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Caccia Nato all’Ucraina? Fatti, commenti e scenari

Cosa succederebbe con l'invio di caccia Nato all'Ucraina? Conversazione di Startmag con Massimo Annati, ammiraglio in congedo ed esperto di Rid (Rivista Italiana Difesa)

 

Cosa succederebbe con l’invio di caccia Nato all’Ucraina?

Lunedì l’Ue ha rafforzato la sua offensiva contro la Russia, compattandosi al fianco di Kiev e allargando il raggio delle sue sanzioni. Misure innanzitutto economiche ma non solo. “Per la prima volta finanzieremo l’acquisto e la consegna di armi ed equipaggiamenti per un Paese sotto attacco”, ha annunciato la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.

L’Alto Rappresentante della Politica Estera Josep Borrell ha chiesto e ottenuto l’attivazione di due tipi di assistenza militare: quella per le armi non letali e quella per il materiale letale, per il quale saranno messi in campo 450 milioni. Non solo elmetti e divise quindi ma anche munizioni, fucili, missili.

L’azione europea è parallela a quella della Nato, che ha confermato come il sostegno militare degli alleati a Kiev “si sta rafforzando” con l’invio di missili e armi anticarro.

“Il presidente francese ha scritto un messaggio alle forze armate per chiedere massima vigilanza nelle zone di contatto con l’esercito russo” rivelava ieri Repubblica. “La preoccupazione è legata alla consegna di caccia europei all’Ucraina”.

“Inviare armi letali agli ucraini in guerra significa diventare belligeranti contro i russi. Una decisione che in Italia come in Europa meriterebbe un dibattito serio e ampio che tenga in considerazione le conseguenze potenziali di questa decisione”, ha commentato Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa.

Ma non tutti concordano nel settore.

Massimo Annati, ammiraglio in congedo ed esperto di Rid (Rivista Italiana Difesa) a Startmag sostiene che “in realtà è una storpiatura dire che fornire armamenti a un paese in guerra coincide con un diretto coinvolgimento, col diventare belligeranti”.

CACCIA IN ARRIVO A KIEV DA PAESI NATO?

Lunedì, l’alto rappresentante dell’Unione europea, Josep Borrell, ha affermato che numerosi paesi erano pronti a fornire all’Ucraina aerei da combattimento. E il parlamento ucraino ha dichiarato lunedì che la Polonia era tra i paesi pronti a fornire caccia MiG-29.

E sempre lunedì, un funzionario del governo ucraino ha dichiarato a Politico che Kiev aveva inviato piloti in Polonia per recuperare i jet. Allo stesso tempo il parlamento ucraino ha annunciato che gli aerei dalla Slovacchia, dalla Bulgaria e dalla Polonia sarebbero presto partiti.

Secondo l’agenzia russa Tass, ieri il servizio stampa della Marina ucraina aveva riportato che Bulgaria, Polonia e Slovacchia avrebbero trasferito in Ucraina 70 aerei caccia stazionati negli aeroporti in Polonia.

LA SMENTITA DI BULGARIA, POLONIA E SLOVACCHIA

Ma ieri tutti e tre i paesi hanno fatto dietrofront.

In giornata Bulgaria e Slovacchia hanno dichiarato che non c’era alcun accordo per inviare cacciabombardieri e il presidente polacco ha riferito che nessun aereo sarebbe volato a breve, riporta Politico.

LA RICHIESTA DI KIEV DI CACCIA DAI PAESI NATO

“Intanto bisogna capire se si è trattato di “wishful thinking” Da parte degli ucraini, oppure se ci sono stati veramente dei contatti iniziali questo non lo sappiamo però sono solo ipotesi sul terreno”, spiega Annati.

“L’altra cosa a questo punto è perché dopo che è uscita la notizia di invio dei caccia, tutti i paesi Nato citati si sono rifiutati di farlo. Alcuni hanno detto ci servono come pezzi di ricambio (come la Slovacchia), altri ancora hanno detto che non è il caso. Si teme una reazione russa”.

LA CONDIZIONE DI BELLIGERENZA

Ma tra i motivi del passo indietro non dovrebbe esserci lo status di belligeranza.

Secondo Massimo Annati, è “una storpiatura dire che fornire armamenti a un paese in guerra coincide con un diretto coinvolgimento, col diventare belligerante”.

E a questo proposito cita l’esempio della guerra tra Iran e Iraq (80-88). “All’epoca i francesi hanno fornito aerei e missili all’Iraq, così come i russi all’Iraq e i cinesi all’Iran. Nessuno in questi casi nessuno ha detto che Francia, Russia o Cina erano diventati belligeranti”.

Quindi “non c’è una sorta di conseguenza inevitabile dal punto di vista giuridico per chi ha fornito armi a paesi in guerra a diventare paese belligerante”, sottolinea l’esperto di Rid.

“Però indubbiamente da questo punto di vista c’è una ipersensibilità russa e quindi i russi sono molto più assertivi di quanto potessero essere a suo tempo l’Iran o l’Iraq”.

Dunque ecco “che le minacce russe di considerare l’eventuale fornitura di aerei come se si trattasse di una co-belligeranza probabilmente hanno “convinto” anche coloro che inizialmente avevano appoggiato l’idea a retrocedere”.

UN’ALTRA CONSIDERAZIONE: L’END USER CERTIFICATE

Infine, “ci potrebbe essere anche un altro aspetto legale” da considerare secondo Annati.

“Ora quando noi forniamo le armi richiediamo il cosiddetto end user certificate. Questo significa che lo Stato non può a sua volta cederlo a qualcun altro senza aver ricevuto una preventiva autorizzazione da parte del fornitore”, conclude l’esperto di Rid.

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