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Landini

Caro presidente Draghi, mi permetta un consiglio. Firmato: Cazzola

Presidente Draghi, non è il caso di fare più di tanto l’offeso, quando ci si è imbattuti nell’opportunità di rendere un grande servizio al Paese: archiviare la pagina del populismo pentastellato. Il commento di Cazzola

Da quando Giuseppe Conte ha fatto rotolare la palla di neve che ha provocato la valanga delle dimissioni del governo Draghi (per ora giustamente congelate dal Saggio del Colle) l’ex premier ora leader (?) del M5S ha ricevuto tutte le possibili critiche immaginabili e, nel contempo, è stato oberato di tutte le responsabilità che ricadranno sul nostro Paese, sull’Europa e l’Occidente sia sul piano politico che su quello finanziario (mercati, spread, cambio dell’euro, ecc.) ed economico (gestione del PNRR, della crisi energetica e dell’inflazione).

Di converso sono arrivati, urbi et orbi, a Mario Draghi apprezzamenti (il NYT lo ha definito un ‘’titano’’) ed inviti pressanti a restare al suo posto per non squilibrare ulteriormente un quadro internazionale e nazionale già tanto difficile e imprevedibile. Così – basta vedere i titoli dei giornali stranieri – tutti gli osservatori stanno con gli occhi puntati e con le orecchie attente per ascoltare ciò che SuperMario dirà nelle sue comunicazioni al Parlamento.

Le indiscrezioni volgono al peggio; corre voce che il premier – a prescindere dal dibattito – non chiederà un voto sulle dichiarazioni, ma confermerà che considera definitivamente chiusa l’esperienza sua e del governo.

Ci permettiamo di dubitare che questa sia la soluzione migliore non solo per il Paese (il che è assodato), ma anche per lo stesso Mario Draghi, per il profilo che si è costruito in tanti anni al servizio delle istituzioni.

Da giovedì, sarebbe coinvolto anche lui nelle responsabilità della crisi che si aprirebbe nel Paese. Perché se Conte è il piromane che ha acceso l’incendio, Draghi diventerebbe il vigile del fuoco che si rifiuta di spegnerlo. E’ un diritto esercitare la legittima difesa; ma l’ eccesso è un reato.

Veramente, Draghi corre il rischio di farne una questione personale, di sentirsi offeso per una ‘’lesa maestà’’. Come se – alla stregua della ‘’vergine cuccia’’ della poesia di Giuseppe Parini – si mettesse a correre guaendo ‘’Aita, aita’’, sotto le ‘’aurate volte’’ di Palazzo Chigi.

La mossa di Conte consente alla maggioranza e al governo di liberarsi di un interlocutore scomodo, spesso sostenitore di posizioni – si veda la questione delle armi all’Ucraina – dettate da ragioni più strumentali che ideologiche o altri problemi che hanno richiesto travagliate mediazioni.

Peraltro il M5S non è più – da tempo – una falange compattata e – dopo le ultime vicende – non è neppure più il gruppo più numeroso in Parlamento. Nel Movimento è intervenuta una scissione che in queste ore si sta allargando.

Chi glielo fa fare a Draghi di riconoscere a Conte una primogenitura e una sorta di rappresentanza primaria che gli vengono contestate anche dai ‘’grillini’’?

In sostanza, anche se non vi è nulla di garantito, se il ‘’disimpegno’’ dei pentastellati di rito contiano dovesse essere confermato, potrebbero esservi – l’esito non è garantito – un governo e una maggioranza più uniti, in grado di affrontare le emergenze che si annunciano.

Poi c’è un’altra considerazione più generale da compiere. La XVIII legislatura è nata sotto i cattivi auspici del voto del 4 marzo 2018. Col governo Conte 1 il Paese ha corso dei rischi gravissimi, di cui oggi si possono intravvedere le conseguenze (con riferimento in particolare ai nuovi assetti geopolitici).

L’alleanza delle forze antisistema è sembrata prevalere, fino a quando, prima la Lega nell’estate del 2019, poi il M5S, la settimana scorsa, hanno deciso di autoaffondarsi.

L’infausta legislatura potrebbe chiudersi così: con il suicidio assistito dei suoi iniziali protagonisti. Se per compiere siffatta operazione si rende necessario dare vita ad un’ulteriore maggioranza, nessun problema. Come si dice in gergo militare: a nemico che fugge ponti d’oro.

Così, presidente Draghi, non è il caso di fare più di tanto l’offeso, quando ci si è imbattuti nell’opportunità di rendere un grande servizio al Paese: archiviare la pagina del populismo pentastellato.

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