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sinistra

Vi racconto i bluff di Schlein nel Pd

Radiografia del Pd fra parole, mosse e commenti. I Graffi di Damato.

Ospite di Carlo Formigli alla ripresa di Piazzapulita, rigorosamente in una sola parola, la segretaria del Pd Elly Schlein si è preso dal sondaggista Renato Mannheimer un riconoscimento di “tenuta” sondaggistica che non merita, concessole contro i numeri che pure comparivano chiari nella tabella trasmessa dall’emittente di Urbano Cairo mentre il ricercatore li illustrava in collegamento dallo studio.

Rispetto ai risultati italiani delle elezioni europee di giugno Giorgia Meloni, nonostante i problemi quanto meno mediatici avuti tra la sorella, il quasi o ex cognato e l’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, è salita col suo partito dal 28,7 per cento al 30: di 1,3 punti quindi. La Schlein invece col suo Pd, nonostante i problemi – ripeto – della premier che avrebbero dovuto favorirla, è scesa di 1,6 punti dal 24.1, quindi sotto il 23 per cento delle intenzioni di voto.

All’imprevista, come la Schlein ha voluto chiamarsi anche nel titolo del libro autobiografico che promuove tra piazze e salotti televisivi vantandosi di essere arrivata al vertice del Nazareno senza che nessuno se ne accorgesse, cogliendo cioè tutti alla sprovvista, è toccato non solo scendere nei sondaggi ma anche assistere al recupero di Giuseppe Conte, salito dal 9,9 a circa il 12 per cento. Eppure Beppe Grillo in persona sta cercando di mettere l’ex premier nelle classiche braghe di tela contestandone la leadership dalla “sopraelevata”, come lo sfotte lo stesso Conte, su cui viaggia nel MoVimento 5 Stelle in veste di garante, custode dei valori e simili. Un garante però che è anche a contratto come consulente della comunicazione a 300 mila euro l’anno, che secondo Luigi Di Maio dovrebbero essere altrettante “buone ragioni” per consigliargli di starsene buono e non rompere.

Oltre che dal sondaggio di Mannheimer generosamente contraddetto dalla “tenuta” assegnatale a parole, la Schlein risulta in difficoltà anche per un certo malumore che va diffondendosi nel Pd per la sua riscoperta, diciamo così, di Matteo Renzi, non molto popolare nel partito da lui abbandonato nel 2019 dopo la sconfitta elettorale dell’anno precedente. Non parliamo poi dei dintorni del Nazareno.

Senza volerla appendere al giudizio negativo appena espresso in una lunga intervista al Corriere della Sera da Ornella Vanoni, che potrebbe risultare sospetta per la nostalgia che ha manifestato dei compianti Bettino Craxi e Giulio Andreotti, conviene forse ricordare quanto ha detto qualche giorno fa della Schlein l’ormai ex direttore di Micromega Paolo Flores d’Arcais. Che di Craxi e Andreotti aveva scritto a suo tempo come di due filibustieri, non solo politici.

“Qualche chiacchiera, ma nessuna azione politica. Non solo: spesso ascoltandola, si ha l’impressione di assistere a una performance dadaista. Di pessima qualità, sia chiaro. Aggira i problemi, i piedi in quattro scarpe”, ha detto testualmente Paolo Flores d’Arcais della Schlein parlandone al Foglio.

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