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Giorgetti

Beppe Grillo, un marziano a Roma?

Come il marziano a Roma di Flaiano, Beppe Grillo è sceso nella capitale passando inosservato. I Graffi di Damato.

Come al mitico marziano a Roma raccontato nel 1954 da Ennio Flaiano per la reciproca assuefazione fra l’alieno e la città, dove alla fine lui circolava nella indifferenza generale, senza stupire nessuno e stupirsi di niente, così è appena accaduto quasi 70 anni dopo a Beppe Grillo. Che è sceso nella Capitale dalla sua Genova – se non dalle cinque stelle con le quali ancora si chiama il movimento politico da lui fondato nel 2009 – passando inosservato. Nessuno lo ha fermato per strada, nessun fotografo ha sprecato per lui uno scatto, neppure al ristorante dove Giuseppe Conte gli ha offerto – come al solito – il pranzo, o la cena, prima o dopo averlo fatto incontrare nella sede del movimento, a due passi da Montecitorio, coi “volenterosi” chiamati uno per uno all’appuntamento.

IL SOGGIORNO ROMANO DI GRILLO RACCONTATO DALL’UNITÀ

La cronaca minuziosa di questa surreale giornata romana di un Grillo clandestino nella doppia veste di garante e di consulente retribuito della comunicazione del movimento è stata offerta ai lettori dell’Unità – appena rinata coll’editore Alfredo Romeo e il direttore Piero Sansonetti, e meritevole perciò di tutti gli auguri dovuti a chi nasce o rinasce nel mondo difficile dei giornali – da un informatissimo e impertinente Giulio Seminara. Che debbo naturalmente ringraziare di avermi così rivelato le condizioni, il clima e altro ancora in cui si trova quel quasi partito, ormai, con tanto di iscrizione all’omologa anagrafe necessaria per vivere anche di quel poco o tanto di finanziamento pubblico sopravvissuto alla sua formale abolizione.

Tutto notoriamente evolve e si trasforma, secondo gli antichi insegnamenti di Eraclito, e non necessariamente in peggio come ritengono i pessimisti. Fra i quali si distinse nel 1973 l’allora segretario uscente della Dc Arnaldo Forlani parlando al congresso del suo partito degli accordi appena presi fra tutte, o quasi, le correnti negli uffici dell’allora presidente del Senato Amintore Fanfani per detronizzarlo, nonostante fosse arrivato al vertice dello scudo crociato nel 1969 come suo delfino. “Il diavolo – disse allora Forlani, concludendo un raffinato ragionamento filosofico – è colui che si trasforma”. E girò la mano destra su se stessa.

Ma torniamo alla cronaca di Seminara e ai giorni nostri. “Una fonte interna dice all’Unità – si legge ad un certo punto – che l’incontro di ieri serviva solo “per salutarci con Beppe, lasciarlo parlare un po’ di quello che gli pare per poi tornare a fare come sempre”, cioè senza di lui. Nessuna critica dell’Elevato per il deludente esito delle elezioni amministrative? “Ma cosa si deve dire? Le elezioni locali per il Movimento andavano spesso male anche quando c’era ancora lui”. Ma neanche un consiglio sulla comunicazione? “La nostra comunicazione funziona bene, con Conte siamo al 16%, la sua popolarità è in crescita e noi dobbiamo continuare così”. Anche della consulenza di Grillo, quindi, potrebbe fare a meno in via Campo Marzio.

Non so se continuando ad usare la stessa “fonte” o cambiandola, Seminara racconta poi di “un giovane parlamentare” che così “circoscrive con fare annoiato il ruolo di Beppe: “è il nostro garante e basta. Lo rivediamo con piacere ma la leadership politica è di Conte e tutti siamo con lui”. Forse soddisfatti anche che all’avvocato, professore, ex presidente del Consiglio e ora solo presidente del Movimento, con la maiuscola, manchino i problemi addirittura di Giorgia Meloni. Che “talvolta – riferisce il cronista dell’Unità, non so se in proprio o sempre riportando il pensiero e le parole di altri dell’uditorio di Grillo – si deve guardare dalle iniziative spontanee dei “vecchi” e fieri Fabio Rampelli e Ignazio La Russa”.

COME È CAMBIATO IL MOVIMENTO 5 STELLE

Sono passati ormai i tempi in cui sotto le 5 stelle uno valeva uno. E poteva anche sostenere col rispetto obbligato di tutti gli altri, come al teatro in un qualsiasi spettacolo di Grillo, che la terra sia piatta e neppure giri attorno al sole, ma sia il sole a girare attorno ad essa. Questi sono tempi invece in cui anche ex generali, colonnelli, capitani, tenenti, brigadieri e marescialli impossibilitati a tornare in Parlamento per ricandidatura negata o impedita o mancanza di voti, debbono pazientemente attendere o sperare che Conte procuri loro qualche incarico salva-vita retribuibile da quel che resta dei gruppi parlamentari pentastellati. Dove peraltro, anche per fronteggiare questa specie di soccorso agli ex però meritevoli di attenzione, le trattenute ai deputati e ai senatori sono salite da 1000 a 2000 euro mensili.

Del passaggio dei grillini nella stanza dei bottoni rimarranno ormai solo i sogni di sconfitta della povertà, i residui decrescenti del cosiddetto reddito di cittadinanza e la riduzione dei seggi parlamentari non tradottasi, curiosamente, in quella tanto promessa delle spese per il funzionamento delle Camere. Che sono soltanto meno rappresentative di prima, non meno care. Camere, infine, dove i ranghi ridotti sia della maggioranza sia delle opposizioni hanno aumentato, anziché ridurre, le difficoltà dei percorsi parlamentari delle leggi, sempre più prevalentemente costituite peraltro da conversioni dei decreti legge d’immediata applicazione adottati dal governo in un sistema infine diventato di fatto monocamerale. Generalmente ad una Camera è infatti impedito per ragioni sia di tempo sia di opportunità politica avvertita dalla maggioranza, e tollerata dalle opposizioni, di cambiare ciò che ha votato l’altra.

Questo è l’effetto o il bilancio, come preferite, dell’alluvione pentastellata della scorsa legislatura, per stare alle immagini dell’attualità romagnola, senza però la consolazione di ciò di cui si stanno dimostrando capaci la popolazione di quella terra generosa e ottimista e i volontari accorsi da vicino e da lontano.

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