Centinaia di migliaia invadono le strade, almeno secondo il computo non sempre attendibile di alcuni giornali, che ormai da diversi giorni riempiono le loro pagine sullo stesso tema, il femminicidio. Lo stesso fanno siti, social network, talk show televisivi e telegiornali, le radio. La Stampa di Torino (lo è ancora?) titola “Che bel rumore”. Finalmente, tardivamente, dopo l’assassinio brutale di Giulia le coscienze si sono collettivamente e trasversalmente svegliate. E possiamo dire tutti insieme “Mai più”, “Basta!”: espressioni che sappiamo essere ingannevoli, illusorie, auto-ingannatorie, poiché non sconfiggeremo mai del tutto questa piaga sociale, come qualunque altra. Morti sul lavoro o morti sulla strada, guerre, violenza fanno parte ineliminabile della storia umana, ma certamente non per questo dobbiamo smettere di lottare per debellarle, rassegnarci non è giusto, non è possibile.
Colpisce, di fronte a tanto clamore, il suo carattere improvviso e imprevisto. Le mobilitazioni del Me Too e del Non una di meno risalgono ormai a tanti anni fa (2006 e 2016, rispettivamente), ma come mai soltanto adesso, soltanto per Giulia, la partecipazione è così massiva e corale? Rimarrà un mistero, perché i processi mediali e sociali, come dicono anche alcuni studiosi, non sono in realtà prevedibili, si possono analizzare solo a posteriori. Ma colpisce anche e soprattutto, di fronte a questo rumore, Il silenzio che continua a oscurare altre problematiche non meno drammatiche o, addirittura, alcuni aspetti di questa, della violenza contro le donne. C’è per esempio chi combatte nel silenzio e nel nascondimento, in parte volontario e necessario, come don Aldo Buonaiuto della comunità Giovanni XXIII, successore di Don Oreste Benzi, che si occupa di donne, ragazze, spesso purtroppo bambine vittime della tratta. Un’attività di grande delicatezza, riservatezza e pericolosità: le mafie che gestiscono questo traffico in mondo sono particolarmente violente e le vittime spesso portano terribili segni, fisici e psichici, delle angherie cui sono state sottoposte.
Don Aldo, per contrastare questo fenomeno, chiede una legge che sanzioni chi si avvale delle prestazioni sessuali, in modo da corresponsabilizzare i clienti e disincentivare la domanda. Si chiama “modello nordico” perché lo hanno adottato Stati come Svezia e Norvegia, che solitamente definiamo “avanzati”. Ieri è andato a visitarlo Alfredo Mantovano, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Un incontro di profilo basso, che però ha portato a Fabriano l’impegno del governo. Lo stesso impegno che – per parlare di altri problemi gravi, dolorosi e dimenticati – sta cercando di mettere in campo contro le droghe: anche, a proposito di rumore, con uno spot in cui un ragazzino dice a un altro di poco più grande che farsi le canne è pericoloso e che dalle droghe cosiddette leggere si può passare a quelle pesanti.
Uno spot naturalmente ingenuo, semplice, se vogliamo semplificatorio, come debbono essere questi messaggi ristretti in pochi secondi, ma che dice una cosa oggettivamente vera. Naturalmente non c’è nessun automatismo tra canna e altre sostanze, però coloro che dipendono da quelle più pericolose hanno quasi sempre cominciato con hashish e marijuana. Solo che dirlo non è di tendenza, non è trendy, non è mainstream e quindi chi prova a farlo viene sfottuto, ridicolizzato, come è successo dopo la messa in onda della campagna di comunicazione pubblica. Poi forse un giorno le coscienze si risveglieranno improvvisamente e inopinatamente, all’ennesimo ragazzino o ragazzina ucciso, suicidato, morto (o causa di morte) per un incidente stradale o anche semplicemente sopravvissuto come un vegetale, come un rifiuto ai margini della società, nel bosco di Rogoredo, nei locali abbandonati di una delle tante Caivano d’Italia.
Allora, come è accaduto adesso per la morte di Giulia, si deciderà di cambiare, di svoltare, di prendere un’altra strada, quella della solidarietà. Che, quando non è solo a parole, è però una strada faticosa, che si inerpica in salita, facile stancarsi. Forse un giorno succederà.