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Berlino

Che cosa succede fra Usa e Russia?

L’analisi di Stefano Grazioli di Eastsidereport.info   Dall’incontro di Ginevra tra Vladimir Putin e Joe Biden non ci si aspettava nulla e il risultato ha confermato le attese. Cremlino e Casa Bianca avrebbero molti dossier su cui collaborare, ma non lo fanno. Ne hanno altrettanti sui quali sono distanti e su questi lo scontro non…

 

Dall’incontro di Ginevra tra Vladimir Putin e Joe Biden non ci si aspettava nulla e il risultato ha confermato le attese. Cremlino e Casa Bianca avrebbero molti dossier su cui collaborare, ma non lo fanno. Ne hanno altrettanti sui quali sono distanti e su questi lo scontro non rientrerà. Il resto sono chiacchiere, come quella delle conferenze stampa in cui Putin ha citato Tolstoj e Biden ha escluso i giornalisti russi. Chissà cosa sarebbe successo se fosse successo il contrario.

Il fosso tra Russia e Usa è profondo, e non da ieri. Poca differenza fa se a Washington c’è Bush, Obama, Trump o Biden. Le relazioni con Mosca sono peggiorate in maniera sistematica da vent’anni a questa parte. L’Occidente ne dà tutta la colpa alla Russia, dove invece rispediscono le accuse al mittente e fanno l’elenco di tutti i danni che gli Usa hanno fatto dopo il breve periodo di idillio dopo l’11 settembre e l’alleanza nella lotta al terrorismo.

Sono le interferenze, quelle che Biden in conferenza stampa a Ginevra ha sostanzialmente negato quando ha detto che Washington non si impiccia negli affari di altri paesi, che partono dalle rivoluzioni colorate nello spazio ex Urss, non proprio movimenti spontanei indipendenti e fini a se stessi (Georgia 2003, Ucraina 2004) e arrivano ancora all’Ucraina nel 2013-14 con la cosiddetta Euromaidan, la crisi fondamentale che ha fatto definitivamente voltare la Russia verso la Cina.

In mezzo ovviamente l’appoggio all’opposizione non sistemica a Mosca (Navalny e compagnia) e i disastri sulla scacchiera internazionale provocati dall’unilateralismo americano: e qui si va dalla guerra in Iraq nel 2004 e dalle boccette di antrace sventolate al Consiglio di sicurezza dell’Onu dal generale Powell alla chiusura disastrosa della missione in Afganistan nel 2021, dopo vent’anni di guerra che riconsegna di fatto il paese ai Talebani.

Vladimir Putin, che nel suo discorso alla Conferenza sulla sicurezza a Monaco nel 2007 aveva tracciato già quelle linee rosse il cui sorpasso avrebbe poi condotto alla guerra in Georgia nel 2008 e a quella nel Donbass nel 2014 e all’annessione della Crimea, ha sempre accusati di doppiopesismo l’Occidente, pronto a sanzionare Mosca e a coccolare, solo un esempio, invece la Turchia del satrapo Erdogan, uno che in casa propria (repressioni contro l’opposizione e la stampa) e fuori (Siria, Libia) ne combina peggio di Putin, ma viene salvato sempre perché Ankara è membro della Nato.

Poco importa anche che dal 1974 sostenga il governo fantoccio di Cipro Nord e si sia annessa quasi mezza isola nel Mediterraneo, roba che fa impallidire i casi di Crimea, Ossezia o Transnistria: la Turchia occupa di fatto un pezzo di Unione Europea. Pazienza.

Biden ha tutte le ragioni ad accusare la Russia di autoritarismo, deficit democratici e aggressività varie (dai cyberattacchi agli avvelenamenti), il punto è che Putin non fa benaltrismo (o whataboutsimo, come va di moda adesso), quando racconta che gli Usa e l’Europa dietro la questione della difesa dei principi, che con grande evidenza sono validi a correte alternata, seguono i loro interessi nazionali e nient’altro più.

Come in fondo fanno tutti gli Stati. Quindi, dicono a Mosca, per favore niente prediche.

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