Era il 22 giugno 2017, un anno dopo che il Regno Unito aveva scelto di lasciare l’Unione Europea. Mentre i leader conservatori britannici erano impegnati a capire come gestire l’uscita dall’UE, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si riaccendeva una questione apparentemente sepolta: la sovranità delle isole Chagos. L’arcipelago era stato separato da Mauritius nel 1967, ma il voto dell’ONU del 2017 cambiò tutto, segnando l’inizio di un processo culminato nell’ottobre 2024 con la cessione delle isole da parte del Regno Unito a Mauritius.
LA BREXIT E LA FRATTURA DIPLOMATICA
Al di là del tema isole Chagos in sé, il vero punto che quel voto all’ONU evidenziò fu quanto il Regno Unito avesse perso influenza sulla scena internazionale dopo la Brexit. Come riportato da Politico, molti Paesi europei si rifiutarono infatti di sostenere Londra, mostrando un netto cambio di rotta rispetto al passato. Philippe Sands, rappresentante legale di Mauritius nella disputa, ha infatti dichiarato apertamente che senza la Brexit il blocco europeo avrebbe probabilmente appoggiato la posizione britannica, impedendo di fatto l’arrivo della questione alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ). Ma dopo il referendum voluto dall’ex premier David Cameron l’isolamento diplomatico di Londra era ormai evidente.
UNA RETE DIPLOMATICA DISINTEGRATA
Prima dell’uscita dall’UE, il Regno Unito poteva contare su un solido appoggio europeo, nel quadro della solidarietà tra i Paesi in tema di sovranità, come già visto in passato sul caso Falkland/Malvinas – anche questo però a rischio di riapertura. Ma con la Brexit, questa rete si è sgretolata. David Hannay, ex ambasciatore britannico presso l’ONU, ha spiegato come l’abbandono dell’Unione abbia privato Londra del sostegno cruciale dei suoi ex partner. Lo stesso per i Paesi africani, in passato almeno in parte influenzati dalla Francia, che hanno anch’essi seguito la nuova linea, lasciando Londra isolata. Una mancanza di supporto che ha contribuito alla sconfitta britannica nelle sedi internazionali, aprendo la strada alla decisione del 2024.
DIIEGO GARCIA: UNA BASE STRATEGICA CON SCADENZA INCERTA
Uno dei punti più delicati dell’accordo è il futuro della base militare di Diego Garcia, fondamentale per le operazioni militari americane nella regione. La base è utilizzata dagli Stati Uniti dal 1971 per gestire operazioni in Medio Oriente, Asia e Africa. Con la restituzione dell’arcipelago a Mauritius, la sovranità di Diego Garcia rimarrà tecnicamente sotto la supervisione mauriziana, ma le operazioni anglo-americane continueranno. L’accordo prevede che il contratto attuale per l’utilizzo della base prosegua fino al 2036, con un’opzione di proroga per ulteriori vent’anni, soggetta però all’approvazione delle parti. Questo compromesso consente di mantenere l’equilibrio strategico nell’Oceano Indiano, almeno nel breve termine. Tuttavia, rimane il rischio che, in un contesto internazionale sempre più polarizzato, le relazioni tra Mauritius e la Cina possano complicare la situazione.
IL RISCHIO DI UNA INFLUENZA CINESE CRESCENTE
La Cina, alleata di Mauritius, potrebbe cercare di sfruttare la nuova configurazione geopolitica. Se il contratto per Diego Garcia non dovesse essere rinnovato o se Mauritius dovesse rivedere i termini sotto pressione cinese, gli Stati Uniti rischierebbero di perdere un tassello chiave della loro rete militare globale. La prospettiva di una base militare o di un’infrastruttura di sorveglianza cinese nelle vicinanze di Diego Garcia è un’ipotesi che preoccupa gli strateghi occidentali. Andrew Mitchell, ministro degli Esteri ombra, ha avvertito che la cessione delle Chagos potrebbe dare alla Cina un vantaggio strategico: “Offre un’opportunità ai nostri avversari in un momento in cui la competizione globale si fa più intensa.” Senza un piano chiaro per garantire la continuità della base oltre il 2036, la sicurezza della regione potrebbe essere messa a rischio.
DIPLOMAZIA PRAGMATICA PER UN FUTURO INCERTO
Dietro la decisione del Regno Unito di cedere le isole Chagos si cela anche un riposizionamento strategico. Dopo la Brexit, Londra ha dovuto cercare nuovi alleati al di fuori dell’Europa, rendendo inevitabile una svolta pragmatica nelle relazioni internazionali. Samuel Jarvis, esperto di relazioni internazionali, ha spiegato che il Regno Unito non può permettersi di essere percepito come un violatore del diritto internazionale se intende costruire rapporti più stretti con Africa, Asia e Sud America. “Se Londra vuole sfidare Pechino su questioni legali, deve dare l’esempio,” ha osservato.
UN PASSO NECESSARIO, MA CONTROVERSO
Nonostante le critiche interne, la restituzione delle isole Chagos è vista da molti come un atto dovuto per correggere un’ingiustizia storica. La deportazione dei chagossiani è stata definita da molti una violazione dei diritti umani, e il ritorno delle isole a Mauritius potrebbe finalmente offrire un risarcimento simbolico. David Hannay, ex ambasciatore britannico all’ONU ha sottolineato come questo sia stato “il giusto epilogo per una storia di errori coloniali“, che oltretutto Paesi del “Global South” o “Global Majority” – come ormai è definito, non potevano ignorare in fase di voto ONU visto anche che la isole Chagos erano l’ultima colonia in terra d’Africa.
UNA LEZIONE DI REALPOLITIK
La cessione delle isole Chagos rappresenta un momento chiave per il Regno Unito post-Brexit. Il Paese ha perso un territorio strategico e ha dovuto accettare compromessi in nome della diplomazia. Tuttavia, la permanenza della base di Diego Garcia fornisce ancora una leva cruciale nel contesto geopolitico globale, almeno fino al 2036. Resta da vedere se il Regno Unito riuscirà a mantenere la sua influenza nella regione o se la Cina troverà modo di inserirsi. In un mondo in rapido cambiamento, il caso delle Chagos dimostra che anche le potenze consolidate devono fare i conti con nuovi equilibri e scelte difficili. Per Londra, l’isolamento diplomatico post-Brexit ha reso ancora più evidente quanto sia essenziale costruire nuove alleanze e preservare quelle esistenti, un insegnamento anche per tutti gli appassionati di -exit ancora molto rumorosi all’interno dell’UE