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Fontana Scuola

Bonus (vacanze): una parola sputtanata (scusate la franchezza)

Il post di Diana Zuncheddu

Bonus: una parola sputtanata.

Banalizzo, ma a volte serve.

Il bonus vacanze non è partito, un flop, uno strumento inutile, scrivono. Beh, come si fa a fidarsi di una cosa che si chiama Bonus?

L’inflazione non fa perdere valore soltanto alle monete, ma anche alle parole.

C’è stato il bonus vacanze, il bonus casa, il bonus bici, il bonus partite Iva  — tutti a prendersela con i parlamentari e non con chi ha scritto così male le regole del gioco -; il super bonus del decreto di agosto, il bonus casa e, se aggiungessero il bonus cretini – uno sconto per ogni cretino che incontri – ne avremmo finalmente uno sensato.

Il bonus vacanze è ciò che ti consente di andare in vacanza e non pagare l’80% della tua vacanza, perché l’albergo recupererà quei soldi non incassati attraverso uno sconto fiscale nell’anno successivo. Benissimo. Nella teoria costruito bene, nella pratica attivarlo è stato il solito mese e mezzo di gimkana tra gli uffici Inps e pec perse, recuperate, rispedite, eccetera, ma poi, vinto il film di guerra e ottenuto il via libera, scopri che gli alberghi che lo hanno attivato sono in realtà pochissimi.

Qualche giorno fa un direttore di albergo commentava: perché si stupiscono del flop? Per poter pagare meno tasse, devi essere uno che le paga, le tasse.

E lì, se non sono caduti prima, cadono tutti i bonus del mondo, anche teoricamente perfetti.

E poi, non ultimo: non è avvilente. per gli esseri umani, andare avanti per bonus? Il concetto stesso di poter continuare a pretendere bonus, ad avere bonus, a percepire redditi per il fatto stesso di essere cittadini, per il fatto stesso che c’è stata una pandemia, e indebitando le generazioni future per chissà quanti anni: è la strada più giusta?

“Meno bonus per tutti”, io mi auguro di trovarlo nei prossimi slogan elettorali.

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