Mi risulta che il governatore Fabio Panetta, che peraltro Giorgia Meloni tre anni fa avrebbe voluto sottrarre alla prestigiosa carriera nella Banca d’Italia per farne il ministro dell’Economia del suo primo governo, abba fatto diventare rovente in questi giorni il suo telefono. Ma più in uscita che in entrata, più per cercare di chiarire, precisare e quant’altro, non so sino a che punto riuscendovi, che per ribadire le osservazioni critiche dei suoi uffici al bilancio dello Stato. E, più in generale, alla politica economica del governo sino a trovarsi allineato, e persino offrire argomenti alle opposizioni tornate -se mai avevano smesso- a reclamare misure di lacrime e sangue per i “ricchi”. Con tutte le virgolette che meritano i detentori di stipendi persino di duemila euro al mese.
Le telefonate hanno raggiunto anche qualche direttore di giornale: a uno, in particolare, del quale non posso fare il nome per ragioni di riservatezza personale e professionale pur non di moda in questi tempi, cui il governatore ha promesso approfondimenti, se non ripensamenti o addirittura scuse, mostrandosi alla fine della conversazione meno sicuro, diciamo così, dei suoi rilievi.
Il ministro leghista dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il cui ciuffo frontale di capelli bianchi mi sembra cresciuto col governo Meloni sino a ricordarmi il compianto Aldo Moro, ha fatto seguire alla telefonata ricevuta da Panetta dichiarazioni alquanto polemiche come uomo di governo “massacrato” da “chi può farlo”, ha detto alludendo per primo -credo- proprio al governatore della Banca d’Italia per l’importanza o persino sacralità della sua carica.
La buonanima di Ugo La Malfa considerava gli uomini- tutti uomini- che si succedevano in via Nazionale al vertice della banca centrale inviolabili e inattaccabili. E fece un cazziatone dei suoi – memorabili a noi giornalisti che ne ricevevamo spesso, sino a sentirci dare dei “pennivendoli”- al figlio Giorgio quando ne lesse parole poco riverenti, secondo lui, per la Banca d’Italia. E’ stato lo stesso Giorgio a rivelarlo di recente in una intervista evocatrice del padre e della Repubblica -quella vera, non di carta- della quale era riuscito ad essere fra i protagonisti pur disponendo di un partito quasi di qualche decimale di voti. Che con la buonanima di Giovanni Spadolini precedette il Psi di Bettino Craxi nella scalata laica a Palazzo Chigi.







