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Covid-19

Burioni: ecco perché la letalità del Coronavirus in Italia è alta. Post Medical Facts

Il valore altissimo di letalità nel nostro Paese del Coronavirus è molto probabilmente legato a parametri relativi a come contiamo i casi.  Il post di Burioni e Mancini tratto da Medical Facts

Il valore altissimo di letalità nel nostro Paese è molto probabilmente legato a parametri relativi a come contiamo i casi. Dobbiamo, comunque, tenerne conto e usarlo come sprone a continuare quanto stiamo facendo. Sia noi sanitari in ospedale, che ognuno di voi nelle case.

DOSSIER CORONAVIRUS

C’è un dato fuori scala: quello del numero di morti rispetto al numero di casi diagnosticati. La cosiddetta “letalità”  o “case fatality rate” che, mentre scriviamo, si attesta al 7,2% nel nostro Paese: un valore decisamente fuori scala rispetto a quanto si è osservato nel resto del Mondo. Perché questo?

ITALIA E COREA DEL SUD SUL CORONAVIRUS

Questo valore è ancora più impressionante se paragonato, per esempio, a quello della Corea del Sud, una Nazione a noi vicina sia dal punto di vista del numero di abitanti (sono poco più di 50 milioni a fronte dei nostri 60) che, per quel che riguarda questa epidemia, dal fatto che ci ha “anticipato” di circa un paio di settimane in termini di diffusione del contagio. Il valore di letalità in quel Paese si attesta a poco meno dell’1% (0,89%).

È utile riflettere su questa discrepanza e provare a formulare delle ipotesi sul perché si osservi questo. Sono possibili diverse chiavi di lettura, che potremmo definire di tipo virologico, assistenziale e epidemiologico.

POSSIBILE SPIEGAZIONE VIROLOGICA

Una prima possibile spiegazione è che il virus che sta circolando da noi sia più “cattivo” di quello che sta circolando in Corea del Sud. Questo tipo di spiegazione, però, non trova conferma negli studi che stiamo conducendo sulle caratteristiche del virus a livello mondiale. Piccoli cambiamenti nel suo patrimonio genetico sono già comparsi ma nessuno tale da giustificare in modo chiare una maggiore “aggressività” del “ceppo italiano”. È sicuramente necessario ampliare il numero di sequenze disponibili ma i dati attuali ci portano a escludere questa prima ipotesi.

POSSIBILE SPIEGAZIONE ASSISTENZIALE

L’altra possibile spiegazione è che in Corea del Sud siano in grado di gestire meglio l’emergenza. Anche questa ipotesi deve essere scartata. I nostri colleghi clinici, i rianimatori in primis, sono riconosciuti come all’avanguardia a livello mondiale, soprattutto per quel che riguarda il supporto della funzione respiratoria (l’aspetto più importante nella gestione di questa emergenza). Non abbiamo nulla da invidiare al resto del Mondo.

POSSIBILI SPIEGAZIONI EPIDEMIOLOGICHE

Restano, quindi, fra le varie possibili, delle spiegazioni epidemiologiche che potranno essere confermate in modo certo quando questa tempesta sarà passata.

La prima, più ovvia, è quella legata all’età media nel nostro paese e alla socializzazione degli anziani.

Altre anomalie si rilevano confrontando due fra le regioni più colpite del nostro Paese: la Lombardia e il Veneto.

Se confrontiamo la letalità di queste due regioni ci accorgiamo che, a fronte di un 9,1% in Lombardia, in Veneto il valore si attesta al 2,6%. Un valore inferiore di tre volte e mezzo.

Abbiamo più volte detto che la letalità è fortemente influenzata da come si diagnosticano i casi.

Possiamo dire che, dal punto di vista quantitativo, le due regioni non sono molto lontane: sono le due che hanno fatto il maggior numero di tamponi in Italia e il loro numero non è drammaticamente diverso (32.700 in Lombardia e 25.700 in Veneto).

Quello che colpisce è la diversa percentuale di positivi: 30% in Lombardia a fronte del 6% in Veneto. Perché questo?

Sicuramente perché l’infezione è molto più diffusa nella prima regione, ma anche per un altro motivo: l’ondata massiccia di infezioni ha portato a effettuare in Lombardia un maggior numero di tamponi sui pazienti più gravi.

A conferma di questo è il dato relativo al “destino” dei pazienti nelle due regioni: in Lombardia più del 60% (60,8%) dei pazienti con tampone positivo ha richiesto l’ospedalizzazione; in Veneto “solo” poco più del 32% (32,2%).

In altre parole, il numero di casi in Lombardia è probabilmente molto maggiore, e verosimilmente la letalità nelle due regioni è simile: quello che è diverso è il numero di pazienti infettati che viene rilevato. Pochi in Lombardia, di più in Veneto. In altre parole in Lombardia si vede solo la punta (meno fortunata) dell’iceberg.

Questo dato non deve tranquillizzarci. Come abbiamo avuto modo più volte di dire in tempi non sospetti, anche una letalità ai “livelli coreani” può causare immensi danni a causa dell’estrema facilità di trasmissione di questo virus. I fatti purtroppo stanno confermando i nostri timori.

Questo dato deve rafforzare, deve rendere granitica la convinzione di ognuno di noi in quanto stiamo facendo per rallentare il contagio. È l’arma più forte che abbiamo a disposizione contro questo virus.

Roberto Burioni e Nicasio Mancini

(Estratto di un articolo pubblicato su medicalfacts.it; qui la versione integrale dell’articolo)

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