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Salvini

Che cosa si borbotta in Forza Italia di Berlusconi su Meloni

Le reazioni di Lega e Forza Italia alle dichiarazioni programmatiche di Giorgia Meloni in Parlamento. La nota di Paola Sacchi

 

Giorgia Meloni, nel giorno del voto di fiducia alla Camera, che precede quello di oggi al Senato, giornata conclusa ieri con un colloquio telefonico con Biden che si è congratulato con lei, ringrazia i leader della Lega e di Forza Italia, gli altri due azionisti del centrodestra. Ma non ne pronuncia i nomi. Sicuramente non ce n’è bisogno perché i due vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani sono proprio lì, seduti accanto a lei. Ma l’assenza nel suo discorso di un altro nome non può non essere notata: Silvio Berlusconi, ovvero il leader di FI, di cui Tajani, ministro degli Esteri, è vice, ovvero l’ex quattro volte premier, fondatore di quel centrodestra che stavolta è stata la presidente di FdI a trainare alla vittoria.

Il convitato di pietra diventa il Cav a Montecitorio, non nominato nel discorso, interrotto da tantissimi applausi. Ma proprio quello di Berlusconi è oggi il discorso più atteso al Senato. Alla guida di FI, da lui fondata, che poi è fondamentalmente lui stesso, come il risultato elettorale ha dimostrato con quell’8,4 per cento insperato, ottenuto soprattutto dalla massiccia campagna elettorale fatta dal “gran comunicatore” su TV e social, compreso il giovanile TikTok, Berlusconi, non nominato, nonostante il passaggio di premiership, resta comunque sulla scena. Meloni ne è al centro, ma il Cav è ancora sul palcoscenico.

Forse non è stato nominato per via delle frasi decontestualizzate e strumentalizzate sulla presunta ripresa dei contatti con Putin, in un audio che ha fatto fuoriuscire parti del suo discorso ai deputati? Forse quel nome è diventato troppo ingombrante per il pieno accreditamento del nuovo premier, il primo donna, sull’asse euro-atlantico? Ipotesi troppo maliziose? Resta il fatto che il nome non pronunciato lo fa Giorgio Mulè, neovicepresidente della Camera, dai banchi di FI, ex sottosegretario alla Difesa, uno degli uomini azzurri più vicini al Cav, ex direttore di testate Mediaset e un importante curriculum a Panorama, allora primo news magazine italiano, del Gruppo Mondadori, prima come vicedirettore esecutivo di Carlo Rossella, poi lui stesso direttore.

Mulè, considerato da sempre di casa a Arcore, si fa portavoce dell’orgoglio azzurro, rivendica “la visione attualissima del presidente Berlusconi”. Assicura al premier “lealtà cristallina” da parte di FI, ma sprona Meloni a osare, ripetendo tre volte l’invito “osi, osi, osi” per “fare le riforme”. Parole da cui traspare un incitamento a una maggiore nettezza di visione alternativa alla sinistra in un discorso che lo stesso Berlusconi in una nota in serata definisce “assai pregevole”, ma probabilmente ritenuto ancora un po’ avvolto dall’alone del lascito di Mario Draghi. Con il progressivo sbilanciamento a sinistra di quello che era nato invece come l’esecutivo di tutti, poi quasi tutti.

Berlusconi riconosce al “Presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel suo assai pregevole intervento programmatico” di aver “individuato le priorità del Paese, tracciato una rotta chiara, nel solco del lavoro fatto fino ad oggi dal centrodestra”. Le dà atto, il Cav, di aver detto “parole definitive e totalmente condivisibili sui diritti, sulle libertà, sulla necessità di abbassare le tasse e di promuovere una pace fiscale, con l’impegno ad affrontare oggi le grandi emergenze a partire dalla necessità di abbassare i costi dell’energia per famiglie e imprese, riprendendo una politica energetica non più condizionata dal ‘partito dei no’ e dall’ambientalismo ideologico”. Assicura che “Forza Italia darà un contributo qualificato, serio e leale, con tutte le sue idee e le sue migliori energie perché il nuovo governo di centrodestra, il primo guidato da una donna, abbia la forza di affrontare i grandi problemi del Paese e disegnare l’Italia del futuro”.

