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Giorgetti

Che cosa si bisbiglia su Draghi dopo il 25 settembre

Fatti, nomi, rumors e scenari in vista delle elezioni del 25 settembre. I Graffi di Damato

E’ inutile cercare chissà dove la provenienza delle “nuvole all’orizzonte” avvertite da Mario Draghi, pur nella orgogliosa rivendicazione dei meriti del suo governo per la crescita dell’Italia. E adottate da Repubblica nel titolo di apertura in una visione, questa volta, pessimistica o quanto meno preoccupata del futuro prossimo, dopo le elezioni del 25 settembre. Le nuvole vengono – oltre che dalle prospettive economiche internazionali – dalla campagna elettorale fatta di troppi “sogni”, cui Draghi stesso ha fatto sarcastici auguri, e di una certa confusione alimentata anche dagli scampoli di trattative a sinistra e a destra, nelle due aree maggiori profilatesi sinora nel campo di battaglia politica.

IL CIRCO DEL CENTROSINISTRA

A sinistra il povero Enrico Letta è ancora alle prese con le resistenze del verde Bonelli e del rosso Fratoianni, “adescati con 4 seggi” secondo la rappresentazione denigratoria del Fatto Quotidiano, che avrebbe voluto i due renitenti alla leva del Pd a disposizione invece del troppo solitario e debole Giuseppe Conte di memoria stellare.

CHE COSA SUCCEDE FRA SALVINI E MELONI

A destra c’è lo spettacolo, o spettacolino, di Matteo Salvini ormai rassegnato alla candidatura di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi ma smanioso di avere in cambio almeno il ritorno al Viminale per presidiare i soliti confini della Patria minacciati dai migranti. Che magari sono mandati apposta dalle brigate del suo amico Putin in Libia per dargli da fare come ministro dell’Interno. La Meloni giustamente ha avvertito puzza di bruciato ed esita ad accontentare il suo ex concorrente o rivale all’interno del centrodestra che Silvio Berlusconi, dal canto suo, presidia sfogliando la margherita della sua candidatura a semplice senatore o anche presidente del Senato. E ciò in una gioiosa voglia di rivalsa appena smentita ma attribuitagli dall’amico Giuliano Ferrara dopo il torto della espulsione, o decadenza, da Palazzo Madama subito obiettivamente nel 2013 a votazione sfacciatamente palese. Che fu decisa in un clima di intimidazione politica colpevolmente tollerata dall’allora presidente del Consiglio Enrico Letta attestatosi su una posizione ufficialmente neutrale, pur essendo allora Berlusconi uno dei leader della sua maggioranza di governo, sopravvissuta poche settimane a tanta insipienza. Essa si dissolse a prescindere dalla smania pur dimostrata da Matteo Renzi di aggiungere la carica di presidente del Consiglio a quella appena conquistata di segretario del Pd, in un cumulo di potere che era stato già stato infausto nella cosiddetta prima Repubblica, in ordine cronologico, ad Amintore Fanfani e a Ciriaco De Mita.

COSA FARA’ RENZI SOLO SOLETTO?

Ora Renzi -sì, proprio lui, a dispetto anche delle felici intuizioni avute tentando di ammodernare la sinistra e la Costituzione- è ridotto a doversi difendere dalle umiliazioni, o quasi, offertegli con qualche seggio di cosiddetta “testimonianza” da Enrico Letta e -sul versante opposto- da Berlusconi. E a correre orgogliosamente da solo scommettendo di raggiungere e superare la soglia del 3 per cento dei voti, al di sotto della quale non tornerebbe al Senato né approderebbe alla Camera con la sua Italia Viva, o con la R rovesciata che ha appena assunto come simbolo in una sfida suppletiva.

IL DECRETO DEL GOVERNO E LE PROSPETTIVE DI DRAGHI

E’ sotto un cielo così incerto e confuso che scorrono le nuvole avvertite, indicate, temute -come preferite- da un Draghi che continua intanto a fare il suo lavoro per niente di ordinaria amministrazione scambiandosi sorrisi col ministro dell’Economia Franco, di nome e di fatto, appena riuscito a trovargli fra le pieghe del bilancio, senza fare altri debiti, i 15 miliardi di euro di spese del nuovo decreto di sostegno alle famiglie e imprese in difficoltà. E lasciando liberamente interpretare i suoi disegni per il futuro nello stesso Palazzo Chigi o altrove: magari in Unione Europea, come lo ha appena immaginato Berlusconi dopo avere sorprendentemente contribuito a farne cadere il governo, dove pure Forza Italia era rappresentata da tre bravi ministri: tutti usciti per protesta dal partito, non dai loro dicasteri.

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