Giorgia Meloni dopo aver gelato, come nessuno finora, sorriso e ironia condita da insulti all’irrefrenabile governatore campano Vincenzo De Luca con la celebre frase (“Presidente, sono la str… della Meloni, come sta?”), annuncia, dopo il consiglio dei ministri di ieri, la riforma della Giustizia. A cominciare dalla separazione delle carriere, la definisce “epocale”. Mentre il premierato (“la madre di tutte le riforme”) prosegue la tabella di marcia in Senato con momenti di effervescenza con i Cinque Stelle e l’Autonomia, come ha annunciato soddisfatto Matteo Salvini, approderà in aula l’11 giugno, la maggioranza di centrodestra si compatta e fa quadrato attorno al programma di governo.
Sulla riforma della giustizia, bandiera di Forza Italia, Antonio Tajani esulta: “Finalmente coronato il sogno di Silvio Berlusconi. Ora nel processo accusa e difesa avranno gli stessi poteri”. E Salvini: “Un’altra promessa mantenuta.Via la politica dai tribunali e le correnti dal Csm. Separazione delle carriere tra Pm e giudici”.
Contrariamente alle attese delle opposizioni che avrebbero voluto vedere il centrodestra in preda a divisioni e fibrillazioni interne, a cominciare dalle alleanze nella Ue, per la campagna elettorale delle Europee – dove si va con il proporzionale e l’esaltazione da parte di ciascuna forza della propria identità è fisiologica, dal momento che ognuno corre da solo – il centrodestra ritrova nell’attuazione del percorso del programma di governo un nuovo collante unitario. Una cornice che sarà molto importante per tenere unita la coalizione chiamata comunque a contarsi negli equilibri interni l’8 e il 9 giugno. Ad ogni modo, ogni riforma che compone il programma unitario, dalla giustizia particolarmente voluta da Forza Italia al premierato bandiera di Fratelli d’Italia all’Autonomia nel dna della Lega, sarà oggetto dei partiti della coalizione da spendere sul tavolo del confronto elettorale.
In tutto questo, mentre il governo Meloni va avanti sulla strada del cambiamento (“Siamo qui per cambiare le cose che non funzionano”, le opposizioni, a cominciare dal Pd di Elly Schlein, si contrappongono con la strategia del no a tutto. No quasi a prescindere. Un no che infuce Meloni s definire le opposizioni “le forze della conservazione”. Un atteggiamento quello del cosiddetto futuribile “campo largo” di protesta continua senza proposta, come se questo governo e il suo premier donna (per la prima volta) non fossero legittimati dal voto popolare.
E a proposito di De Luca e l’insulto che Meloni gli ha rifilato a freddo in faccia ricordandogli come si era espresso nei confronti del primo presidente del Consiglio donna, il premier ammonisce che per le donne è giunta l’ora del “basta subire”. Non si ricordano cronache in cui la segretaria del Pd ammonì De Luca per l’insulto a Meloni che tira in ballo “le femministe” per capire cosa hanno da dire. La leader Pd, presa in contropiede, controbatte che è proprio la politica del governo Meloni “a penalizzare le donne”. Il “duello” tv Meloni-Schlein non c’è stato. Ma un uno due a freddo di Meloni contro rappresentanti simbolo del Pd sì. E se ne continuerà a parlare. Di fronte a opposizioni spiazzate e bloccate sul no a tutto.