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Bolloré

Che cosa si dice in Francia dell’accordo tra Mediaset e Vivendi di Bolloré

L'accordo di pace fra Mediaset e Vivendi. I progetti di una tv paneuropea. Le tensioni in Francia sui media. Le mosse del gruppo tedesco Bertelsmann. Il punto di Enrico Martial

La stampa francese ha riportato in modo piuttosto asciutto la notizia dell’accordo tra la Vivendi di Vincent Bolloré e Mediaset-Fininvest, sulla traccia dell’uscita serale del 3 maggio dell’agenzia Reuters. In sintesi, Bolloré si ritira dalla scalata di cinque anni, con cui è salita fino al 28,8% di Mediaset, dopo aver ritenuto il prezzo di Mediaset Premium che stava acquistando non adeguato, per usare un termine gentile. Vista in modo ostile non solo dalla famiglia Berlusconi, ma anche dall’allora governo Gentiloni e dal ministro Carlo Calenda, di quella scalata quasi il 20% venne congelato in Simon Fiduciaria, per non superare i limiti fissati dalla legge Gasparri, dato che Bolloré possedeva anche una quota di Telecom Italia. Dunque, ora la fiduciaria cederà 19,9% delle quote in borsa nell’arco di cinque anni, il 5% in mano verrà venduto direttamente a Fininvest, Vivendi si terrà un limitato 4,61%. Nell’accordo ci sono altri dettagli, soglie e valori di vendita, e il superamento di ostacoli posti da Bolloré in questi cinque anni di contenzioso, come allo spostamento della sede legale nei Paesi Bassi. Ci sono anche 26,3 milioni di euro che Dailymotion di Vivendi pagherà per risolvere il secondario conflitto con RTI e Medusa, di proprietà Mediaset.

La notizia arriva nel mezzo di un sommovimento nelle proprietà dei media in Francia, anche in vista delle elezioni presidenziali del prossimo anno. Il 26 gennaio scorso, Le Point spiegava che Bolloré, il Bretone, disponeva di un “capitale di guerra” da 6 miliardi per la conquista dei media in Europa. Nel 2013, Le Monde lo ritraeva come personaggio da prendersi con le pinze, a capo di un gruppo multiforme, da 11 miliardi di fatturato, presente in molti Paesi, con reti in tutti gli ambienti e legato direttamente ad altri gruppi e famiglie, eppure con una natura imprenditoriale propria e diffidente rispetto al sistema imprenditoriale francese, un “predatore ben educato”.

Vi sono due grandi gruppi francesi che stanno passando di mano. La stampa francese ha seguito la saga della crisi del gruppo Lagardère, che è ormai sotto controllo da parte della Vivendi di Bolloré. L’accomandita che faceva da cassaforte della famiglia ha dovuto rompere il lucchetto per il peso dei debiti, e ora nel consiglio di amministrazione siedono tre membri di Vivendi, tra cui, da febbraio 2020, l’ex-presidente della Repubblica e suo amico Nicolas Sarkozy. Non è servito l’impegno del gigante del lusso LVHM di Bernard Arnault a impedire la scalata. Per il giornale economico Les Echos, Arnault resisteva al netto spostamento a destra (e ultra destra) dei media francesi, sullo stile Fox News, inviso dal Presidente Emmanuel Macron e disegnato da Bolloré.

Poi vi è il gruppo tedesco Bertelsmann, un altro gigante europeo dei media, che dovrebbe cedere il secondo gruppo privato media francese, che contiene la televisione La 6. Di Thomas Rabe, direttore di Bertelsmann, i giornali rilanciano la tesi secondo cui si devono al più presto consolidare grandi gruppi nazionali, facendo tra l’altro intendere che ognuno deve tornare a casa propria. Sarebbe una chiave di lettura: la tedesca Bertelsmann lascia la Francia, la francese Vivendi lascia l’Italia. Bertelsmann è desiderata da molti acquirenti: da Bernard Arnault a Xavier Niel (Iliad, più vicino a Macron) a Daniel Kretinsky (gruppo CMI con la piccola Marianne TV e la rete business B Smart). Per Bolloré vi è il problema dell’antitrust e della concentrazione dei media. Nella pacificazione con Mediaset vi sarebbe una soluzione per superare l’inghippo, con una scalata comune alle proprietà Bertelsmann in Francia, di cui Vivendi ha peraltro già comprato a dicembre il segmento della carta stampata, Prisma Media. D’altra parte, Mediaset e Vivendi condividono il posizionamento da editori di destra, appunto nello scenario da Fox News evocato da Les Echos.

Le Monde aveva sottolineato quanto l’operazione di Bolloré costituisca un evidente sostegno alle forze della destra francese. François Hollande, in un libro intervista del 2016, “Conversazioni con il Presidente”, diceva che coloro “che non hanno diffidato di Bolloré sono morti”, che è un “catho-intégriste”, un ultra conservatore.

Sullo sfondo, la destra “repubblicana” (distinta da quella lepenista) è in pieno fermento, con il presidente della Regione Sud (quella con capoluogo Marsiglia), Renaud Muselier, che si ricandida alle regionali in alleanza con la République en Marche di Macron. Non si contano le proteste interne a Les Républicains di cui è esponente, come peraltro lo sono o lo sono stati vari membri del governo Macron, a partire dal primo ministro Jean Castex.

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