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Vi racconto il ruolo di Craxi nell’accordo di modificazione del Concordato

Cosa si è detto, durante una giornata di studi a Roma, sul contributo di Bettino Craxi e di Giovanni Paolo II all'accordo di modificazione del Concordato

Il volto stilizzato di Bettino Craxi, che è il logo della Fondazione a lui dedicata, campeggia sulle pareti della sala di Palazzo Borromeo a Roma, sede dell’Ambasciata italiana presso la Santa Sede, dove si svolge un’intera giornata di studi per l’avvicinarsi del 40° anniversario dalla firma dell’Accordo di modificazione del Concordato, che sancì l’adeguamento dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica ai principi della Costituzione. Il Concordato del 1984 regola oggi i rapporti bilaterali tra Stato e Chiesa e ha aperto la strada a una serie di intese anche con confessioni diverse da quella cattolica.

Ricco il parterre di storici,  studiosi, autorità, protagonisti di quel Concordato che ebbe al centro le figure del presidente del Consiglio dei ministri Bettino Craxi, il primo premier socialista e Giovanni Paolo II, Karol Wojtyla, il Papa polacco. Non solo al Concordato ma anche alle figure di chi lo fece va il pensiero del presidente Sergio Mattarella nel suo messaggio alla Fondazione Craxi e all’Ambasciata italiana presso la Santa Sede, che con il direttore della Fondazione Nicola Carnovale e l’ambasciatore Francesco Di Nitto hanno organizzato l’evento introdotto dalla presidente della Fondazione Craxi, Margherita Boniver.

Scrive il Capo dello Stato: “A quarant’anni dall’Accordo modificativo del Concordato è compito prezioso tornare sulle ragioni che ne hanno propiziato la conclusione e sulle figure che si adoperarono per raggiungere quell’importante traguardo. È anche importante trarre un bilancio dell’applicazione dell’Accordo e, volgendo lo sguardo al futuro, riflettere sulle sue potenzialità quale vettore di ulteriore sviluppo del rapporto speciale tra la Santa Sede e l’Italia”. Osserva Mattarella: “Grazie alla rinuncia a interessi particolari e nella consapevolezza della dimensione storica della revisione concordataria, le relazioni tra le due sponde del Tevere sono state impostate su basi nuove, meglio rispondenti ai principi della Costituzione repubblicana, al rinnovato quadro post-conciliare e al comune impegno a promuovere il bene del Paese e la dignità di ogni essere umano”.

Prosegue il Capo dello Stato: “L’Accordo-quadro del 1984 ha anche aperto la strada alle intese successivamente concluse dallo Stato con altre confessioni, favorendo il riconoscimento del pluralismo religioso che è oggi proprio della società italiana”.

Alla conclusione dei lavori, Stefania Craxi, figlia dello statista socialista, senatrice di Forza Italia, presidente della commissione Esteri e Difesa, dopo così tanti e significativi riconoscimenti a una delle più grandi riforme del padre, ancora faro guida e modello nei rapporti tra Stato e Chiesa, con quelli che Craxi definì “accordi di libertà”, si dice “rafforzata nella convinzione che la storia sarà riscritta bene”.

Accanto a lei ci sono per la Santa Sede il Segretario di Stato, Vincenzo Parolin, per il governo il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, il Sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, il giudice della Corte Costituzionale Antonella Sciarrone Alibrandi. Intervengono anche il presidente della commissione Esteri della Camera Giulio Tremonti ovvero colui che con l’8 per mille si occupò della parte finanziaria del Concordato.

Tremonti cui il premier Craxi disse sbrigativo: “Non mi mettere contro i preti”. Una battuta che rivelava tutta la consapevolezza di quel premier laico ma con un suo credo religioso (“Si fece anche chierichetto”, ricorda Stefania) dell’importanza del ruolo che la Chiesa ha nella coesione sociale. È Gennaro Acquaviva, presidente della Fondazione Socialismo, ex capo di Gabinetto del premier socialista, un cattolico proveniente dalle Acli, a dare altri ricordi molto vivi sul perché Craxi riuscì laddove altri premier come Giulio Andreotti traccheggiarono, forse perché ostacolati proprio dal fatto che erano della Dc. “Craxi che aveva già polemizzato nell’ ’80 con Wojtyla, rimproverandogli di vedere le cose italiane con “gli occhiali da polacco”, si presentò in stivaletti, si sedette prima del Papa”, sorride Acquaviva. Che prosegue: “Io ero dietro la porta, ma quando uscirono vidi Bettino molto contento. Capii che erano diventati amici, ecco, io penso che anche questo rapporto favorì la storica intesa, insueme al fatto che Craxi aveva una grande tendenza a decidere, a mettere insieme le forze e energie giuste e anche una forte propensione a ragionare in modo spirituale. Questo noi che ci abbiamo lavorato insieme lo sappiamo bene, contro tutta la violenta falsificazione di Tangentopoli scagliata contro di lui”.

“Craxi – ricorda Carnovale – da giovane voleva farsi prete, poi scelse per il bene del Paese la politica. Il suo senso laico ma anche spirituale è testimoniato anche dalla sua volontà di essere sepolto in  Tunisia, in un cimitero cristiano di fronte a quello musulmano”.

“Penso che quando Bettino Craxi firmò nel 1984 la revisione del Concordato fra Stato e Chiesa pensasse di dare la libertà a chi era credente e quindi credo che abbia fatto bene all’Italia, permettendo ai fedeli, compreso il sottoscritto, di poter professare la propria fede in uno Stato laico. Fece un’opera molto positiva”, sottolinea Tajani. “Quell’accordo firmato da un premier socialista – aggiunge il ministro degli Esteri – dimostrò che nel nostro Paese c’ è una separazione tra lo Stato e la Chiesa. Credo quindi che Craxi, che non era solo socialista, ma anche un buon italiano, si rendeva conto che espungere dalla realtà italiana il cristianesimo sarebbe stata una violenza antinazionale”.

La Craxi osserva: “Stato laico non può significare il disconoscimento dei valori religiosi. Non si può non riconoscere la forza della dimensione sociale della religione, la quale non è un fenomeno residuale”. Conclude la presidente della commissione Esteri e Difesa del Senato: “Oggi è un frangente temporale difficile su più versanti, ci sono dinamiche internazionali scosse dall’imprevedibilità, serve più che mai tenere il filo di questo dialogo Stato-Chiesa e mettere da parte una mentalità laicista che vuole ridurre la presenza della religione negli spazi pubblici”.

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