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Che politica fa Papa Francesco? Il pensiero di Ocone

“Ocone's corner”, la rubrica settimanale di Corrado Ocone, filosofo e saggista, su Papa Francesco al di là dello "strattonamento"

Debbo dire che l’ampia discussione generata dalla reazione non proprio “cristiana” di Papa Francesco allo “strattonamento” da lui subito da parte di una fedele in Piazza San Pietro non mi appassiona più di tanto.

Se ne son sentite di tutti i tipi, persino quella di chi ha visto in essa una calcolata mossa dell’“ufficio marketing” del Vaticano, tutto proteso a trasmettere l’immagine di un Papa “umano”, che è “uno di noi” (come un “populista” qualunque verrebbe voglia di dire, celiando!). E quindi, aggiungo io, senza nessuna più aurea di sacralità nel senso pieno e non mediatico-iconico del termine.

Sarebbe poi facile fare anche psicologia spicciola e dire che comunque viene in Bergoglio fuori un animo non nobile, che sotto sotto disprezza quella gente semplice, povera e debole a cui pure dice di guardare (anche il ritrarre la mano per “motivi igienici” ogni volta che un fedele vuole baciargliela è atto significativo da questo punto di vista).

Il Papa, si dice, fa politica. Tutto vero, solo che, in due millenni di storia, di pontefici umanamente discutibili la Chiesa cattolica ne ha avuti non pochi. E che facessero politica poi è stato elemento comune un po’ a tutti.

Mi sembra più interessante chiedersi che tipo di politica fa questo Papa, o se preferite quale idea della Chiesa e del cristianesimo egli abbia e se sia l’idea giusta per la loro sopravvivenza e in fondo per il bene della nostra società.

Spostando il discorso su questo terreno, quello che a me fa più impressione è la totale assenza in Jorge Bergoglio del “sentimento tragico della vita” e del tormento interiore che un cristiano dovrebbe sempre avere anche quando crede di aver raggiunto la “pace interiore”.

Ci sono stati in verità altri papi che hanno fatto della semplicità dei modi, e dell’attaccamento alla concretezza delle vite comuni, la cifra predominante della loro personalità. Si pensi, solo per fare un esempio, a Giovanni XXIII.

Quella semplicità però nasceva quasi spontanea dalla loro filosofia cristiana, o da uno schietto sentimento popolare o persino (nel caso di Roncalli) contadino. E in ogni caso, era aperta e dialogante col mondo: non pretendeva di adeguarsi ad esso, accettando quei miti e quei dogmi che ogni epoca ha, anche quelle scristianizzate come la nostra.

L’adesione da parte di Francesco ai dogmi del generico umanitarismo oggi in voga è significativo: non è forse proprio il politically correct, che tutto sa e nulla vuole mettere in discussione, l’esempio più coerente di una conciliazione col mondo banale e poco combattuta, idilliaca e non tragica? Senza dimenticare che la correctness fa dell’uomo immanente la misura di ogni cosa, potente come Dio ma al contrario del Dio cristiano implacabile e poco misericordioso? Questa filosofia anticristiana, figlia in ultima istanza del positivismo, fa propria una concezione scientistica e riduzionistica della conoscenza e dell’essere umano.

L’ambientalismo, a cui il Papa sembra essersi votato un po’ come (almeno a parole) tutte le classi dirigenti globali, è infatti, in certi suoi aspetti ideologici, un vero e proprio naturalismo: per esso l’uomo non ha, nell’economia dell’universo, nessuna specificità, e quindi nemmeno nessuna primazia o centralità, e quindi deve adeguarsi al creato e non esserne, come Dio ha voluto facendolo “a sua immagine e somiglianza”, il “padrone” e “dominatore”, almeno nel suo ambito specifico (il che non significa affatto che lo debba maltrattare o distruggere).

Se questa analisi è valida, sorge indubbiamente per un cattolico il problema di come comportarsi. Francesco Giubilei se lo è posto, in un pensoso post pubblicato qualche giorno fa su Nazione Futura. Egli ha osservato che, pur contrastandolo teologicamente, Bergoglio “va rispettato per il ruolo che ricopre”: “non ci si può lasciare andare ad insulti e mancanze di rispetto nei confronti del Papa che- nonostante alcune dichiarazioni più che discutibili- non è un politico”. E ha ancora specificato che bisogna limitarsi a criticarlo “nel campo delle idee e dei contenuti”.

Condivisibilissimo. Ora però, a parte il fatto che una discussione così atteggiata, “pacata e razionale” (che non significa ambigua o priva di passione), andrebbe concessa a tutti e non solo al Papa, io credo che un cattolico che è su questa linea di ragionamento debba per forza distinguere continuamente l’ambito delle idee e della politica (e “politico” in questo senso Bergoglio sicuramente è) da quello della fede.

Da questo secondo punto di vista, egli allora non può fare altro, come suggerito da Antonio Socci, che “pregare”. E, come sempre, “affidarsi alla divina Provvidenza, che ne sa più di noi”.

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