Già modesto di suo, trattandosi della regione penultima nella classifica nazionale per popolazione, il test elettorale molisano si è ulteriormente ridotto per una partecipazione alle urne ben al di sotto del 50 per cento, esattamente al 47,9: cinque punti in meno della già bassa affluenza alle analoghe elezioni di cinque anni fa. In cifra assoluta, sono andati a votare in 157 mila, degli oltre 300 mila chiamati a rinnovare il Consiglio regionale.
Eppure, nonostante questo primato di disaffezione, il sollievo del centrodestra per la vittoria che gli consente di rimanere alla guida del Molise, sia pure con un governatore – l’ingegnere Francesco Roberti, sindaco di Termoli e presidente della provincia di Campobasso – diverso dall’uscente, Donato Toma, è stato ben superiore alla delusione del candidato sconfitto alla Presidenza. Che è il sindaco grillino di Campobasso Roberto Gravina. “Parte male l’intesa Pd-M5S”, ha dovuto ammettere Repubblica.
LE “FORMICHINE” DEL CENTRODESTRA
Il più ottimista nel centrodestra, l’eurodeputato forzista Aldo Patriciello, incalzato alla vigilia del voto in una canzonatoria intervista di Antonello Caporale del Fatto Quotidiano, si era spinto a prevedere una vittoria col 55 per cento raccolti dai vari candidati come tante “formichine operose”. Roberti ha superato il 60 per cento. Le formichine evidentemente hanno lavorato molto bene, un po’ aiutate dall’emozione, e conseguente spirito solidale, provocata fra i votanti dalla morte recente di Silvio Berlusconi. Su cui Antonio Tajani, il vice presidente di Forza Italia, oltre che del Consiglio dei Ministri e ministro degli Esteri, aveva fatto molto affidamento nelle sue presenze sul posto a conclusione della campagna elettorale dedicando in partenza il risultato allo scomparso.
LA LIMONATA DEL CENTROSINISTRA ALLARGATO
Ma forse, più ancora del rimpianto di Berlusconi ha giocato a favore del nuovo governatore quella incapacità clamorosamente dimostrata dai leader nazionali del cosiddetto centrosinistra, raccoltosi attorno alla candidatura di Gravina, di ritrovarsi insieme in qualche piazza della regione. Il massimo di unità fisica che hanno potuto raggiungere e mostrare è stato pochi giorni prima del voto in un bar di Campobasso. Dove la segretaria del Pd Elly Schlein, il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte e Nicola Fratoianni, della sinistra al quadrato, si sono incontrati per bere insieme una limonata, un aperitivo e un bicchiere d’acqua minerale offerti da Gravina.
Non ha avuto il coraggio neppure di affacciarsi l’ex ministro terzopolista Carlo Calenda, impegnato dalla lontana Roma a sostenere pure lui la corsa del sindaco di Campobasso, ma a titolo personale, o di mezzo terzo polo, perché Matteo Renzi non ha voluto essere della partita neppure da lontano.
“La sinistra è morta” almeno dal 2008, se non già dal 1998, come ha appena detto a Libero uno come Fausto Bertinotti, che l’ha conosciuta e la rimpiange. Ma neppure il cosiddetto centrosinistra se la passa bene, e non solo nel Molise.