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Medio Oriente

Che cosa succede agli Stati Uniti in Medio Oriente?

L’analisi della professoressa Daniela Coli

Il quarantesimo anniversario della rivoluzione iraniana, iniziata col ritorno dell’Ayatollah Khomeini il 1° febbraio 1979, coincide con l’annuncio del ritiro degli Stati Uniti dal Medio Oriente, non solo dalla Siria, ma anche dall’Afghanistan, da cui porterebbero via la metà delle truppe. L’Islam è una religione e una civiltà di cui si è parlato molto dal 2001 e che per i neocon, allievi di Leo Strauss, è il male assoluto. Per Strauss, formatosi sui testi di Leo Pinsker e Herzl, il sionismo è la risposta giusta al fallimento della democrazie liberali in Europa e Israele rappresenta l’avamposto dell’Occidente in Medio Oriente.

I neocon, accusati anche di complotto ebraico, perché in maggioranza ebrei, furono i consiglieri delle guerre di George W Bush in Afghanistan e Iraq. Purtroppo, noi non conosciamo bene né il Medio Oriente, né l’Islam, né la guerra tra UK e Usa per il dominio del Medio Oriente nel secondo dopoguerra, come mostra l’importante libro di James Raab, Lord of Desert. Britain’s Struggle with America to Dominate Middle East. Soprattutto, gli Usa, dominati dai neocon, non hanno mai tenuto presente Orientalism, il libro di Edward Said del 1978. Said era nato a Gerusalemme, statunitense di origine palestinese e con genitori di religione cristiana. Il padre, un businessman, aveva servito nell’esercito americano durante la prima guerra mondiale, da qui la cittadinanza statunitense per lui e la famiglia. Said studiò al Cairo in prestigiosi college britannici, poi si trasferì negli Usa, prese il PhD a Harvard e ha insegnato letteratura inglese a Harvard, Princeton e alla Columbia University. Morto nel 2003, era considerato un grande intellettuale, pieno di charme ed eleganza, a New York, come a Londra e Parigi.

Nel 1978 pubblicò Orientalism, e fu preso molto sul serio in UK. La tesi di Said era che gli orientalisti inglesi, francesi e tedeschi hanno creato degli stereotipi degli arabi, ripresi dagli orientalisti americani, che non corrispondono alla realtà. L’arabo, dice Said, viene presentato come sensuale, esotico, facilmente dominabile o come irrazionale, dispotico e fanatico, redimibile dalla razionalità occidentale. Per uno dei tanti scherzi che la storia si diverte a somministrare a chi crede di averne incapsulato il senso entro coordinate preordinate, il 1 febbraio 1979 si affermò la rivoluzione islamica di Khomeini. Un evento favorito dalla Bbc persiana secondo Baqer Moin, iraniano-britannico della Bbc, autore della più nota e dettagliata biografia di Khomeini, capo della Bbc persiana nel 1999 e poi specialista della Bbc nell’Asia Centrale. La Bbc trasmise sempre i discorsi di Khomeini dall’esilio in Iraq a quello parigino. Importante fu anche il ruolo di Giscard d’Estaing, che ospitò Khomeini a Parigi e offrì l’aereo per il ritorno a Teheran.

Il filoisraeliano Foucault fu conquistato dalla rivoluzione, perché smentiva la teoria di Marx della religione oppio dei popoli. Erroneamente la cultura di destra anti-islamica italiana attacca Foucault perché descrisse entusiasta la rivoluzione, paragonandola a quella di Cromwell con i puritani e presbiteriani, ma Foucault era gay e filoisraeliano, come attesta lo stesso Said, ricordando che il filosofo francese aveva litigato con Gilles Deleuze, perché filopalestinese. Foucault, inviato a Teheran dal Corriere, capì subito cosa stava accadendo. Fu la rivoluzione delle “cassette”. I discorsi trasmessi dalla Bbc venivano registrati su cassette, vendute sui banchi dei mercati, oltre a essere trasmesse dagli altoparlanti e dagli iman nelle moschee. La rivoluzione di Khomeini è considerata l’evento storico più importante della seconda metà del 900.

