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Guerra Commerciale

Fini e limiti del piano economico di Biden per l’Indo-Pacifico

L'articolo di Giuseppe Gagliano.

 

La nuova alleanza economica per l’Indo-Pacifico (IPEF) creata dal presidente americano, Joe Biden, durante la sua visita in Giappone concretizza il suo desiderio di creare una rete economica con i suoi alleati al di là del campo della sicurezza militare, per fare pressione su Pechino.

Un totale di 13 paesi si sono uniti, tra cui Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone e Australia. Ci sono anche sette paesi su dieci dell’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN) come Indonesia, Malesia e Filippine.

Il capo di stato sudcoreano Yoon Suk-yeol ha partecipato alla cerimonia di fondazione in videoconferenza. Per Seoul, l’IPEF non ha lo scopo di escludere alcune nazioni, ma di stabilizzare le catene di approvvigionamento, ed è naturale che la Corea del sud partecipi alla creazione di regolamenti commerciali per la regione indo-pacifica.

Il nuovo quadro economico si concentrerà su quattro questioni: commercio estero, catene di approvvigionamento, uscita dal carbonio e infrastrutture, nonché la lotta contro la frode fiscale e la corruzione.

Facciamo adesso una valutazione di ordine geopolitico.

In primo luogo l’IPEF è una mossa dell’amministrazione Biden per dare credibilità al suo impegno economico in Asia come contrappeso credibile alla Cina. È progettato per proiettare gli Stati Uniti nella leadership economica della regione indo-pacifica.

In secondo luogo, attraverso questo accordo l’amministrazione americana vorrebbe dominare le regole e gli standard sia dell’intelligenza artificiale che del 5G. Ma le regole del commercio digitale e della tecnologia che gli Stati Uniti vogliono promuovere sono troppo “americane” e molti paesi della regione semplicemente non possono soddisfare i cosiddetti standard elevati.

In terzo luogo, è molto probabile che lo scopo degli Stati Uniti di isolare la Cina dai paesi regionali renderà l’attuazione dell’IPEF piuttosto problematica nella misura in cui l’accordo posto in essere serve gli interessi degli Stati Uniti a scapito dei paesi regionali fissando soglie più elevate sull’economia digitale, la protezione dell’ambiente e altri settori in linea con le politiche economiche statunitensi.

In quinto luogo, i paesi all’interno dell’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico non intendono disaccoppiarsi dalla Cina anche perché il modello esistente di divisione della catena di approvvigionamento è durato a lungo e ha portato benefici ai paesi dell’Indo-Pacifico.

In sesto luogo, la Cina con il partenariato economico globale regionale offre molte più opportunità ai propri alleati mentre l’attuale accordo ha poco da offrire. Non ci sono infatti benefici economici tangibili come per esempio l’apertura del mercato americano all’economia asiatica. A tale proposito – almeno allo stato attuale -non vi sono dispositivi di accesso al mercato o riduzione delle tariffe all’interno dell’accordo.

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