Il summit di Le Grand Continent sta riunendo a Saint-Vincent, in Valle d’Aosta, dal 18 al 20 dicembre, parecchie personalità europee e internazionali. È una riunione poco conosciuta, forse perché alla prima edizione.
TUTTI I NOMI DI PRIMO PIANO
Si sono visti la ministra della Difesa spagnola, Margarita Robles, seduta accanto al presidente di Leonardo, Stefano Pontecorvo, a parlare di industria anche militare in un panel con Stefano Sannino, segretario generale per l’azione esterna dell’Unione europea, con in prima fila il suo capo, l’Alto rappresentante europeo per l’azione esterna Josep Borrell, e con in seconda fila Romano Prodi. L’argomento era la costruzione di una base industriale europea in tempi di guerra (o di guerra estesa). Dunque, come produrre munizioni in tempo, come stare al passo con la Russia a sostegno dell’Ucraina, e poi con la Cina e il resto del mondo. Tema di primo livello.
Anche gli altri panel sono intriganti: si sono visti e ascoltati Guillaume Faury, a capo di Airbus, Giampiero Massolo, presidente di Mundys (nuovo nome di Atlantia) e di ISPI, il segretario di stato per il PNNR belga, Thomas Dermine, Jennifer Harris, del Council of Foreign relations, il presidente del partito socialista belga Paul Magnette, la sera del 19 dicembre anche Enrico Letta insieme a Laurence Boone, segretaria di
stato francese per gli affari europei.
PRESIDENZA SPAGNOLA, RELAZIONI ITALO-FRANCESI E GLI ACCADEMICI
Per dare il tono del summit, il 18 dicembre l’apertura è stata affidata a José Manuel Albares, ministro degli Esteri della Spagna, che ha parlato proprio a nome della presidenza di turno dell’Unione Europea. Ci sono poi gli alti patronati, in qualche modo congiunti, della Presidenza della Repubblica italiana e della Repubblica francese.
Tra i workshop, non a caso, ve ne è stato uno a porte chiuse sul Trattato italo-francese del Quirinale, con l’ambasciatore francese a Roma Martin Briens e il suo precedessore Christian Masset, Giampiero Massolo, Andrea Cavallari vicedirettore Europa agli affari esteri, con la moderazione di Marc Lazar, della Luiss e buon conoscitore delle relazioni italo-francesi.
Al summit poi non si contano gli esperti e gli accademici, da Anu Bradford della Columbia Law School a Nathalie Tocci dello IAI, a Lea Ypi della London School of Economics. Altri nomi vengono da organismi internazionali: Gabriela Ramos da Unesco, a Klaus Welle del Martens Centre e già segretario del parlamento europeo, a Daniel Segoin della Banca centrale Europea e giù per li rami, a volte persino più alti.
COME HANNO FATTO A ORGANIZZARE UNA PICCOLA DAVOS SULL’EUROPA
Le Grand Continent e il suo direttore Gilles Gressani sono riusciti a costruire un evento nuovo per livello e centralità europea partendo dalla rivista: molti partecipanti sono contributori o intervistati. L’idea semplice è stata di riunirli, considerato che gli scambi in presenza consentono una diversa e più rapida circolazione delle idee. Inoltre, il filo che unisce i workshop è l’Europa, cioè il Grande Continente, che nel messaggio della rivista deve darsi un po’ una mossa.
La libertà e relativa neutralità della rivista crea un’assise in cui si può parlare con maggiore libertà. Il risultato è una piccola Davos europea in una regione di frontiera italiana. Così i temi sono di forte attualità e attirano, anche nella loro specialità: il completamento del mercato dei capitali (senza cui non si riesce nella transizione climatica, nella difesa, nell’innovazione), l’intelligenza artificiale (c’era il co-relatore dell’IA Act al parlamento europeo, Brando Benifei del Pd), l’aiuto allo sviluppo e il Sud globale (in cui ha parlato Josep Borrell) ma anche le lezioni dal passato.
LE LEZIONI DEL PASSATO: BARNIER, PRODI, LAMY
Uno dei primi panel riguardava le esperienze europee della Brexit, dell’allargamento, e della globalizzazione. C’erano Romano Prodi, appunto già presidente della commissione europea, Michel Barnier, negoziatore della Brexit, Pascal Lamy, già a capo del Wto e ex commissario europeo. C’è stato al summit anche altro: le riforme dell’Unione, l’allargamento (Balcani e Ucraina, Moldavia e Georgia), la ricostruzione dell’Ucraina, il polilateralismo come nuova dottrina, il Sud globale, il Green deal, come finanziare le transizioni, l’energia, la democrazia in Europa, la classe media, uno sguardo alle Alpi, considerato il luogo dell’incontro.
Il summit di Le Grand Continent ha preso una certa velocità grazie alla credibilità acquisita, non solo nei nomi che contribuiscono, a partire dalla prima intervista a Emmanuel Macron che la rivista fece poco dopo la nascita, tra ex-studenti di Sciences Po Parigi riuniti in un gruppo di studio. Hanno avuto l’intuizione di una linea di ricerca mobilitando intelligenze che spesso restano chiuse nelle riunioni o nelle università.
LA RETE DI SCIENCES PO PARIGI
La rete di Sciences Po ha costituito poi un’altra garanzia, anche nella sua proiezione internazionale. Molti professori e studenti vengono da altri Paesi europei e dal mondo e si ritrovano poi ministri o segretari di Stato o alla Commissione europea. Da cui anche gli sponsor: a parte l’accoglienza della Regione Valle d’Aosta (per l’hotel e l’organizzazione) sono vari e articolati anche per equilibri, e trasparenti, compresi Airbus e Kering, o Il Martens Centre.
La scelta della location valdostana coincide con altri casi simili (appunto come Davos), ricorda che il direttore della rivista, Gilles Gressani, è valdostano, anche se presentato a volte come francese negli interventi sulle TV italiane. Indica un terreno abbastanza neutro e facile da gestire per arrivare e soggiornare. Consente anche il simbolismo di salire con lo Skyway sul Monte Bianco come vetta europea, a 3466 metri, per attribuire il premio letterario annuale della rivista, che consente di far tradurre i libri selezionati in più lingue.
Data la nascita parigina della rivista, per quanto proiettata in Europa e nel mondo, a Saint-Vincent manca ancora un po’ la Germania. D’altra parte, la rivista è ora disponibile in inglese, italiano, francese e spagnolo, la versione in tedesco sarà online nel 2024. Intanto il direttore Gressani fa già parte di un gruppo di lavoro sulla cooperazione franco-tedesca del Trattato di Aquisgrana.