Il Telegraph la paragonò alla presa della Bastiglia. Gli iraniani umiliarono di fronte a tutto il mondo gli americani, tenendoli in ostaggio finché vollero: li restituirono dopo 444 giorni a Reagan, dopo negoziati estenuanti con gli uomini di Reagan per affossare Carter. Soprattutto, umiliarono gli americani di fronte a tutto il Medio Oriente, e gli Usa persero lo Shah, il loro gendarme. Senz’altro fu una soddisfazione per UK e Francia che nel ’56 erano state espulse dal Medio Oriente da Usa e Russia. Gli americani non capirono chi c’era dietro e incolparono i russi: da qui l’idea di Brzezinski, ministro della difesa di Carter, di rovesciare il governo filorusso di Kabul, armando i mujaheddin (gli attuali talebani) per creare un Vietnam ai russi. Infatti, i russi intervennero e fu la guerra di Afghanistan russa (1979-1989), una trappola che portò alla fine dell’impero russo sovietico, ma anche al 9/11. Bin Laden era contrario all’intervento occidentale in Kuwait del 1990-91 e ruppe con la famiglia reale saudita. Bin Laden aveva un piccolo addestratissimo esercito e si offrì di liberare il Kuwait.

Dopo la rottura con i sauditi nacque al Qaeda, con cui attaccò varie posizioni americane. La famiglia Bin Laden, la multinazionale Bin Laden, era molto nota in Usa ed era a New York il 9/11: da qui molte ipotesi discordanti con la versione ufficiale del 9/11. In ogni caso, senza Khomeini, sarebbe stato difficile un rilancio dell’Islam come si è realizzato. 

La guerra in Iraq del 2003 ebbe il risultato di regalare l’Iraq all’Iran. Dal 1980 al 1988 Usa e UK armarono l’Iraq di Saddam nella guerra contro l’Iran. Poi la guerra del Kwait contro l’Iraq di Bush sr, consigliata da Margareth Thatcher, di cui sia Reagan, sia Bush sr subivano l’influenza. Nel 2003 con la guerra in Iraq gli Usa regalano l’Iraq all’Iran, perché Saddam e il partito Baa’th erano sunniti. Gli americani non lo sapevano, come osservano spesso i britannici.  La stampa britannica riportò continuamente i gravi crimini commessi dagli Usa in Iraq contro civili e le torture e abusi nella prigione di Abu Ghraib sui prigionieri. I britannici rivelarono anche come gli americani avessero creato un lager a Guantanamo, dove si poteva finire rinchiusi per un semplice sospetto. L’Iraq diventò la guerra sporca e perduta. E arrivò Obama.

Il problema degli Usa, anche con Obama, era difendere Israele, come scrisse John J. Mearsheimeir nella Israel Lobby del 2007, contrario alla guerra in Iraq perché contraria all’interesse nazionale americano. Per difendere Israele, l’amministrazione Obama ripescò la Muslim Brotherhood, sovvenzionata dai britannici contro Nasser e il panarabismo. L’idea era di distruggere gli stati nazionali arabi, l’assetto Sykes-Picot, e ricreare un grande impero ottomano sotto l’egida di Nato. Già durante la presidenza Clinton, fautore degli accordi di Camp David, questa idea “ottomana” aveva avuto una certa influenza durante la dissoluzione dell’ex Jugoslavia e la guerra del Kosovo, con l’intervento della Nato contro la Serbia nel 1999, e la creazione dello stato del Kosovo nel 2008.

