Non credo proprio che sia stata casuale la scelta del presidente della Repubblica di salutare l’anno nuovo, senza rimpianti per quello orribile in uscita, rinunciando all’ambiente un pò intimo o familiare del salotto, ed anche alla scrivania del suo ufficio, per pronunciare il proprio messaggio in piedi, con la solennità di un intervento istituzionale, come per sottolinearne l’importanza. E non credo sia stata casuale neppure la scelta di ignorare, senza dedicarle neppure un inciso, la crisi incombente di governo. Che potrebbe impegnarlo fra pochi giorni o poche settimane, e chissà per quanto.
#Mattarella: La fiducia di cui abbiamo bisogno si costruisce così: tenendo connesse le responsabilità delle istituzioni con i sentimenti delle persone pic.twitter.com/a7NxeWLyq6
— Quirinale (@Quirinale) December 31, 2020
Sergio Mattarella ha dato l’impressione, almeno ad un vecchio cronista politico come me, che ha perso ormai il conto dei messaggi presidenziali di fine anno da raccontare o commentare, di essere tanto infastidito, a dir poco, dai confusi sviluppi dei rapporti fra la maggioranza e le opposizioni, e al loro interno, da voltare lo sguardo altrove. Se ne può capire la delusione per le risposte negative ricevute da tutti i suoi precedenti appelli alla concordia, all’unità e simili.
Più che alla sorte del governo uscente, d’altronde neppure nominato una volta, e al colore o alla formula di quello che potrebbe succedergli, si vedrà se per cercare di portare a termine in via ordinaria la legislatura o se per gestirne l’interruzione sulla strada delle elezioni anticipate, cui il Quirinale non ha mai smentito di essere pronto a ricorrere in caso di crisi, il capo dello Stato è sembrato interessato al fatto che il 2021 diventi l’anno della “ripartenza”. Così lui l’ha chiamata, dopo avere ricordato i danni procurati dalla pandemia e dalle altre emergenze che sono seguite, aggravate da vari tentativi non certamente sfuggiti al presidente della Repubblica di ricavarne “vantaggi di parte”, se non addirittura personali. Mattarella si è pietosamente fermato a parlare di “parte”, non nominando neppure i partiti, oltre che il governo.
#Mattarella: La ripartenza sarà al centro di quest’ultimo tratto del mio mandato. Sarà un anno di lavoro intenso. Abbiamo le risorse per farcela. #Auguri di buon anno a tutti voi! pic.twitter.com/XhBRc6Wt6m
— Quirinale (@Quirinale) December 31, 2020
Tutti hanno fatto finta di non capire, visti gli apprezzamenti generali espressi sul messaggio di Mattarella, ciascuno impegnato ad allontanare da sé ogni sospetto di essere tra i demolitori e non fra i “costruttori” reclamati dal capo dello Stato. Ma il gioco delle ipocrisie avrà il fiato corto. Nessuno potrà nascondersi più di tanto una volta aperta la crisi, come sembra ormai scontato, o difficile da evitare, essendovisi troppo avvicinati sia Matteo Renzi minacciandola sia Giuseppe Conte – si, anche lui – usando come un bastone l’apparentemente corretta parlamentarizzazione della cosiddetta verifica. Che d’altronde è stata malvolentieri accettata dallo stesso Conte dopo avere cercato di sottrarvisi, e addirittura di negarne il nome pur consolidato da decenni di pratica politica.
Ripeto: pratica politica, non criminale, come da anni cercano di far credere, parlando del passato, i presunti innovatori, rivoluzionari e simili, approdati alle Camere – ricordate? – per aprirle come scatole di tonno e svuotarle divorandone il contenuto, magari solo per il gusto poi di vomitarlo, secondo un’espressione usata una volta da Beppe Grillo – e da chi sennò – contro gli odiati giornalisti che lo infastidivano facendo il loro mestiere. Che è quello di raccontare e fare domande, non di nascondere, tacere e ridere a comando, anche quando ci sarebbe da piangere.