Oltre all’ovazione iniziale, all’arrivo sul palco reale del teatro milanese, nel posto d’onore riservato al presidente della Repubblica quando vi accorre, la senatrice giustamente a vita Liliana Segre, questa nostra meravigliosa comune madre, nonna, zia, com’è riuscito ad essere martedì nel suo genere Guido Cecchettin agli occhi e ai cuori degli italiani dando l’addio alla sua Giulia assassinata da chi la voleva sciaguratamente tutta per sé; oltre all’ovazione iniziale, dicevo, Liliana Segre si è guadagnata buona parte di quei tredici, lunghi minuti di applausi alla fine della rappresentazione del Don Carlo di Giuseppe Verdi.
Preceduta nei giorni scorsi a Roma da una manifestazione filoebraica riparatrice di tante altre svoltesi in Italia, ma anche fuori, di un sostanziale, rivoltante antisemitismo col pretesto di una solidarietà umana ai palestinesi, purtroppo vittime più dei terroristi di Hamas, i quali li usano come scudi umani, che dei militari e vertici israeliani provocati alla guerra, la ultranovantenne reduce dai campi nazisti di sterminio ha impersonato alla Scala l’impegno preso dalla civiltà occidentale, all’indomani della seconda guerra mondiale, che mai più sarebbe stato permesso ciò che era stati consentito a Hitler, fra razzismo, vigliaccheria e calcoli sbagliati di vittoria.
Gli applausi alla Scala, al netto di quelle miserabili e strumentali grida contro il fascismo dirette in realtà alla persona o alla figura del presidente del Senato Ignazio La Russa, che è la seconda carica dello Stato, portano bene a chi li riceve e alle cause che rappresentano, qualche volta persino malvolentieri. Come accadde a Sergio Mattarella alla vigilia della sua non voluta, non richiesta, non predisposta rielezione al Quirinale per un nuovo, intero mandato presidenziale: non giusto per trovare il tempo e l’occasione giusta per sostituirlo prematuramente. Com’era successo per e con Giorgio Napolitano.
Mattarella- di cui con poco garbo Fedele Confalonieri ha detto ieri sera, fra gli spettatori del Don Carlo, che non sentiva la mancanza- reagì a quegli applausi incoraggianti della Scala per il bis con lo stesso fastidio mostrato nelle piazze e nelle udienze al Quirinale tradottesi precedentemente in auspici per la sua rielezione, pur essendovi ancora fra i candidati possibili alla sua successione l’ottimo Mario Draghi. Che ora il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, stando a qualche retroscena giornalistico, vorrebbe portare l’anno prossimo al vertice della nuova Commissione dell’Unione Europea, a Bruxelles. Ma poi, tornando a Mattarella, prevalsero le attese popolari sui giochi palazzo.
Mi spiace che a guastare, diciamo così, la festa della Scala a Liliana Segre si sia messo addirittura Il Foglio con una vignetta di prima pagina in cui la donna più autorevole, prestigiosa e lucida del Senato passa per una svanita che confonde fra voci, musiche e quant’altro. Ah, Giuliano, in che mani hai lasciato il tuo giornale.
La vignetta di Makkox sul Foglio di oggi