Anche questa fine d’anno, a una decina di giorni dall’arrivo del 2024, navighiamo in politica tra un percorso parlamentare strozzato della legge di bilancio e litigi o polemiche su fatti e parole. Fatti, per esempio, come il nuovo patto europeo di stabilità concordato fra i ministri dell’Economia dei paesi dell’Unione, di natura inevitabilmente compromissoria. Dove il governo e la maggioranza hanno visto il “molto” ottenuto dall’Italia, come ha detto il ministro Giancarlo Giorgetti, e Giuseppe Conte invece, per l’opposizione grillina, “la resa” -titolo anche di Repubblica e del Fatto Quotidiano– al solito asse preferenziale franco-tedesco. Che avrebbe concesso all’Italia, sulla strada del rientro dal debito pubblico, una maggiore gradualità sino al 2027. Di cui sarebbe incerta la sufficienza ad attutire il rischio di un’austerità prevalente sullo sviluppo.
Tra i fatti potremmo inserire anche il discorso di auguri di fine anno alle autorità -o ex- dello Stato appena pronunciato dal presidente della Repubblica. Che ha indotto partiti, opinionisti, leader a sbizzarrirsi nella solita caccia alle allusioni, o processo alle intenzioni, per tirare dalla loro parte parole persino ovvie di Sergio Mattarella, come il monito -riproposto nel titolo di prima pagina del Corriere della Sera– a non dare “nulla per scontato: la pace, così come libertà e democrazia”. Una caccia alle allusioni messa forse nel conto dallo stesso Mattarella lamentando “il mero confronto fra propagande” cui si riduce troppo spesso quello fra i partiti, peraltro in perenne campagna elettorale. Com’è quella praticamente in corso per alcuni appuntamenti regionali e comunali da febbraio in poi, sino al voto generale di giugno per il rinnovo del Parlamento europeo.
Che la pace a livello internazionale non sia scontata lo dimostrano purtroppo le guerre in corso, in una delle quali -quella in Ucraina- l’Italia è coinvolta con gli aiuti a Kiev appena confermati anche per il 2024. Ma pure in Medio Oriente siamo chiamati, non solo con la diplomazia, a contenerne gli effetti, a dir poco.
Che la libertà e la democrazia siano a rischio in Italia lo sostengono le opposizioni mobilitate, per esempio, contro la riforma costituzionale per l’elezione diretta del presidente del Consiglio che lo stesso Mattarella ha autorizzato il governo a proporre alle Camere con un disegno di legge dal percorso né breve né facile. Proprio il ruolo del presidente della Repubblica –secondo le opposizioni, eccetto Renzi- sarebbe compromesso da questa riforma, o ricondotto ai suoi veri o presunti limiti originari, come ha detto recentemente il presidente del Senato Ignazio La Russa incorrendo in critiche e attacchi ch’egli ha inteso contestare da ospite al Quirinale, ieri, riconoscendo pubblicamente il “meritorio” svolgimento del mandato del capo dello Stato in carica. E Mattarella ha ringraziato, come per chiudere -penso- le polemiche, specie nei loro aspetti strumentali. Ma dubito, francamente, che cesseranno.