Ma le stesse parole di apprezzamento a Meloni suonano contemporaneamente come pungolo e di riconoscimento a sé stesso. Berlusconi mette, di fatto, il suo marchio sul contributo dato perché il premier giungesse a quelle “definitive parole” sull’abbassamento della pressione fiscale. Il tema bandiera della visione liberale berlusconiana accanto a quello anti-giustizialista. E su questo, pur avendo il merito di aver portato al governo un ministro del calibro garantista di Carlo Nordio, pur sottolineando la necessità della parità tra accusa e difesa, pur denunciando i “troppi suicidi in carcere”, Meloni si sofferma con maggiore nettezza sulla “certezza della pena”. Nel suo discorso non si parla della altrettanto urgente necessità di porre definitivamente fine al sistema trentennale della gogna mediatico- giudiziaria, con “condanne” anche solo per un avviso di garanzia. Il premier sottolinea, comunque, la necessità di porre fine al sistema delle correnti nel Csm.

C’è poi il capitolo dei rapporti con la Lega. Il tema Autonomia (“Autonomie regionali differenziate”, cita, il premier) così centrale per Via Bellerio viene affrontato in una misura più ridotta rispetto allo spazio dedicato al Presidenzialismo. Critico Umberto Bossi: ”Il programma della Meloni vale per tre governi. È un programma lungo, c’è tanta carne al fuoco e nel suo intervento ha anche sfiorato il tema dell’autonomia differenziata”. Il fondatore della Lega e ora del “Comitato per il Nord” ricorda che il nuovo governo ha quindi “un grande impegno e con i ministeri di Giorgetti e di Calderoli, la Lega Salvini Premier ha un compito centrale”.  Perché,  “rifiutare l’Autonomia a Veneto e a Lombardia è cattiveria e miopia politica”.

Quanto al Presidenzialismo, ricorda Stefania Craxi (FI), presidente uscente della commissione Esteri del Senato, che “mio padre Bettino lanciò la Grande Riforma a fine anni 70”, perché, come disse Craxi, il popolo potesse trovare un modo di incidere direttamente sui processi decisionali. La senatrice azzurra dà subito atto a Meloni dell’ asse euro-atlantico. Sulla battaglia contro l’immigrazione clandestina, Meloni, ribadendo il principio del dovere dell’accoglienza per i profughi che scappano dalle guerre, rilancia la sua proposta di bloccare le uscite dell’immigrazione clandestina in partenza, con accordi con i Paesi di provenienza e di un piano per aiutare l’Africa perché gli immigrati non siano più costretti a lasciare i propri Paesi. Non cita i decreti sicurezza del ministro dell’Interno Salvini, ora alle Infrastrutture e Mobilità sostenibili, che l’altro giorno ha rimarcato il fatto che Infrastrutture hanno competenza sui porti.

Salvini definisce “bellissimo il discorso di Giorgia”. Mentre riscontra “musi lunghi a sinistra”. Il vicepremier leghista apprezza che siano stati “ribaditi impegni su tasse, pensioni, lavoro, sicurezza, autonomia e riforme” E annuncia: “Sbloccare cantieri e opere pubbliche ferme e attese da anni, creando lavoro e ricchezza, sarà il mio impegno giorno e notte”. Ma Salvini tiene anche a rimarcare l’impronta da lui impressa al Viminale, dove ora siede il suo ex capo di gabinetto, il prefetto Matteo Piantedosi, considerato in quota Lega. E ne elogia subito l’esordio: “Bene l’intervento del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi a proposito di due ong: come promesso, questo governo intende far rispettare regole e confini”. I partner di Meloni assicurano che il governo durerà cinque anni. Ma, come è naturale che sia in politica, piantano subito i paletti per veder riconosciuto il loro ruolo essenziale per la tenuta dell’esecutivo politico “espressione della volontà popolare”, rimarca Meloni. E oggi riflettori puntati su Berlusconi.

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