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Germania Francia

Baviera, tutti gli effetti (anche sull’economia) della scoppola presa dalla Csu

Per il mondo economico e finanziario tedesco il voto bavarese offre solo conferme: la cornice politica entro la quale gli operatori devono muoversi non è più stabile come un tempo ed è probabile che la minore coesione del governo rallenti o stemperi investimenti e riforme ritenute necessarie. L'approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino

La scossa bavarese c’è stata ma non tale da mandare all’aria l’impalcatura di governo a Berlino. E neppure a Monaco il dopo voto sarà drammatico. La Csu ha preso una scoppola che ricorderà per molto tempo ma, al tempo dei sondaggi onnipresenti, se le stime preannunciano una china discendente verso il 30% e tu poi riesci a mantenerti sopra il 37, una boa per galleggiare la trovi sempre.

CHE COSA E’ EMERSO DAL VOTO IN BAVIERA

La politica trasformata in una questione di aspettative. Come quelle dei sovranisti, che entrano per la prima volta nel parlamentino regionale con una percentuale a due cifre ma scontano la presenza in Baviera di un movimento civico di estrazione borghese – gli Elettori liberi (Freie Wähler) – che già da dieci anni erode gradualmente il consenso dei cristiano-sociali: non rappresenta dunque una sorpresa, come nel 2008 quando si presentò per la prima volta in tutto il Land, ma in questa occasione ha trovato spazio e dimensione giusta per assorbire il diffuso malcontento, arginando lo sfondamento dei nazionalisti di Alternative für Deutschland.

LA SCONFITTA DELLA CSU NON E’ UNA DISFATTA

I 10 e passa punti percentuali in meno sono una pesante sconfitta per la Csu ma non ancora una disfatta totale, la danza sui decimali permetterà al governatore uscente Marcus Söder di restare alla guida della regione: basterà scaricare a Berlino, a Seehofer e Merkel, quello che in Germania chiamano lo Schwarzer Peter, la responsabilità del disastro. L’eterno partito bavarese è ancora al centro dei giochi, perno imprescindibile per qualsiasi equilibrio di governo locale, anche se c’è poco da stare allegri. Se si sommano i voti dei Liberi elettori e di Afd, oltre il 20% dei bavaresi ha scelto un’alternativa al suo quarantennio di potere assoluto quasi ininterrotto, profanando il motto del vecchio Franz Josef Strauss: mai concorrenti alla propria destra. Ora ce ne sono addirittura due: per la Csu, come commenta il quotidiano economico Handelsblatt, è comunque “la fine del potere egemonico nel Land più ricco del paese”.

LE SPINTE CENTRIFUGHE

Al di là dei capri espiatori da rintracciare a Berlino, la sconfitta pone una seria questione politica all’intera dirigenza della Csu (e, per proprietà transitiva, a quella della consorella nazionale Cdu): dare senso e ruolo a un partito di massa conservatore di ispirazione cristiana in una società che, al pari di tutte quelle occidentali, è investita da trasformazioni profonde, ineguali, che generano frammentazioni e spinte centrifughe. L’idea del centro come punto di gravità permanente, la sua esaltazione come luogo di mediazione per l’elaborazione di compromessi equilibrati sembra non reggere alla spinta egoistica e urlata degli interessi particolari. In fondo è la sfida che investe direttamente l’arte di governo della cancelliera, allergica a visioni strategiche e orientata ad amministrare i problemi con il metodo asettico (pragmatico) dello scienziato di chimica quantistica.

GLI EFFETTI SULLA GRANDE COALIZIONE

Il voto bavarese conferma la tendenza alla frammentazione che sta trasformando (e in parte minando) il sistema politico tedesco della Bundesrepublik, estesosi ai nuovi Länder dell’est dopo la riunificazione del 1990. Crescono partiti un tempo ritenuti piccoli (i Verdi, i liberali ma in certa misura anche la sinistra radicale e ora i sovranisti) e quindi naturali alleati-comparse dei due grandi partiti di massa, Cdu-Csu a destra, Spd a sinistra. Come al Bundestag, anche in Baviera ben sei partiti sono riusciti ad entrare in parlamento e in molti casi la Grosse Koalition, l’alleanza emergenziale tra Cdu-Csu e Spd, neppure basta più a garantire una qualche stabilità, anzi accelera la spinta alla multipolarità.

CHE COSA E’ SUCCESSO A SINISTRA

A sinistra il processo di erosione del partito di massa è iniziato prima, complice la crisi strutturale delle socialdemocrazie. L’Spd non è già oggi più il baricentro di eventuali coalizioni progressiste: i Verdi a livello nazionale (specie nel più avanzato e industrializzato sud) e la sinistra radicale della Linke nelle regioni dell’est l’affiancano e sempre più spesso la sopravanzano, risultando formazioni più capaci di intercettare i bisogni e le speranze degli elettori. Il partito che fu di Willy Brandt ed Helmut Schmidt (e di Gerhard Schröder) sconta anche una crisi di leadership sempre più profonda, ma in fondo anche essa è il prodotto di un gruppo che fatica a ritrovarsi nell’universo fluido dell’era digitale. Ieri l’Spd è scesa sotto la soglia del 10% e, sebbene la Baviera non sia tradizionalmente il Land sul quale misurare la sua vera consistenza, la discussione che si è già aperta in seno alla sua classe dirigente potrebbe riflettersi sugli equilibri di governo nazionale. E nel frattempo si attende la nuova, prossima prova elettorale in Assia fra due settimane.

LO SCENARIO ECONOMICO E FINANZIARIO

Per il mondo economico e finanziario tedesco il voto bavarese offre solo conferme: la cornice politica entro la quale gli operatori devono muoversi non è più stabile come un tempo ed è probabile che la minore coesione del governo rallenti o stemperi investimenti e riforme ritenute necessarie, dopo anni di immobilismo poggiato sulla buona congiuntura economica. L’economia tedesca resta forte e solida, nonostante i recenti timidi segnali di rallentamento registrati anche dal governo con il ridimensionamento delle previsioni di crescita, ma le tensioni internazionali sono tante, nuove crisi sempre dietro l’angolo (Brexit, debiti, guerre commerciali): l’unica per ora è dotarsi di un buon salvagente e imparare a navigare in mari agitati, divenuti sensibili a ogni piccola tempesta elettorale regionale.

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