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Salvini

Tutte le baruffe (non solo) in Forza Italia

Cosa succede nel centrodestra e fra i partiti che sostengono il governo. La nota di Paola Sacchi

Silvio Berlusconi accusato di “leso atlantismo”, come ha scritto ieri il direttore del Giornale Augusto Minzolini, dagli stessi esponenti dell’ex Pci-Pds-Ds che stanno nel Pd (con gli eredi della sinistra Dc), “descritto dai giornaloni come uno che giustifica Putin”, è qualcosa che non torna con la storia. Intanto, perché gli ex Pci, come ha detto Berlusconi a Napoli ,”fanno benissimo a essere ora atlantici, ma non sempre è stato così: fecero opposizione feroce a Craxi sugli euromissili”. E ora, ha scritto sempre Minzolini, quelli del Pd che vengono dalla sinistra Dc o da altre aree “sembrano dimenticare la lezione di Moro, Craxi e Andreotti, che furono sempre atlantici, ma fecero anche una loro politica”.

La figlia di Craxi, senatrice di FI Stefania, al suo discorso d’esordio con la platea azzurra da neo-presidente della commissione Esteri del Senato – che aveva subito fissato la linea sull’asse atlantico, richiamando però a “un atlantismo della ragione” e “senza subalternità”, nel solco del padre – ha definito le parole di Berlusconi “di grande concretezza e grande realismo”. Ha ribadito, la Craxi, come il Cavaliere, la netta difesa della libertà dell’Ucraina, “il Paese aggredito”, e che la pace sarà determinata dalla volontà della stessa Ucraina, perché deve valere “l’autodeterminazione dei popoli”, ma anche che quella soluzione diplomatica non la si otterrà “senza portare Putin al tavolo”.

È lo scenario che si presenta a tre mesi dell’aggressione russa all’Ucraina, dove l’invio di armi è stato decisivo finora se non altro per iniziare a parlare di una soluzione diplomatica, pur ancora difficilissima. Eppure, certa narrazione mediatica sembra tutta incentrata su analisi del sangue a Berlusconi, che in Italia rappresenta il Ppe, sull’atlantismo, anche sulla base di polemiche interne a Forza Italia, che non essendo monolitica come la famosa “ditta” di sinistra, ci sono sempre state, e sulla base di analisi sul tasso di un presunto asservimento di FI al leader leghista Matteo Salvini. Che si è complimentato con Berlusconi, in “un’affettuosa telefonata” , e ieri ha detto, riferendosi evidentemente alle critiche del ministro (FI) Maria Stella Gelmimi sulle posizioni sull’Ucraina, che “prima di criticare Berlusconi meglio contare fino a cinque, Berlusconi fa la storia”.

Gelmini ha prontamente replicato ricordando a Salvini che non è ancora del suo partito. Ma polemica anche tra Gelmini e lo stesso coordinatore nazionale azzurro, numero due di FI, Antonio Tajani, che aveva fatto un appello alla “responsabilità”. Via social il ministro per gli Affari regionali gli ha replicato: “Caro Antonio, responsabile sì, ma a schiena dritta”. Tajani, cofondatore della stessa Forza Italia, a stretto giro di posta: “Schiena dritta?! Al governo, in parlamento e nelle piazze per rispettare la volontà dei cittadini e dei nostro elettori. Io sempre a viso aperto!”. Tajani, dal ’94 accanto a Berlusconi, replica con orgoglio, anche lui via social.

Si infiamma, insomma, la polemica azzurra, ma non è certo la prima che in quasi trent’anni si manifesta nel partito del Cav, “proprio perché liberale, a differenza di altri, forse troppo libero”, ebbe a ironizzare una volta un esponente di peso, sempre rimasto accanto al leader azzurro. E, comunque, la polemica interna, divisioni e sfumature tra il partito e la cosiddetta ala “governista”, dove però si registra il silenzio di Mara Carfagna, elogiata da Berlusconi sul palco, e di Renato Brunetta – polemiche che nel Pd si cerca, invece, di attutire con l’esistenza di un vero labirinto di correnti, cosa comunque non proprio rassicurante per la stabilità di un partito – non possono essere la cifra politica dell’evento di Napoli. E il discorso di Berlusconi. Che ha assicurato “leale sostegno al governo Draghi, da noi voluto per primi, fino alla fine della legislatura”.

Enrico Letta, leader Pd, tende a accreditare il primato della “responsabilità” al suo partito nell’esecutivo. Ma Salvini lo invita a non mettere in campo “temi di bandiera, divisivi come il ddl Zan” e a guardare al suo “campo largo”, dove i Cinque Stelle hanno ingaggiato l’opposizione con un emendamento anche al termovalorizzatore di Roma, termovalorizzatore annunciato dallo stesso sindaco (Pd) Roberto Gualtieri.

Evidente che più si avvicinano le elezioni politiche del 2023 più la tensione cresce nell’esecutivo, passando anche attraverso la questione “balneari”, ddl Concorrenza. Evidenti i problemi anche per il centrodestra volto a ricomporre la parte di governo e quella di opposizione di FdI di Giorgia Meloni. Però finora nel primo un po’ faticoso vertice a Arcore almeno sul no al ritorno al proporzionale il centrodestra un’unità sembra l’abbia trovata. Mentre il proporzionale sarebbe per il Pd decisivo per sganciarsi dalla morsa pentastellata. Berlusconi anche a Napoli ha ribadito che FI è il perno del centrodestra, senza il quale non si vince: “Noi siamo il centrodestra, sennò è destra destra”.

Ma, intanto, da qui al 12 giugno un altro fronte con maggioranze variabili è all’orizzonte: quello sui referendum giustizia, di Lega e Radicali. Berlusconi ha fatto un netto appello a andare a votare sì, Salvini ha denunciato “la lobby del silenzio”. E proprio nello scorso weekend Matteo Renzi, che ha accettato l’invito di Armando Siri alla scuola di formazione politica della Lega, pur distinguendo “io sono di sinistra”, intervistato dal direttore del TG2, Gennaro Sangiuliano, ha ribadito che lui voterà sì, pur temendo per il quorum. Salvini aveva detto nei giorni scorsi: “Non sono complottista, ma è la prima volta che si vota solo di domenica”. Anche nel Pd non tutti seguono la propensione per il no di Letta, che ha comunque lasciato libertà di coscienza. Il costituzionalista dem Stefano Ceccanti voterà tre sì, la deputata Enza Bruno Bossio cinque sì come il sindaco di Bergamo Giorgio Gori. Insomma, non è solo l’atlantismo ma anche il garantismo a attraversare gli schieramenti e il loro futuro.

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