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Le Pen Fiscal Compact

Che cosa succede in Francia a Marine Le Pen, Macron e Bertrand verso le presidenziali

Perché Marine Le Pen barcolla verso le presidenziali. Ma tutti i partiti francesi attraversano un difficile momento, che fa il paio con i tassi di astensione elettorale. Il punto di Enrico Martial

 

Dalle elezioni regionali e dipartimentali, il cui secondo turno è stato il 27 giugno scorso, al Rassemblement National di Marine Le Pen si aspettavano qualcosa di più. Il congresso del partito che si è concluso ieri, 4 luglio, a Perpignan, avrebbe potuto celebrare la conquista di una o due regioni, ma non è andata così. I risultati del dicembre 2015 si sono mostrati irraggiungibili, e in più erano stati ottenuti sull’onda degli attentati a Charlie Hebdo e dell’HyperCacher del 7 e 8 gennaio, e del 13 novembre a Parigi e al Bataclan.  Al primo turno il formidabile tasso di astensione (66,74% – al secondo turno 65,7%) aveva colpito tutti, ma soprattutto l’area della protesta e del radicalismo. Vi era una lontana speranza di conquistare la Regione Sud, quella di Marsiglia, visto che il candidato ecologista sembrava non voler desistere per il secondo turno, ma dal partito l’hanno infine convinto. Il fronte repubblicano ha tranquillamente rieletto Renaud Muselier (Les Républicains con La République en Marche) con il 57,3%.

Insomma, l’ambientazione del congresso del Rassemblement National era un po’ segnata dalla delusione e dalle domande.

Il partito ha perso circa il 30% dei suoi eletti regionali, passati da 358 a 252. A livello dipartimentale, dove si viene eletti in coppia uomo-donna su due turni, nel 2015 il Rassemblement aveva 27 cantoni, e se ne è ritrovati adesso 13 su 2054. Ancora il 21 maggio scorso, Marine Le Pen sottolineava che le elezioni regionali e dipartimentali sarebbero state il suo trampolino verso le presidenziali.

Le domande riguardano invece la strategia di partito. Marine Le Pen ha imposto un messaggio relativamente più moderato, una “dédiabolisation” intesa ad allargare il consenso al centro. Sono scomparse le proposte di uscita dall’euro, dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, da Schengen, si è sentito parlare meno di Russia. Il Rassemblement con il vestito buono senza recuperare voti ha però creato malcontento nella platea più radicale, che segue ora i proclami estremi di Eric Zemmour sulla televisione CNews di Vincent Bolloré. In questi cinque anni vi sono state defezioni: nella regione parigina (Ile de France) il gruppo è passato da 22 a 12 consiglieri, nelle Hauts-de-France (Lille) da 54 a 40. Alcune federazioni locali non esistono più, come nel dipartimento delle Deux-Sèvres, che si trova tra Poitiers e La Rochelle.

Va detto che tutti i partiti e formazioni francesi attraversano un difficile momento, che fa il paio con i tassi di astensione elettorale: la République en Marche di Emmanuel Macron non riesce a radicarsi, il possibile candidato della destra repubblicana alle presidenziali del prossimo anno, Xavier Bertrand, è uscito dal Les Republicains che pure dovranno sostenerlo, la sinistra è stiracchiata tra risultati modesti e una competizione tra ecologisti e socialisti. Tutti patiscono il sostanziale ritiro dalla politica del cittadino francese, forse congiunturale da stanchezza pandemica, forse strutturale da crisi della partecipazione.

Al congresso non c’era comunque partita, il marchio Le Pen è solido, si è trattato soltanto di decidere chi avrebbe assunto la temporanea guida del partito durante la campagna per le presidenziali del prossimo anno, prima di restituirla, secondo regolamento, a Marine Le Pen. Si facevano i nomi di Louis Aliot, sindaco di Perpignan, città del congresso e con più di 100mila abitanti, oppure del venticinquenne Jordan Bardella, intelligente e brillante, portatore della versione centrista del Rassemblement, che però non è andato benissimo in Ile de France. Quest’ultimo l’ha spuntata, ed è ora il primo vicepresidente.

È anche il compagno di Nolwenn Olivier, di cui è zia Marine Le Pen, di cui Aliot è stato compagno dal 2009 al 2019. Sono relazioni familiari che solo marginalmente la stampa francese fa notare per la loro natura clanistica, o come debolezze.

Si guarda piuttosto al quadro politico incerto e tutto da costruire per le presidenziali del 2022. Per esempio, Le Figaro si chiede se una destra repubblicana guidata da Xavier Bertrand, rieletto con buoni voti (52,37%) a presiedere la Regione delle Hauts-de-France, potrebbe arrivare al ballottaggio del secondo turno contro Emmanuel Macron, al posto di Marine Le Pen.

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