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Buon Ferragosto (nonostante il bombardamento mediatico su Covid)

Il corsivo di Paola Sacchi

 

Per alcuni aspetti, forse perché sono nata d’estate, ho sempre amato quasi di più il Ferragosto rispetto al Natale, pur rispettandone l’alto valore religioso che rappresenta. Ma non credo che sarà uno dei migliori Ferragosto. E non credo proprio che usciremo migliori dopo il Covid.

Ha ragione Daniele Capezzone che nei giorni scorsi ha scritto per “The Watcher Post” che lo stato d’animo di un Paese è precondizione necessaria alla ripartenza. E nonostante il governo Draghi sia l’unica soluzione possibile per affrontare la grave emergenza e il professor Draghi, come riconosce anche Capezzone, potrebbe avere un ruolo importante per ricucire le lacerazioni di un Paese stremato da oltre un anno e mezzo di crisi pandemica, lo stato d’animo giusto, quello necessario per ripartire ancora non c’è.

Pur essendo assolutamente favorevole alla vaccinazione, sul Green Pass (non ho personalmente problemi, ne ho ben tre, uno della prima vaccinazione, l’altro della seconda, che la attesta finora in via definitiva, da parte del Ministero della Salute, e infine un altro della Regione Lazio) ho visto oltre a una serie di difficoltà per gestori di bar e ristoranti soprattutto crearsi un clima di esagitazione. Clima già esasperato ormai da quella sorta di trasmissione unica della Tv che bombarda a tutte le ore dal titolo virologi, varianti e vaccini. Con informazioni contrastanti spesso da parte degli stessi esperti tra loro.

Ho visto anche persone di buon livello sociale e culturale farsi prendere dall’ansia esagerata pur avendo preso tutte le precauzioni del caso. Ecco, poiché è un po’ da faciloni dire, magari per far bella figura, sono per l’obbligo vaccinale, e pure io lo sarei ma sappiamo che non è possibile, avrei preferito un vero discorso persuasivo alla Nazione da parte del premier Draghi.

Lo avrei preferito alla bacchettata un po’ ingenerosa e eccessiva, descritta come decisionismo dal solito mainstream compiacente con il potente di turno, data al leader del maggior partito di centrodestra del governo. Ovvero, quel Matteo Salvini che non aveva seminato messaggi “di morte”, ma aveva solo posto problemi, richiamandosi a altre scelte dei Paesi occidentali, sulla vaccinazione ai ragazzi sotto una certa soglia di età.

Eppure la così tanto demonizzata Lega resta, in base ai numeri reali di tutte le elezioni, dopo le politiche del 2018 il primo partito del Paese. È alla guida con Fdi e FI della netta maggioranza delle Regioni.

La strigliata di Draghi ha suscitato sorpresa, perplessità tra gli stessi elettori della Lega e del centrodestra di governo che continuano ad appoggiare comunque la scelta di sostenere l’esecutivo. Li ho sentiti con le mie orecchie, imprenditori, artigiani, partite Iva, professionisti, gente senza stipendio fisso statale, ovvero l’ossatura sociale del Pd.

Persone responsabili da ogni punto di vista, anche sanitario. Ma che chiedono abbassamento delle tasse, ripresa economica, un atteggiamento decisionista ma anche empatico al tempo stesso che favorisca loro un diverso stato d’animo. Poiché, come ha scritto in un editoriale da cronista il direttore della Verità Maurizio Belpietro, il giornalismo di strada fa capire molte più cose che gli alambiccamenti di retroscena e editoriali sul mitico centro, nel chiuso del Palazzo o di uffici con librerie stracariche, ho sentito anche molti malumori per certe parole giudicate troppo comprensive sul reddito di cittadinanza.

E questo non da parte di pericolosi sovversivi ma di un’Italia, che costituisce la spina sociale del Paese, che si rimbocca le maniche e che ha applaudito all’ arrivo del presidente Draghi. Lo sostiene ancora ma si interroga anche sul perché non si faccia argine a un’immigrazione ormai fuori controllo e non si prendano con la Ue le giuste misure per aiutare sul campo Paesi come la Tunisia dove imperversano crisi economica e pandemia.

Sono interrogativi non razzisti, ma razionali, molto logici. Mentre qui si è ormai nella morsa di un clima dove persino un vaccinato viene sospettato non come tale. No, di questo passo, tra ansie e tassi di aggressività tra le persone inutili, non usciremo migliori dal Covid.

Tra demonizzazioni se non mostrificazioni virologo-mediatiche di chiunque ponga un dubbio non se ne può uscire migliori. E intanto, pur restando necessaria la prudenza al massimo, rischiano di sparire anche feste, tradizioni culturali, religiose che hanno sempre cementato la socialità di intere comunità nella straordinaria Italia dei mille campanili.

Neppure oggi, secondo anno di seguito, ci sarà nella mia bella Orvieto, la città di ogni vacanza, la tradizionale processione della Madonna di Ferragosto, Santa Maria Assunta cui è intitolata la Basilica Cattedrale del Duomo.

La splendida macchina lignea del 600 non verrà portata a spalle di corsa dai portatori sui gradini del Duomo. Uno spettacolo che attirava anche turisti da tutto il mondo.

È comprensibile che si sia deciso di non farla ancora, vista anche la conformazione delle vie strette, medievali di Orvieto. Ma, unito a quello di tante altre belle feste dell’Italia, anche questo è un piccolo esempio di come non ci possa essere ancora lo stato d’animo giusto. Tanto più con l’imperterrito bombardamento virologo-mediatico che parla già della quarta ondata.

Buon Ferragosto.

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