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Giorgetti

La Russa, Nordio e i veri somari della Costituzione repubblicana

A proposito di La Russa, Nordio e di magistratura. I Graffi di Francesco Damato

I fatti per fortuna, almeno stavolta, contano più delle parole. Di cui in questi giorni, anche in vista della festa di Liberazione del 25 aprile, si è fatto un certo abuso intossicando i rapporti persino istituzionali. E abbassando ulteriormente il livello culturale della politica, potrebbe dire il Capo dello Stato Sergio Mattarella dopo l’intervista di ieri al Corriere della Sera. Penso, per esempio, alle parole sfuggite al presidente del Senato Ignazio La Russa con quella sortita “cieca”, come l’ha definita  il manifesto, sulla Costituzione priva del termine “antifascista”. La Repubblica, che aveva maggiormente enfatizzato una chiacchierata di La Russa, gli ha generosamente fornito un salvagente, per quanto satirico, con la vignetta di Altan che gli fa dire: “Non si può dire una cazzata, che subito la strumentalizzano!”.

Tra i fatti, ripeto, per fortuna prevalenti almeno stavolta sulle parole metterei tuttavia al primo posto il silenzio improvvisamente caduto oggi in quasi tutte le prime pagine dei giornali sul ministro della Giustizia crocifisso per più giorni a destra e a manca, da toghe ed avvocati insieme, per  i rilievi ai giudici della Corte d’Appello di Milano che, accordando gli arresti domiciliari, hanno di fatto consentito la fuga d’un faccendiere russo amico di Putin. A carico del quale pendeva un procedimento di estradizione negli Stati Uniti.

Dell’azione disciplinare promossa dal Guardasigilli verso quei giudici si è detto e scritto che avrebbe violato le sacrali autonomia e indipendenza della magistratura, le cui decisioni potrebbero essere contestate solo ricorrendo al superiore grado di giudizio. Incultura anche questa, da bocciatura in un serio esame universitario, perché ignora l’articolo 107 della Costituzione, che conferisce appunto al ministro della Giustizia -l’unico peraltro ad essere menzionato nella stessa Costituzione fra tutti i colleghi di governo- la promozione dell’azione disciplinare, senza alcuna condizione. in modo secco, assoluto. “Il ministro della Giustizia – dice il secondo comma di quell’articolo – ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare”, appunto.

Le sacrali – ripeto – autonomia e indipendenza della magistratura restano tutelate dalla sede in cui si svolge l’azione promossa dal Guardasigilli: il Consiglio Superiore, dove non a caso le assoluzioni sommergono le condanne. Di che cosa dunque hanno paura questi somari che, ripeto, non meriterebbero di superare un esame universitario se vi si lasciassero sottoporre di nuovo?

Ha certamente contribuito a blindare il Guardasigilli, anche sulla strada della riforma della Giustizia contemplata dal programma di governo, quel “Nordio uomo giusto al posto giusto” appena confermato dalla premier Giorgia Meloni in una lunga intervista al Foglio. Ma anche quella “ragione” datagli dal presidente emerito della Corte Costituzionale Giuliano Amato, guarda caso, da New York: cioè dagli Stati Uniti sorpresi e danneggiati dai giudici della Corte milanese d’Appello.

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