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Che cosa c’è di nuovo nella guerra fra Russia e Ucraina. L’analisi di Jean

La guerra tra Russia e Ucraina ci mostra come sono cambiati i conflitti, dai tipi di armamenti alle tattiche militari. Ecco quali sono i nuovi spazi geopolitici e geostrategici, le innovazioni tecnologiche e che uso viene fatto della deterrenza nucleare e di hard e soft power. L’analisi del generale Carlo Jean

 

Tutti i conflitti sono sempre stati “ibridi”, con un insieme interconnesso di fattori militari e non. La guerra non sostituisce la politica. È politica con l’aggiunta dell’utilizzo della forza sia reale che potenziale, per esempio con minacce di ricorso al nucleare.

La dissuasione, cioè l’utilizzo virtuale della forza continua anche durante i combattimenti. Lo dimostra l’esistenza delle “linee rosse” poste dal Cremlino durante il conflitto in Ucraina.

Le guerre non sono mai fenomeni solo militari, ma sociali e politici, quindi informativi e comunicativi. Tutte le componenti delle società – politica, psicologica, sociale, economica, tecnologica, ecc. – partecipano ai conflitti, con varie intensità e forme, e vanno coordinate in una “strategia globale”. Entro determinati limiti la superiorità in una componente può sostituire l’inferiorità in un’altra. In ogni caso, gli eventi in una componente influenzano tutte le altre.

Lo si rileva chiaramente nell’attacco ucraino a Kursk. Le sue conseguenze politiche e comunicative sono superiori a quelle operative e strategiche. I russi non hanno spostato consistenti forze dal fronte del Donbas, consentendo agli ucraini di ristabilirvi la situazione per loro gravemente compromessa. Il settore è considerato prioritario dal Cremlino per completare l‘occupazione del Donbas e da Kiev per impedirla.

I russi hanno preferito lasciare che gli ucraini avanzassero a Kursk. Fra i due è in atto una specie di braccio di ferro. Beninteso i russi non possono permettersi che gli ucraini a Kursk avanzino oltre un certo limite. Prima o poi dovranno sottrarre forze dal Donbas per spostarle a Kursk; i secondi dovranno fare la manovra inversa, da Kursk al Donbas, per spostarle a Kursk. Vi sono limiti che i russi non potranno accettare nell’attacco a Kursk, e gli ucraini nella penetrazione russa verso Ovest. Dovranno allora alleggerire l’attacco a Kursk per rinforzare le loro ormai esauste unità che combattono per impedire che l’intero Donbas venga occupato da Mosca, con negative conseguenze in qualsiasi futuro negoziato.

I nuovi spazi geopolitici e geostrategici

Ai tradizionali “spazi geopolitici”, in cui si sono svolte le operazioni militari del passato, si sono aggiunti lo spazio extra-atmosferico e quello cibernetico. Entrambi stanno accrescendo la loro importanza e assumono anche capacità cinetiche, grazie all’IA. Il conflitto in Ucraina ha dimostrato quanto essi siano essenziali e interconnessi con gli altri “spazi”. Hanno reso “trasparente” il campo di battaglia – nonostante i ripetuti “flop” dell’intelligence russa, colta completamente di sorpresa sia nel febbraio 2022 sia a Kursk. La sorpresa è divenuta più difficile. Gli ucraini si sono rivelati dei “maestri” al riguardo. Hanno surclassato i russi. L’IA e la digitalizzazione del campo di battaglia fanno continui progressi. L’aumento della precisione riduce la quantità delle munizioni necessarie per distruggere un obiettivo. Il “jamming” elettronico russo, diminuendo però la precisione di armi occidentali come gli HIMARS, dati all’Ucraina, ha contribuito al fallimento della controffensiva di Kiev del 2023.

Con l’IA si è accresciuta l’importanza delle armi autonome come i robot-killer, droni aerei, marini e, in misura crescente, anche terrestri. Al combattimento “cinetico” si sono sovrapposti quelli elettronico e cibernetico. Gli ucraini hanno conseguito grandi progressi tecnologici, soprattutto migliorando le prestazioni e le capacità di sopravvivenza dei loro droni. I sistemi acustici di rilevamento aereo – in fase avanzata di sviluppo – potranno contribuire in modo determinante ad aumentare l’efficacia della loro difesa aerea.

