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Giorgetti

Chi brinda e chi piagnucola per il no di Berlusconi al Mes

C’è del metodo nell’apparente follia di Silvio Berlusconi sul Mes. I Graffi di Damato

C’è da credergli se è lo tesso Giornale di famiglia ad annunciare in prima pagina che “il no di Berlusconi” alla riforma del Mes concordata a Bruxelles e dintorni per rendere più funzionale e garantito per tutti il cosiddetto fondo salva-Stati, da cui dipendono i 37 miliardi di euro di finanziamento del malmesso servizio sanitario nazionale, ha chiuso “la stagione del dialogo” voluta e celebrata con la maggioranza di governo dallo stesso Berlusconi partecipando all’approvazione parlamentare quasi unanime dell’ultimo scostamento di bilancio per otto miliardi di euro.

Il no di Berlusconi, per quanto non comprometta formalmente l’accesso al credito dei 37 miliardi per il sistema sanitario italiano, che il Cavaliere anzi è tornato a sostenere, di fatto lo allontana perché porta acqua alle contrarietà, riserve e quant’altro dei grillini all’interno della maggioranza e delle altre componenti del centrodestra all’esterno. Che sono i leghisti di Matteo Salvini e i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, ripagati adesso ampiamente del sacrificio imposto loro dal Cavaliere votando lo scostamento di bilancio, anziché limitarsi ad astenersi. E pensare che il capo della delegazione del Pd al governo Dario Franceschini, precedendo il solito sospettoso presidente del Consiglio Giuseppe Conte, si era affrettato a scappellarsi davanti al Cavaliere elogiandone senso di “responsabilità” e d coraggio” per l’angolo nel quale sembravano essere stati confinati, o quasi, i grillini nel crescente rapporto di conflittualità col partito di Nicola Zingaretti.

L’iniziativa di Berlusconi, tradotta dall’amichevole Foglio nello “sconcerto Mes”, spiegando che “il voto contrario a ciel sereno del Cav è incomprensibile per gli europeisti di Forza Italia ma fa sorridere Salvini”, e di rimando i loro ex alleati grillini, si potrà spiegare, per chi lo vorrà, in moltissimi modi, magari spingendosi sino alla partita del Quirinale, per quanto ancora lontana mancando più di un anno -e che anno- alla scadenza del mandato di Sergio Mattarella. Non è che manchino ambizioni al Cavaliere, pur alla sua età e con tutte le altre complicazioni politiche di una scalata del genere. Ma sarebbe forse più onesto e semplice fermarsi al contributo che Berlusconi ha già dato personalmente all’avvio e allo sviluppo di questa curiosissima legislatura, dove tutti gli schemi politici sono saltati ben prima che sopraggiungessero le emergenze sanitarie, economiche e sociali.

La prima anomalia di questa legislatura fu l’autorizzazione concessa da Berlusconi a Salvini – non l’autonomia presasi con chissà quale prepotenza dal “capitano” leghista – a rimanere nel centrodestra a livello locale e ad accordarsi “sperimentalmente” con i grillini a livello nazionale. Il problema per Berlusconi fu allora quello di evitare elezioni anticipate dalle quali il vantaggio allora modesto acquisito dalla Lega su Forza Italia aumentasse e uscisse quindi rafforzato ulteriormente il centrodestra a trazione salviniana. Lì nacquero tutti i problemi che ci stiamo portando appresso, compresa l’illusione – per ora – del Pd di poter completare il logoramento dei grillini avviato dal pur odiato, odiatissimo Salvini.

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