Le Arab Spring, così chiamate da Eric Hobsbawm, non sono andate bene. L’esercito egiziano gestì la rivoluzione, spodestando Mubarak, che doveva andare in pensione e c’erano polemiche in Egitto perché non era gradito il figlio di Mubarak come successore. Morsi vinse le elezioni. Poi il generale Al Sisi, sostenuto politicamente e finanziariamente dall’Arabia saudita, fece il golpe militare contro Morsi, imprigionandolo. La guerra civile in Siria, sostenuta dagli Usa  e dalla  Francia contro Bashar Assad è stata una proxy war il cui obiettivo era assicurare il Golan a Israele e distruggere o ridimensionare l’Iran, considerato il peggior nemico di Israele, ma  ha finito per aumentare la potenza dell’Iran con basi in Siria, riaffermare il potere di Assad e rilanciare gli Hezbollah, coloro che insieme agli iraniani hanno difeso la Siria insieme agli Assad prima dell’arrivo dei russi dai Isis e dai foreign fighters occidentali. Come ha documentato Sy Hersh in Military to Military del 2016, l’intervento russo in Siria è stato avvallato da Obama e dal Pentagono.  Anzi, secondo Hersh, con fonti di alti generali del Pentagono, il Pentagono non capiva perché Obama si ostinava a un’assurda guerra fredda con i russi, visto che i russi avevano aiutato in ogni modo gli americani in Afghanistan, mettendo a disposizione intelligence, una base aerea e permettendo il rifornimento quotidiano della macchina militare Usa in Afghanistan attraverso il territorio russo.

La guerra in Siria per Patrick Cockburn, grande corrispondente UK in Medio Oriente, era perduta sin dall’inizio, perché Assad ha sempre avuto un consenso tale da non potersene liberare facilmente. Come si dice in Medio Oriente, non si fa la guerra senza l’Egitto e non si fa la pace senza la Siria. 

Adesso gli Usa si trovano perdenti in Medio Oriente: gli arabi, come aveva previsto Said, non sono così facilmente dominabili, né influenzabili. La religione è stata un potente stimolo per il mondo arabo, ma lo è anche per Israele, uno stato fondato sulla Bibbia, dove la religione gioca un ruolo essenziale.

Da tenere presente la posizione geopolitica dell’Iran, che arriva a influenzare anche l’Asia, e infatti India e Cina sono sempre schierante con l’antico impero persiano. Nè da sottovalutare la Turchia, ex impero ottomano, con Erdogan alleato storico della Germania, ma anche in ottimi rapporti con UK e Francia. Il ritiro delle truppe Usa è condizionato dalla ricerca di una soluzione per Israele, problema non semplice. In ogni caso, anche il viaggio di papa Bergoglio ad Abu Dhabi, un viaggio storico, perché è la prima volta di un papa in Medio Oriente, ha ribadito, oltre il rifiuto del terrorismo, la fratellanza con tutte le fedi religiose e con l’Islam, che ha molti punti in comune col cattolicesimo, a partire dal fatto che i musulmani riconoscono Gesù. Il terrorismo in Afghanistan e in Iraq contro gli eserciti occidentali ha shoccato gli Stati Uniti e l’Europa, ma il terrorismo è l’arma di chi non ha eserciti e basta ricordarsi della rivolta di Algeria contro la Francia, una rivolta sostenuta con entusiasmo dall’Italia e celebrata con la Battaglia di Algeri, di Gillo Pontecorvo del 1966, un film acclamato dall’opinione pubblica italiana antifrancese.

Ecco, il terrorismo islamico, non è diverso da quello della Battaglia di Algeri. Anche lì, la religione ha un grande ruolo insieme al rifiuto di qualsiasi simbolo e stile di vita francese per ritrovare l’identità. Anche lì i patrioti algerini si lasciavano torturare pur di non parlare e preferivano morire per non cedere. La terribile repressione francese, simile a quella americana in Afghanistan e Iraq, non ebbe alcun risultato. E’ una lezione amara per noi occidentali, ma dobbiamo renderci conto che ogni popolo lotta per la propria libertà e identità. E non sempre la superiorità tecnologica riesce a soffocare le civiltà diverse dalla nostra. Se Samuel Huntington avesse letto Orientalism, forse sarebbe stato più cauto con il suo Clash of Civilization, ma erano anni di esaltazione imperiale: il suo allievo Fukuyama aveva addirittura scritto The End of History.

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