Bettino Craxi disconosciuto da una sinistra che non ha mai fatto i conti con la sua straordinaria figura di statista, che andò oltre gli schemi tradizionali. Ma, soprattutto la radicata avversione a Craxi, il leader e fondatore dell’unica sinistra moderna, in quanto tale anticomunista, che c’è stata in Italia, è la cartina di tornasole del fatto che la nostra sinistra non ha mai fatto i conti con certa visione e mentalità retaggio di quello che è stato il più forte partito comunista dell’Occidente. L’ articolo, pubblicato ieri da Startmag.it, di Francesco Damato, ex direttore del quotidiano “Il Giorno”, ex vice di Indro Montanelli a “Il Giornale”, memoria storica dei notisti politico-parlamentari, che interpretava anche i silenzi di Aldo Moro, fa riflettere sul clamoroso disconoscimento di Craxi, anche in vista di questo 25 aprile. Damato prende spunto dalla bella intervista a Aldo Cazzullo per “Il Corriere della sera” in cui Stefania Craxi, figlia dello statista leader del Psi, senatrice di Forza Italia, presidente della commissione Esteri e Difesa di Palazzo Madama, rivela che i giovani che le scrivono e si definiscono craxiani “sono tutti di destra”.
Cosa che mette ancora di più in risalto il disconoscimento e l’ostilità recondita tuttora del Pd e della sinistra per la figura di Craxi. Come ricorda Damato, dopo le parole dell’allora Capo dello Stato, oggi presidente emerito Giorgio Napolitano, ex leader “migliorista” del Pci , su Craxi è caduto il silenzio a sinistra. Napolitano, in quel fax alla signora Anna Craxi, riconobbe per il decimo anniversario della morte a Hammamet dello statista che per lui ci fu “una durezza senza uguali”. E ricordò che due sentenze furono annullate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo per mancanza di giusto processo. Ma alla base del giustizialismo che imbracciarono gli eredi del Pci con “mani pulite” , che travolse il Psi con il suo leader, la destra Dc e toccò anche alcuni miglioristi del Pci, c’è proprio quella visione totalitaria, di supremazia, la cosiddetta “superiorità morale”, che hanno appunto radici tutte comuniste. Che non si vogliono recidere evidentemente neppure ora che il Pd e le forze ancora più estreme alla sua sinistra hanno addirittura votato contro la mozione della maggioranza del governo di Giorgia Meloni, che per il 25 aprile ha condannato tutti i totalitarismi.
Mentre FdI, FI, Lega hanno invece teso la mano votando a favore della mozione antifascista dell’opposizione di sinistra. E qui si conferma una sinistra, ora ancora più radicalizzata, che vide proprio in Craxi l’avversario principale. Craxi, come mi confermò lui stesso nell’intervista a Hammamet raccolta in “I Conti con Craxi” (MaleEdizioni, 2017) diventò radicalmente anticomunista da ragazzo a Praga, nel 1956, quando un uomo lo avvicinò per la strada e gli disse: “Qui non c’è libertà”. Superò, con il suo liberalsocialismo o sarebbe meglio definire “craxismo” – perché la sua fu una figura unica cui il Psi ridotto ai minimi termini, ormai satellite del Pci, dovette la sopravvivenza e una lunga stagione di vita da grande protagonista – il suo stesso mentore, il leader autonomista Pietro Nenni. Craxi nei suoi video-testamento dall’esilio di Hammamet, lui, figlio dell’avvocato antifascista Vittorio, vice Prefetto della Liberazione a Milano, denuncia “lo scempio” dei corpi appesi di Piazzale Loreto. Ricorda di essere andato con la famiglia in nome della “pietas umana” a deporre fiori laddove furono uccisi Benito Mussolini e Claretta Petacci, di aver deposto da ragazzo garofani ai piedi della staccionata che ricorda a Piazzale Loreto i martiri socialisti antifascisti, ma anche di averli lasciati sul luogo della “macabra, oscena” esposizione dei corpi del duce, di Petacci e i gerarchi fascisti. Ma non sono solo questi gesti, ricordati da Stefania Craxi nella sua intervista, a mettere un solco tra la sinistra post-comunista di casa nostra con Craxi, il primo premier incaricato che ammise il Msi alle consultazioni per il governo. Al fondo del muro contro “Bettino” degli eredi del Pci c’è stata e rimane una visione diversa dell’economia e della società. Una visione diversa della situazione internazionale da parte di Craxi schierato con gli Usa, l’Occidente, senza se e senza ma. Come dimostra la vicenda degli euromissili a Comiso fatti installare da lui, mentre il Pci di Enrico Berlinguer, che secondo Craxi, nonostante lo strappo sulla Nato, “con l’Urss ruppe, ma fino a un certo punto”, faceva marce della pace contrarie a quella scelta di deterrenza che per l’Amministrazione Usa “pose fine alla guerra fredda”.
Craxi sul piano economico-sociale con il decreto di S.Valentino, osteggiato fino al referendum perso dal Pci, salvò l’Italia dell’inflazione galoppante. Fu il leader che strappò con il Pci persino sul piano estetico introducendo lo slogan sul made in Italy che “fa moda”, un impulso il suo alla nostra moda anni 80, vero volano di crescita e sviluppo imprenditoriale, di esportazione. E questo mentre il Pci demonizzava la cosiddetta “Milano da bere”. Craxi fu il leader di “Meriti e bisogni”. Quello della libertà e del valore dell’individuo, erede del socialismo umanitario che lo portò a tentare la strada impervia della trattativa per salvare Moro dalle Br. Cosa per cui lo statista Dc, nonostante loro non fossero così vicini e organici, scrisse: “Grazie, caro Craxi per quello che stai facendo per me”. Statista unico. Disconosciuto dalla sinistra. “Craxiani” e come tali anticomunisti. È quello che scrivono quei giovani a Stefania.