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Che cosa ha in mente davvero Matteo Renzi? Il corsivo di Cazzola

Il commento dell'editorialista Giuliano Cazzola

 

Alla notizia della scissione renziana e della fondazione di ‘’Italia Viva’’ (che si aggiunge a Forza Italia e a Fratelli d’Italia nell’abusare della nostra povera patria) mi è venuta in mente un episodio di un grande film del 1968 ‘’I seicento di Balaklava’’, diretto da Tony Richardson.

Il film racconta la storia vera della carica della Brigata leggera al comando di Lord Cardigan nel budello di Balaklava, sotto il fuoco dei cannoni nemici, durante la guerra di Crimea. Se in precedenti film quella vicenda era stata presentata come esempio di indomito eroismo, Richardson mostra che in realtà si trattò di un errore stupido nella catena di comando. Nel senso che l’ordine venne dato per sbaglio e Lord Cardigan si limitò ad eseguirlo, nonostante fosse evidente che i suoi cavalleggeri sarebbero andati al massacro.

Venendo all’episodio che allora mi colpì, un giovane ufficiale, già contraddistintosi per le sue attitudini al comando, si precipita ad avvertire dell’errore Lord Raglan, capo del corpo di spedizione inglese; un anziano generale che aveva combattuto con Wellington e ricordava sempre le imprese del ‘’divino duca’’. Il regista mette bene in evidenza le caratteristiche dei due personaggi: il primo uno spaesato sopravvissuto da altri tempi; il secondo, un militare dotato di una specifica professionalità. Tanto che, riferendosi al giovane ufficiale, Lord Raglan commenta con i componenti del suo Stato maggiore: ‘’Non mi piace quell’ufficiale. Cavalca troppo bene e non sbaglia mai. Quando tutti saranno come lui la guerra diventerà un assassinio’’.

Nei confronti della manovra di Matteo Renzi, io mi sento – si parva licet – nei panni del vecchio generale (il quale, al pari del comandante della Brigata leggera, ha conquistato un nome nella moda). Quando la politica diventerà una gara ai quattro cantoni (lo si giocava in cinque ed uno doveva restare in mezzo al cortile) varrà ancora la pena di occuparsene? Non sarà come giocare in borsa o scommettere sulle corse dei cavalli?

Gli analisti descrivono le mosse di Renzi come la ‘’strategia del ragno’’, che cattura la mosca dopo aver tessuto un’implacabile ragnatela. Dopo aver preso le distanze dall’intervista di Dario Franceschini, quando Salvini apre una crisi insensata, Renzi coglie degli elementi di novità nelle dichiarazioni di Grillo (e quindi capisce che l’adeguarsi del M5S è solo una questione di tempo) e nella linea di condotta di Giuseppe Conte, che il 20 agosto al Senato tira fuori una grinta sorprendente, tanto da impedire ogni tentativo di ‘’rientro’’ del Capitano. Nicola Zingaretti (possiamo scambiarlo con il fratello?) è pronto ad andare alle elezioni allo scopo di riprendere il controllo dei gruppi parlamentari, decimando gli attuali renziani. L’ex giovane caudillo gli ribalta la linea, lo costringe non solo a trattare, ma a rinunciare, strada facendo, ad ogni possibile preclusione, a ritirare tutto quanto il giorno prima non era neppure negoziabile; fino al varo dell’ircocervo giallo-rosso, dove entra con ministri e sottosegretari.

Non è ancora asciutto l’inchiostro della firma sotto le ultime nomine che Renzi annuncia di togliere il disturbo e di fondare un altro partito il quale, spiegano i politologi, gli consentirà di disporre della golden share del Conte 2. Nonostante tutte le garanzie fornite, l’operazione dell’ex premier (rispetto alla quale Matteo Richetti e Carlo Calenda sembrano scolaretti) espone un governo di per sé malaticcio ad una perniciosa corrente d’aria, di quelle che possono trasformare un semplice raffreddore in una polmonite. La politica, lo sappiamo, non è un giro di valzer. Come disse Rino Formica è ‘’sangue e merda’’. E politica si fa mediante l’esercizio del potere, attraverso l’irrisolto conflitto tra kratos ed ethos. Ma fino a che punto è ammesso conquistare nuove posizioni di potere, mettendo a rischio la stabilità del Paese?

Di solito si chiamano ‘’cravattari’’ o ‘’strozzini’’ quelli che fanno prestiti a usura. Vigileremo e ci faremo un’idea compiuta. Ma non è una bella partenza dover constatare che, questa volta, è stato Beppe Grillo a richiamare i due Mattei al senso di responsabilità.

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