Quando c’erano molti bambini, c’erano anche molti genitori, nonni e parenti ed era quindi naturale, o almeno inevitabile, che le reti famigliari si concentrassero attorno a loro, rendendo meno possibile e meno necessario l’intervento dello “Stato”, di un soggetto pubblico chiamato a sostituirsi agli affetti deputati per decidere il meglio da fare. Il caso della famiglia del bosco ci ha appassionato tanto perché rende questo cambiamento alla perfezione: lì, poi, la rete domestica si era isolata dal contesto sociale e pubblico in modo particolare, secondo qualcuno patologico,
Ora, il cambio di sesso a 13 anni, deciso dal giudice, assecondando un’esigenza della diretta interessata e riportata dalla sorella. Ma a quell’età si può essere pienamente consapevoli e titolati a una scelta così radicale, le cui conseguenze saranno comunque devastanti sul piano psicofisico (ce lo dice la scienza, non l’ideologia retrograda dei bigotti)? L’ex bambina ora ragazzino vive nella provincia spezzina e sarebbe stata la gemella a capire che la sorella stava diventando maschio, aiutando padre e madre a capirlo: ora il tribunale ha rettificato l’atto di nascita.
La transizione di genere burocratica si è conclusa dopo un percorso psicoterapico, le molto discusse terapie ormonali e la constatazione (qui lo Stato fa proprio il genitore) della “matura gestione del disagio sociale conseguente”: così, “nella convinzione che l’adolescente abbia maturato una piena consapevolezza” (uno Stato genitore è sempre indulgente verso il figlio) si è deciso di “ristabilire irreversibilmente uno stato di armonia tra soma e psiche” l’avverbio di modo, in particolare, mette i brividi. Immediata, scontata ma anche molto ragionevole sul piano logico la reazione di Pro-vita&Famiglia: “A 13 anni la legge italiana non considera un minore maturo per farsi un tatuaggio”. Però abbastanza per cambiare sesso.
A ben guardare, ce ne sono diverse di vicende che possono rientrare nella cornice dell’allentamento dei legami famigliari sul piano dell’impegno di cura e assistenza, con la complementare maggiore libertà individuale di scioglierli. Incluso l’omicidio del regista Rob Reiner per cui è stato arrestato il figlio Nick, che richiama la morte di Gene Hackman e della moglie, dei quali colpiva la solitudine in cui erano stati abbandonati anche rispetto ai figli e sui quali si è poi scoperta una lite testamentaria. Ma anche le eredità Baudo e Agnelli stanno creando non pochi problemi e polemiche.
Pro Vita probabilmente inorridirebbe, ma forse la soluzione sarebbe l’eutanasia. Della famiglia, proprio come istituzione. Toglierle onori e oneri, affidare in titolo i figli alla potestà statale, visto che i giudici, a valutare la prosa sopra quotata, sembrano così certi e consapevoli del bene e del male dei bambini. Decidano loro il meglio da subito, o dopo lo svezzamento o la maggiore età (quando ancora molti figli dipendono dai genitori come dei bambini). Così saremo ancor tutti più liberi da tutto, niente cura, assistenza, eredità, responsabilità, salvo contratti siglati tra i singoli privatamente.
La famiglia un tempo serviva allo Stato come nucleo sociale, gli forniva figli, bambini, futuro, tasse, soldati. Ora assolve poco a questo scopo e crea invece impicci, reclama diritti, pretende tutele costose. Se davvero occorre proliferare, tanto, ci sono sia i mezzi tecnici sia le donne disponibili, basta pagare. Potremmo scoprire che questo sistema per assicurarci i futuri lavoratori e contribuenti è persino più economico.




