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Macron

Che cosa penso delle prime mosse estere di Draghi. Parla Sapelli

"Draghi ha il merito di averci liberati di Conte, ma questo non basta a farlo diventare uno statista. La sua prova sarà proprio la politica estera. L'uscita su Erdogan, definito un dittatore, è stato un errore clamoroso". Conversazione di Italia Oggi con Giulio Sapelli, economista e storico

 

“Sulla politica estera si vedrà se Draghi è uno statista o meno. L’uscita su Erdogan, definito un dittatore, certo non depone a suo favore. È stato un errore clamoroso”.

Così Giulio Sapelli, economista e storico, che però dice: «La partita con la Turchia non è persa, i turchi sono realisti. E le nostre aziende sono molto stimate. Hanno bisogno di noi».

La strategia geopolitica di Erdogan mette a repentaglio gli interessi italiani anche in Libia? «Erdogan fa il suo mestiere, siamo noi che non facciamo il nostro. Noi e l’Europa: manca una strategia equa e condivisa per il Mediterraneo».

È alta tensione tra Turchia e Italia. Che ruolo sta giocando l’Italia?

Nell’estrema instabilità del Mediterraneo noi non abbiamo una posizione, i francesi nella instabilità appoggiano tutti e sono contro tutti. Anche la Grecia ha ripreso un’attiva diplomazia, stringendo accordi con la Francia e riannodando i rapporti con la Russia in funzione anti turca. La Turchia dal canto suo ha interesse a fare accordi con Libia e Egitto, è nella visione neo ottomana della politica di Erdogan, alle cui spalle c’è la storia di un impero: nella contendibilità del Mediterraneo, l’obiettivo è riaffermare la loro presenza..

Una corposa delegazione di Tripoli è andata in visita ad Ankara. Manovre di avvicinamento che tagliano fuori l’Italia?

Erdogan fa il suo mestiere, siamo noi che non facciamo il nostro. Noi e l’Europa: manca una strategia equa e condivisa per il Mediterraneo. In questo contesto la frase di Draghi, «Erdogan è un dittatore» è inconcepibile, di una gravità assoluta.

Anche quello che è successo a Urusla vor der Leyen, la presidente della commissione Ue, rimasta senza posto a sedere all’incontro con Erdogan, è grave.

È la dimostrazione che l’Europa non è capace neppure di negoziare il protocollo! È gravissimo che non si conoscesse da prima quali sarebbero state le precedenze, quante sarebbero state le sedie per l’incontro. È la dimostrazione della confusione e inadeguatezza con cui in Europa si gestiscono dossier importanti, lo stesso del resto è avvenuto con i vaccini. Ed è grave che, una volta successo il fattaccio, non sia stato il presidente del consiglio Ue, Charles Michel, a rimediare, ad alzarsi e far accomodare la Von der Leyen.

Draghi è stato plaudito per aver detto quanto molti pensano di Erdogan.

Un primo ministro ha come dovere, quando si tratta di politica estera, di non parlare. Il vizio, se così vogliamo dire, di Draghi è di parlare con facilità, purtroppo. Già quando era presidente della Bce faceva comunicazioni a mercati aperti. Ora Draghi ha il merito di averci liberati di Giuseppe Conte, ma questo non basta a farlo diventare uno statista. La sua prova sarà proprio la politica estera. L’uscita su Erdogan, definito un dittatore, certo non depone a suo favore. È stato un errore clamoroso. Ci sono interessi molteplici dell’Italia nei rapporti con la Turchia, che richiedono che le relazioni siano gestite con competenza. Purtroppo le classi dirigenti non sono più formate a conoscere le lingue e la storia dei paesi dell’area mediterranea, l’istituto di lingua afro-turca è stato chiuso. Mi auguro che gli eredi dell’ambasciatore Umberto Vattani alla Farnesina riescano a svolgere il loro ruolo di messa in sicurezza delle relazioni.

Intanto Erdogan ha sospeso i contratti con le aziende italiane che lavorano sul territorio.

È un atto di rappresaglia alle parole di Draghi, ma le nostre aziende sono molto stimate. Hanno bisogno di noi. La partita con la Turchia non è persa, i turchi sono realisti. E poi l’Italia, a differenza della Germania, non ha una questione turca aperta.

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