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Netanyahu

Che cosa succede davvero tra Israele e Cisgiordania

La verità è che palestinesi e Paesi del mondo arabo e musulmano alla pace invocata dalla sinistra pacifista non sono né sono mai stati interessati. L'intervento di Stefano Parisi

 

Le parole sono importanti. E parole come “annessione” quando si parla di Israele in Cisgiordania, “soluzione due popoli due stati” per il conflitto israelo-palestinese, o più in generale, “pace”, lo sono particolarmente. Nelle ultime settimane abbiamo assistito al nuovo tam tam della sinistra pacifista sulla (sembrava) imminente “annessione” da parte di Israele dei territori in Cisgiordania.

Dalla Francia di Macron al Vaticano passando per la Lega Araba e le Nazioni Unite, come sempre la comunità internazionale ci ha tenuto a redarguire il primo ministro Netanyahu sul piano che avrebbe dovuto scattare dal primo luglio e che invece per adesso è rimasto sulla carta. Si possono certamente fare una serie di considerazioni politiche sul perché la paventata “annessione” delle aree sotto controllo israeliano per ora non sia avvenuta. È vero che ci sono delle divisioni interne alla maggioranza che sostiene il governo israeliano. Come pure bisogna considerare che alla partita sugli insediamenti israeliani partecipano i negoziatori Usa: abbiamo letto fonti non confermate sulle richieste che gli Usa avrebbero fatto a Israele per favorire maggiormente i palestinesi nel caso di una attuazione del piano. E non sarebbe la prima volta che ai palestinesi vengono avanzate offerte vantaggiose puntualmente non raccolte.

Ma la questione riguarda appunto il senso da dare alle parole che usiamo, anzi, che la sinistra pacifista impone di usare. Più che di “annessione” infatti sarebbe meglio parlare di estensione della sovranità israeliana in Cisgiordania. Un modo per stabilizzare quelle aree contese dove la maggioranza della popolazione è ebraica, le infrastrutture sono state costruite da Israele, e che rappresentano uno spazio strategico fondamentale per la difesa della sicurezza dello Stato ebraico.

La “annessione” d’altra parte metterebbe fine alla presenza militare israeliana. Probabilmente sarebbe anche un elemento di stabilizzazione della vicina Giordania. Insomma potrebbe rivelarsi una occasione su cui costruire una pace duratura nell’area. Invece la sinistra pacifista detta la linea e i leader dei Paesi europei con giornali e media seguono, smontando ogni possibilità che il piano Netanyahu si concretizzi, anzi preparandosi a una levata di scudi globale se Israele dovesse insistere proseguendo sulla sua strada.

La verità è che palestinesi e Paesi del mondo arabo e musulmano alla pace invocata dalla sinistra pacifista non sono né sono mai stati interessati. Non la volevano quando i Paesi arabi hanno cercato di distruggere lo Stato di Israele rimediando una serie di sonore sconfitte militari. Non la volevano da quando, ormai 30 anni fa, è iniziato il “processo di pace” innescato dagli Accordi di Oslo. Una altra espressione che rischia di essere senza senso visto che l’unico vero obiettivo della soluzione “due popoli due stati” è diventato subito quello di creare lo Stato di Palestina.

Dopo la nascita della ANP e il ritiro di Israele da Gaza, l’unica cosa alla quale abbiamo assistito è stata una nuova ondata di violenze e attacchi terroristici contro lo Stato ebraico. Ad Hamas, alla jihad islamica, all’Fplp, all”Hezbollah finanziato dall’Iran, non interessa la soluzione dei due Stati. Interessa solo alimentare la retorica contro la “occupazione illegale” (ma Israele quei territori contesi li ha conquistati a chi cercava di invaderlo), per imporre di ritirarsi ai confini dell’armistizio del 1949 e per alimentare la propaganda globale sull'”apartheid” palestinese con annesso boicottaggio di Israele. Perché la comunità internazionale continua a parlare di “processo di pace” e non si alza neppure una obiezione sull’uso della parola “annessione”? Chiediamoci quali conseguenze avrebbe la nascita dello Stato palestinese se diventasse un altro paradiso del terrore. Purtroppo sappiamo che la sicurezza di Israele, e aggiungiamo pure della Giordania e della stabilità regionale, non è mai interessata a nessuno. La propaganda invece fa bene a tanti, ipocriti leader occidentali e ai loro protegé in Medio Oriente.

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