La rilevanza assunta dalla guerra nel cyberspazio ha indotto le forze armate ucraine, sulla falsariga di quanto fatto da quelle tedesche e dal Cyber Command americano, a costituire – a fianco dell’esercito, della marina e dell’aeronautica – l’Arma del Cyberspazio. La guerra in Ucraina ha dimostrato l’importanza del coinvolgimento diretto delle imprese commerciali del settore elettronico e cibernetico. Essa aumenterà ancora con il rapido sviluppo e utilizzazione dell’IA. Lo Starlink di Elon Musk è stato determinante per il successo della resistenza ucraina all’inizio del conflitto, evitando la temuta “Pearl Harbour digitale”.

Innovazione tecnologica e capacità di adattamento “under fire”

Nel corso del conflitto in Ucraina molte sono state le innovazioni tecnologiche. Esse hanno ottenuto, all’atto della loro comparsa risultati di rilievo sull’andamento delle operazioni terrestri e soprattutto navali. In campo terrestre basti ricordare l’impatto che il sostegno all’Ucraina di missili a maggiore gittata (tipo l’americano HIMARS o lo STORM SHADOW franco britannico) ha avuto sulla logistica, gli schieramenti di artiglieria e i comandi russi.

L’effetto sorpresa è sempre durato poco o, almeno si è ridotto grandemente per l’adozione da parte russa di contromisure tattiche (spostamento in profondità dei dispositivi, ecc.) o tecniche (disturbatori GPS, ecc.). Lo stesso dicasi per l’utilizzo sempre più massiccio di droni, sia di ricognizione che di attacco, delle più svariate dimensioni, gittata e capacità di carico utile. La competizione fra i droni e i sistemi destinati ad abbatterli prima che colpiscano il loro bersaglio, caratterizzerà gli sviluppi tecnologici di tutte le forze armate nei prossimi anni. Essi saranno caratterizzati dai costi dei relativi sistemi e dalla capacità che, grazie all’IA, i sistemi difensivi – tipo Iron Dome israeliano – avranno di abbattere alte percentuali degli “sciami di droni” lanciati dall’avversario. Dai costi relativi rispetto ai sistemi convenzionali dipenderà anche la percentuale dei droni negli arsenali del futuro rispetto all’artiglieria convenzionale – peraltro meno intercettabili anche con il jamming elettronico.

Le nuove armi non sostituiranno quelle tradizionali. La qualità non sostituirà la quantità delle forze. Quest’ultima è in sé stessa una qualità, determinante più nelle guerre d’attrito che in quelle di manovra. In Ucraina, l’artiglieria ha continuato a essere l’arma principale, responsabile del 70-80% delle perdite sia ucraine sia russe. Lo era stata anche nelle fasi iniziali del conflitto. Il raid russo verso Kiev ha subito maggiori perdite dalle due brigate di artiglieria ucraine, che dalle forze territoriali che – pur dotate degli efficacissimi Javelin e NLAW, armi controcarro di ultima generazione – bloccavano le colonne corazzate russe, ma incontravano difficoltà a distruggere i mezzi corazzati, protetti dalla fanteria. Anche in quella fase i mezzi corazzati sono stati distrutti soprattutto dall’artiglieria ucraina, pur numericamente inferiore a quella russa. L’acquisizione di obiettivi e la loro trasmissione in tempo reale alle unità di fuoco, consentite dai droni da ricognizione ha aumentato l’efficacia dell’artiglieria. Sono inoltre in avanzato sviluppo da parte ucraina nuovi pezzi di artiglieria, in particolare un cannone semovente da 155/52, capace di sparare in un minuto a 40 km, anche in movimento una “raffica” di 9 proietti. Come in tutti i conflitti, l’innovazione tecnologica viene fortemente stimolata. La struttura delle forze deve essere sufficientemente flessibile per poterla utilizzare, anche i tempi contrattuali per la loro acquisizione vanno accelerati. Oggi, l’aumento della potenza di fuoco russa, rende impraticabile alle pur eroiche fanterie ucraine resistere a lungo su posizioni fisse che non dispongano di sofisticate fortificazioni del tipo di quelle costruite dai russi dal fronte del Donbas al Mar Nero e che sono state determinanti per far fallire la controffensiva ucraina del 2023.

