Per lanciare il “messaggio delicato” preannunciato ieri Beppe Grillo non è neppure sceso dalla lucente e lussuosa automobile nella quale si è fatto riprendere dalla telecamera all’arrivo davanti ad una delle sue case. Egli è’ rimasto seduto al posto di guida, ha calato elettricamente il vetro del finestrino e ha parlato dichiarandosi consapevole di avere “perduto” la partita con Giuseppe Conte, che chiama ormai solo Oz, togliendogli anche la qualifica di mago.
Al tempo stesso, tuttavia, rovesciando il rapporto reclamato dall’ex presidente del Consiglio nel momento in cui aveva annunciato il suo licenziamento da consulente a contratto per la comunicazione, Grillo ha licenziato Conte dal MoVimento 5 Stelle. Che il fondatore ritiene tanto di sua proprietà, con tutte le conseguenze che potranno derivarne sul piano giudiziario, da invitare, sfidare e quant’altro Conte a farsene uno per conto suo. Che evidentemente dovrà chiamare in altro modo.
Dalle nuove votazioni digitali, che pure ha reclamato come garante dopo quelle che hanno abolito la sua carica e il suo ruolo, e che Conte ha predisposto dal 5 all’8 dicembre, Grillo non si aspetta niente. Non ha neppure dato l’indicazione preannunciata nei giorni scorsi di non votare per fare mancare la partecipazione necessaria a renderne valido il risultato. Per lui già nell’altro, primo turno, nonostante il “quorum” vantato da Conte in persona davanti all’assemblea costituente chiamata “Nova”, aveva votato meno della metà più uno degli iscritti. Peraltro ridotti da 160 mila a meno a 81 mila in cinque mesi con una epurazione camuffata, secondo le evidenti convinzioni del fondatore, da verifica della loro concreta operatività.
Grillo ha invitato a questo punto i suoi amici a regolarsi come vorranno fra il 5 e l’8 dicembre, Potranno mettersi davanti al computer o al telefonino per votare o “andare per funghi”. E Conte potrà anche trastullarsi e cantare vittoria con i risultati. Ma non per questo il movimento 5 Stelle gli apparterrà. Esso continuerà ad appartenere invece a Grillo, che lo trasformerà, aggiornerà e quant’altro come un rifiuto già orgogliosamente da lui definito “commestibile”.
A quel punto al fondatore non interesserà più verificare di quanto ancora calare il patrimonio elettorale di Conte, ridottosi già di più della metà rispetto a quello ereditato assumendone la presidenza, una volta allontanato da Palazzo Chigi per essere sostituito da Mario Draghi.