sardine? I Graffi di Damato

Trambusti, ambizioni e inciampi delle Sardine secondo il notista politico Francesco Damato

Luigi Di Maio quando era ancora il capo del Movimento 5 Stelle confessò di essere stato tentato di mescolarsi nella piazza romana di San Giovanni con le sardine che a metà dicembre la riempirono per esportare il loro fenomeno antileghista dall’Emilia-Romagna, dove avevano esordito per cercare di impedire che Matteo Salvini conquistasse la regione più rossa, o fra le più rosse, d’Italia. Il ministro degli Esteri se ne trattenne all’ultimo momento per non creare fra il pubblico più imbarazzo che interesse. E fece bene, anche perché soltanto il giorno dopo dovette dichiararsi sorpreso dalla decisione di Mattia Santori e amici di scambiarsi le idee e preparare altre iniziative in un palazzo occupato, come adepti di un qualsiasi centro sociale come quello storico degli anni Novanta a Milano in via Leoncavallo. Dove peraltro si era fatto le ossa da giovanissimo proprio Salvini, non immaginando evidentemente in quale altra direzione la politica lo avrebbe portato.

Ora che non è più capo del movimento grillino, e neppure capo della delegazione pentastellata al governo, e si sta forse godendo le difficoltà dei suoi successori alle prese col Pd e gli altri scomodi alleati di sinistra, Di Maio deve essere rimasto silenziosamente esterrefatto di fronte alla seconda foto a sorpresa delle sardine: seconda dopo quella del passaggio romano sotto lo striscione inneggiante alle occupazioni abusive degli stabili.

Santori e amici, ospiti di Oliviero Toscani, si sono lasciati riprendere stavolta per niente imbarazzati in festosa compagnia proprio con quel Benetton al quale i grillini, per vendicare i morti del crollo del ponte Morandi a Genova, non vedono l’ora di togliere tutte le concessioni autostradali cui partecipa con guadagni secondo loro immeritati e sporchi di sangue. E’ peraltro proprio di questi giorni e di queste ore il timore dei pentastellati di ricevere dal presidente del Consiglio, nonostante l’aiuto, diciamo così, prestatogli per rimanere a Palazzo Chigi cambiando maggioranza, sorprese su Benetton analoghe a quelle sulla Tap e sulla Tav subite nel precedente governo a partecipazione leghista. Allora essi dovettero ingioiare i rospi, rispettivamente, del gasdotto marino con terminale in Puglia e della linea ferroviaria ad alta velocità per il trasporto delle merci fra l’Italia e la Francia.

Adesso le sardine sono diventate decisamente e definitivamente indigeste per i grillini di ogni tendenza e venatura, da Di Maio a Roberto Fico. Che, vista la popolarità da esse guadagnatesi dopo l’esordio in Emilia-Romagna, cominciano a temerle elettoralmente. Da simpatiche sardine possono diventare sanguisughe sul corpo già anemico di un movimento sceso a livello nazionale, secondo i sondaggi più ottimistici, al 14 per cento dei voti dal 32 delle elezioni politiche del 2018.

Le sardine d’altronde, anche a costo di dividersi come in tutte le comunità politiche, specie dopo l’infortunio della foto con Benetton, non nascondono le loro ambizioni elettorali, forse esordendo direttamente o indirettamente già nelle prove regionali della primavera prossima. L’unica speranza o consolazione coltivabile a questo punto dai grillini è che a fare le spese delle cresciute ambizioni delle Sardine possa essere anche il Pd, dopo e a dispetto dei vantaggi ricavati in Emilia-Romagna: il “pesce grosso” forse al quale ha pensato, sotto sotto, anche il direttore di Repubblica scrivendo dei seimila “pesci piccoli” ai quali qualche giorno aveva voluto dare voce raccomandandoli a Giuseppe Conte e a Nicola Zingaretti.

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