Sostegno logistico e mobilitazione dell’industria bellica

L’enorme consumo di mezzi e soprattutto di munizioni in Ucraina ha dimostrato l’inadeguatezza delle scorte occidentali e le difficoltà di aumentare, in caso di emergenza, la produzione di mezzi e di munizionamenti sofisticati, soprattutto nei paesi europei. Ciò non dipende solo dalla difficoltà di disporre di adeguate scorte di componenti, che rischiano di divenire rapidamente obsolete, ma anche dalle strutture dell’industria della difesa, che è privata nelle società di libero mercato ed è restia a mantenere inattive le catene di montaggio. Gli imprenditori possono essere indotti a fare gli indispensabili investimenti e a modificare i processi produttivi solo in caso di commesse consistenti e soprattutto sicure, se non costanti nel tempo. Ciò ha conferito alla Russia un deciso vantaggio, riguardante in particolare il munizionamento non guidato per artiglieria e lanciarazzi, la cui insufficienza è stata la causa principale delle difficoltà ucraine soprattutto dall’inizio del 2024, quando sono stati ritardati di quasi sei mesi i finanziamenti Usa.

La deterrenza nucleare

Molte volte la Russia ha minacciato il ricorso alle armi nucleari. Nel caso dell’attacco a Kursk i toni usati dal Cremlino sono stati più moderati del solito. Forse si è accorto che minacciare non solo non spaventava più nessuno, ma stava divenendo oggetto di sarcasmo internazionale. Secondo taluni esperti, l’Ucraina, che possiede una grande quantità di materiale radioattivo – sia barre per centrali, sia combustibile esaurito, sia uranio ad alto arricchimento nei suoi centri di ricerca – avrebbe costruito “bombe radiologiche” o “sporche”, che, pur non provocando esplosioni nucleari e conseguenti ecatombi, potrebbero rendere inabitabili i centri urbani o obbligare i russi a costosissimi lavori di decontaminazione.

Meno credibile è l’ipotesi, divulgata dalla propaganda di Mosca, dell’intento di Kiev di provocare disastri in centrali nucleari, e che, in particolare, uno degli obiettivi dell’attacco a Kursk sarebbe quello d’impossessarsi della centrale nucleare situata a sudovest della città, per poi minacciarne la distruzione. L’ipotesi non è credibile dato che anche se le più gravi ricadute radioattive avverrebbero in Russia, esse potrebbero interessare – come avvenne per Chernobyl – anche paesi che sostengono l’Ucraina, con conseguenze che è facile immaginare.

Hard e Soft Power

La globalizzazione delle informazioni e i social media hanno prodotto un’ulteriore democratizzazione della guerra. Il morale della popolazione e delle truppe continua a rimanere essenziale. A fianco della guerra combattuta, in Ucraina ha grande rilievo quella fra le “narrative” circa le proprie ragioni di combattere, mentre la resilienza dei contendenti è dipesa come nel passato, dalla capacità dei capi politici di convincere i loro cittadini a combattere e i loro alleati a continuare a sostenerli. La guerra in Ucraina ha confermato l’esistenza di uno stretto legame fra hard e soft power, e l’essenzialità del secondo per evitare che il primo si traduca in semplici chiacchiere. Essa è più che evidente per la marginalità dell’Europa sull’andamento del conflitto. Ha visto da parte russa la militarizzazione della religione, mancata invece all’Occidente. Per il Patriarcato di Mosca la guerra in Ucraina è una “guerra santa”. In Occidente si è giunti a sostenere che non esistono “guerre giuste”, che sono invece regolamentate e quindi limitate dalla dottrina cristiana da Sant’Agostino in poi. Il declino del Cristianesimo si affianca a quello dell’Europa.

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