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Primo Maggio

Che cosa c’è di nuovo nell’ultimo decreto del ministero dell’Istruzione

L'intervento di Suor Anna Monia Alfieri

 

Il Covid ha reso evidenti i limiti del sistema scolastico italiano, prigioniero dei poteri forti della politica, dei sindacati e della burocrazia, che lo hanno reso classista, regionalista e discriminatorio. Se ne è argomento lungamente in questi anni e soprattutto in questi mesi di pandemia.

Il governo di Unità Nazionale si è assunto il compito di riportare la scuola al centro del Paese, cercando per questo di affrontare e se possibile contribuire a risolvere i problemi atavici.

A partire dal Piano Estate 2021 è stato chiaro che il Paese è sulla strada giusta: autonomia, parità e libertà di scelta educativa, pluralismo, trasparenza e rendicontazione sono termini che avvicinano il pubblico al privato in un rispetto reciproco.

Un passaggio culturale senza precedenti, a cui conseguono scelte importanti. In queste ore infatti, mentre i vari ministeri sono impegnati a porre le premesse per far ripartire la scuola in sicurezza, si riesce ad intervenire su questioni di rilievo, tra cui il precariato dei docenti, compresi quelli IRC.

Il Consiglio dei Ministri di ieri ha autorizzato il Ministero dell’Istruzione ad assumere, a tempo indeterminato, sui posti effettivamente vacanti e disponibili, per l’anno scolastico 2021/2022 un numero pari a:

  • 12.193 unità di personale A.T.A (Amministrativo, Tecnico e Ausiliario);
  • 450 unità di dirigenti scolastici;
  • 108 unità di personale educativo;
  • 673 unità di insegnanti di religione cattolica.

Numeri storici dopo anni di stallo. Basti pensare che ancora si contano 150mila precari. Ad esempio, dal 2004 (anno in cui fu indetto l’ultimo concorso) i docenti di religione risultano tutti precari.

Condizione drammatica, quella dei docenti precari, che impedisce loro di avere la certezza economica necessaria anche soltanto per accendere un mutuo. È una situazione dolorosa che, come tutte le ingiustizie, ricade principalmente sui fragili, con la logica dello scaricabarile e del colpevole di turno.

Non è il caso di cercare il capro espiatorio nei ministri dell’Istruzione che si sono alternati negli anni. Difatti, se per un aspetto è vero che i ministri non hanno indetto il concorso per l’insegnamento della Religione — secondo logiche governative che non li autorizzavano —, dal 2004 si sono prodotti circa 15mila docenti precari, sfornati da molteplici Istituti Superiori di Scienze religiose. In vista di un necessario censimento che incontri domanda ed offerta anche al capitolo scuola, la stabilizzazione prevista dal ministro Bianchi per i docenti IRC è una boccata di ossigeno: 673 unità di insegnanti di religione cattolica, a fronte dei 15 mila precari e delle sole mille cattedre circa a cui possono ambire, sul territorio nazionale…

In ogni caso i docenti precari aumentano perché parallelamente i giovani pensano alla scuola come ad un posto di lavoro certo, senza considerare il calo della natalità, la collocazione delle cattedre al nord e la difficoltà di trasferirsi dal sud, dove gli aspiranti docenti risiedono. Non solo: stanno aumentando esponenzialmente gli aspiranti docenti da parte di cinquantenni rimasti senza lavoro a causa della pandemia, che hanno spolverato la laurea conseguita cinque lustri fa e che non esitano ad affrontare – inconsapevoli – la fossa dei leoni di una classe di adolescenti. Auguri.

Si spera che, tra i passi successivi, ci siano i percorsi abilitanti dei docenti delle scuole paritarie, ma è anche auspicabile, a monte, che agli studenti universitari sia finalmente rivolto un percorso di orientamento scientifico e realistico sulle caratteristiche della professione docente e sulle concrete possibilità di accedervi. Che sia detto chiaro agli aspiranti docenti: “Se desideri insegnare Lettere Classiche, dovrai trasferirti a Pordenone e restarci sino a fine carriera o almeno per 15 anni, cioè fino a quando non andrà in pensione il tuo collega nella scuola di Lecce dove vorresti insegnare. Se poi ti orienti per Matematica e Fisica non ci saranno problemi. Diverse cattedre disponibili sono proprio dietro casa tua”. A questo punto il giovane aspirante deciderà, ancor prima di scegliere il corso di laurea, se affrontare il trasferimento o passare ad altri lidi universitari. Ma certamente potrà programmare il proprio futuro e regolarsi, nello stesso modo delle libere professioni.

A sua volta il Parlamento, espressione del Popolo sovrano e finalmente consapevole, potrà legiferare a favore della classe docente, valorizzandola anche economicamente, invece di pagare personale in esubero che, pur di lavorare, si ricicla in segreteria. Sic res est.

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