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Giorgetti

Chi comanderà fra Grillo e Conte nel Movimento 5 Stelle?

Ecco come i compromessi fra Grillo e Conte sono stati letti e commentati dai giornali

 

Lui, Giuseppe Conte, fresco ancora di spigola e di vermentino consumati a tavola con Beppe Grillo, in un video si è riproposto in maniche rivoltate di camicia per festeggiare il nuovo statuto del MoVimento 5 Stelle, di 25 articoli e 39 pagine, sicuro evidentemente che sarà approvato nelle votazioni digitali del 2 e 3 agosto indette sulla piattaforma Sky vote. Cui seguiranno rapidamente quelle per la sostanziale ratifica della sua nomina a presidente alla fine ingoiata dal fondatore e garante. Che da buon genovese, e comico di professione, si è a suo modo vendicato facendo pagare al professore e avvocato il conto del pranzo di riconciliazione davanti al mare di Bibbona.

Loro, i sostenitori più rumorosi di Conte, che confezionano ogni giorno Il Fatto Quotidiano, hanno preferito proporlo, immaginarlo, raffigurarlo con la pistola in mano nel duello di fuoco con Mario Draghi. Che si sarebbe quindi incautamente avventurato a invitarlo a Palazzo Chigi per il primo incontro dopo lo scambio delle consegne in febbraio. Sarà nelle previsioni di Marco Travaglio e amici l’incontro della “sfida”, come da titolo di prima pagina, ben in competizione col “boicottaggio” preferito dal Giornale berlusconiano e la “minaccia” gridata dalla Verità.

Eppure nel nuovo statuto, predisposto dal comitato dei setti saggi incaricato da Grillo di modificare il testo “seicentesco” delle bozze ultimativamente consegnate da Grillo una ventina di giorni fa, si trova la buona volontà di ripudiare, almeno all’interno del MoVimento, “espressioni aggressive”. Che dovrebbero equivalere anche alle immagini per chi preferisce comunicare in questo modo, ricorrendo a vignette e fotomontaggi come quello già ricordato dagli amici del Fatto, o la copertina dell’Espresso. Dove Conte e Grillo sono “di botte e di governo” sullo sfondo di un sardonico Draghi, evidentemente fiducioso di essere il terzo che gode.

Che Grillo e Conte, nonostante la spigola, il vermentino, il dolce e quant’altro pagati, ripeto, dall’ex presidente del Consiglio siano destinati a continuare a scontrarsi – e neppure tanto dietro le quinte, data la incontenibilità degli scatti d’ira del garante rimasto a vita nel nuovo statuto, mentre il presidente dura quattro anni non si è ben capito per quante volte al massimo, se due o più- sono in molti a ritenerlo. E non solo il giornale di Carlo De Benedetti – Domani – col titolo liquidatorio su Conte che “fa il leader” e Grillo che “comanda”. Altro, quindi, che i “pieni poteri” immaginati dall’ex presidente del Consiglio e generosamente attribuitigli tra prudenti virgolette dalla Stampa.

Arroccato, almeno a parole, in difesa delle riforme del suo primo governo a maggioranza gialloverde, che sono il costoso reddito di cittadinanza – con tutti gli abusi truffaldini che si scoprono- e la prescrizione valida solo sino al primo grado di giudizio, rispettivamente compromesse dalle iniziative allo studio o già assunte dall’attuale governo, Conte deve pur contare sull’aiuto di qualcuno nella maggioranza per prevalere e non soccombere, o non fare solo campagne di testimonianza, ad astensione garantita. Così d’altronde avevano cercato di fare in Consiglio dei Ministri i pentastellati con le modifiche della ministra della Giustizia Marta Cartabia alla riforma del processo penale, prima che intervenisse Grillo al telefono per metterli praticamente in riga. Almeno sinora, a parte i soliti Pier Luigi Bersani e compagni dalle sponde dei “liberi e uguali”, non pare che siano giunti a Conte molti segnali di incoraggiamento.

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