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Meloni Presidente Consiglio

Che cosa farà Giorgia Meloni presidente del Consiglio

Caratteristiche e punti di forza della leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni. L’articolo di Alessandra Servidori, docente di politiche del lavoro, componente del Consiglio d’indirizzo per l’attività programmatica in materia di coordinamento della politica economica presso la presidenza del Consiglio

 

E ci siamo arrivati e bisogna dare a Cesara ciò che è di Cesara.

Giorgia Meloni diventerà il primo ministro signora italiano. La presidente del partito Fratelli d’Italia (FdI), prima donna in questa funzione e il secondo più giovane capo del governo italiano di sempre.

Meloni dimostra meno dei suoi 45 anni ed è stata indubbiamente brava a portare il suo partito a questa meta. Piccola di statura, la fotografia che la ritrae sospesa nelle braccia di Guido Crosetto, un simpatico imprenditore piemontese che pesa il triplo di lei, insieme al quale ha fondato il partito nel 2012, è stata spesso usata anche al fine di ridicolizzarla.

Meloni però è tutt’altro che una bambolina e nei comizi “Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono cristiana!” è stato apprezzato come biglietto da visita efficace, ripetuto in ogni comizio e martellata a tempo di rap nella clip “Io sono Giorgia – Remix”, visualizzato 13 milioni di volte – ed è il titolo della sua autobiografia, con ritratto a tutta copertina, così come nel programma di Fratelli d’Italia.

Cresciuta alla Garbatella, la sua grinta popolana e il suo forte accento romano la fanno percepire come una genuina novità, diversa da “i politici attaccati al potere”. Riesce così a far dimenticare che per una decina d’anni ha sostenuto i governi della Repubblica, quelli di Silvio Berlusconi, che la fece ministro della gioventù a soli 31 anni e vice presidente della Camera.

Nei dibattiti pubblici Meloni è pugnace, parla con decisione, preparata e credibile. Quindi, oggi ha una chance. Le sue parole come Nazione, patrioti, difesa della Patria e dei confini nazionali (dai migranti irregolari), tradizione giudaico-cristiana, orgoglio italiano. Poi c’è l’obiettivo di rendere l’Italia una repubblica presidenziale.

Ci sono infine alcune delle promesse elettorali come l’abolizione del reato di tortura (“impedisce agli agenti di fare il proprio lavoro”), “castrazione chimica” (per i responsabili di certe violenze), lotta alle “lobby LGBT”, ottenimento più facile del porto d’armi, principio che “la difesa è sempre legittima”, “blocco navale davanti alla Libia” contro gli immigrati irregolari, sequestro e affondamento delle navi che li trasportano, repressione delle ONG che salvano i naufraghi e sequestro delle loro navi, abolizione del reddito di cittadinanza (una legge del Movimento 5 Stelle ), riduzione delle imposte ai più ricchi, “pace fiscale”, ossia condono di non poche evasioni fiscali.

Affrontare la crisi energetica con un tetto al costo del gas e separare i costi della voce elettricità dalla voce del gas. La posizione sulla guerra in Ucraina è sfumata e la vicinanza al delirio Orbán invece è evidente.

Infine, sui manifesti della sua coalizione è scritto: “Flat tax al 15%”. In realtà l’aliquota del 15% dell’imposta sul reddito varrebbe solo per la parte di reddito superiore a quello degli ultimi anni.

Alla senatrice Liliana Segre, vittima delle atrocità fasciste, che le chiede di togliere la fiamma, Meloni risponde: “Non c’è alcun motivo per togliere la fiamma dal simbolo di Fratelli d’Italia. Rappresenta la continuità con la storia di una destra repubblicana e democratica”.

Nel confronto con Letta è stata loquace e quasi ironica a differenza delle candidate di sinistra che come purtroppo spesso succede, hanno la presunzione di essere il gotha della politica e si stampano un sorrisino di presunzione sistematico irriverente verso l’interlocutrice o interlocutore. Brutto vizio.

Meloni personalizza che piaccia o meno la politica al femminile anche se al suo fianco ci sono ben poche sorelle ma molti fratelli. Prima di Meloni, tutti i suoi presidenti sono stati maschi. La grande maggioranza dei dirigenti, degli aderenti, e degli elettori sono maschi. Eppure, i dirigenti del partito che stanno dietro Meloni, anziani destrorsi, sono riusciti a far dimenticare la mascolinità del partito ritirandosi completamente dalla ribalta, sulla quale hanno lasciato, da sola protagonista, una donna talentuosa, di bell’aspetto e pugnace.

Nessuna campagna elettorale in Italia è mai stata così personalizzata come quella per Meloni. Il successo di Meloni si fonda molto, moltissimo sulle immagini più che sulle parole. I media sono sommersi dalle fotografie che la ritraggono.

La manipolazione delle parole. “Centro-destra” è il nome usato dai media e da quasi tutti i politici per la coalizione tra Fratelli d’Italia (Meloni, era il 24% delle intenzioni di voto ora superato), Lega (Salvini 10%), Forza Italia (Berlusconi, 7%).

In comparazione europea, però, Fratelli d’Italia e Lega, sono più a destra delle estreme destre europee, per esempio del Rassemblement National in Francia. Per questo la loro denominazione non è adeguata, dovrebbe essere estrema destra ma Meloni si autodefinisce capo del “centro-destra”, però chiama con altezzosità “sinistra” il centro-sinistra.

Il “centro-destra” avrebbe a oggi venti punti di vantaggio sul “centro-sinistra”, dicono i risultati se pur ancora parziali. In realtà, come avviene da decenni, la destra e la sinistra si attestano entrambe sul 40%. L’artificio del 20% di differenza risulta dal considerare “centro-sinistra” solo la coalizione del Partito Democratico con alcuni piccoli partiti (25%). Così però vengono oscurati gli altri avversari della destra: il Movimento 5 Stelle (15%) e altri partiti antifascisti (8%).

Di conseguenza, anche le presenze televisive sono state spesso squilibrate a favore di Fratelli d’Italia. La vittoria di Meloni non significherà – ci auguriamo – spazio per i gagliardetti e neanche quello che gran parte dei commentatori, invece, prevedono una perdita di “fiducia dei mercati” nell’Italia. Le organizzazioni datoriali collaboreranno sicuramente ne siamo certi perché si dia energia alla produttività e al lavoro.

E anche l’Europa deve riconoscerla perché il voto di un popolo democratico si condivide nell’interesse di tutta la comunità europea.

Una cosa però è certa. Giorgia Meloni ha mischiato le carte nella politica italiana. È stata una sorpresa ben organizzata e potrebbe sorprenderci ancora, questa volta di testa sua, alla guida dell’Italia.

Una vipera del suo partito (Meloni non è la sola donna) ha detto che Meloni sbaglia spesso, e invece l’ascensore guidato da Meloni ha sfondato il famoso “tetto di cristallo” e l’ha già portata al penultimo piano. Ora promette che farà lo stesso anche con l’ascensore Italia.

Vedremo e comunque le priorità sono ben chiare per non affrontare il declino e chi sa fare faccia e non stia come ha detto chiaramente Mario Draghi.

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