La discussione politica sull’autonomia differenziata, ragionevolmente per non cadere nella rissa, deve indurre a documentarsi con i tempi necessari, anche solamente per la lettura del rapporto che il Comitato per la definizione dei Lep, livelli essenziali prestazioni ha prodotto. Esso già dimostra che lavoro complesso è stato necessario produrre per gradi iniziando a raccogliere i dati per l’inquadramento dei livelli essenziali prestazioni sulla base del sistema di unità istituzionali che sono ben 23 mila dotati di autonomia.
È infatti indispensabile considerare la pluralità delle amministrazioni alle quali deve essere assimilata l’uguaglianza delle prestazioni. Ed è subito emersa evidente l’asimmetria prestazionale e dovendo identificare i Lep come una specie di standard è una mancanza nelle amministrazioni che si deve assolutamente colmare. Unificare quindi il Paese per adeguarlo all’osservanza dell’art 120 della Costituzione, per cui l’eguaglianza dei diritti civili e sociali prevale sulla autonomia, comporta di stabilire quale è la cornice in cui siamo chiamati a rispondere. Tutti noi cittadini italiani.
Il lavoro compiuto dal comitato si è mosso sull’identificazione e sull’analisi dei settori per i possibili Lep valutando l’inclusione e l’esclusione, criteri per stabilire la quantificazione della spesa storica sostenuta e la domanda dei bisogni ottimali, sapendo che sarà necessario chiarire quanto è consentito di superare i limiti di spesa pubblica arrivando a determinare un numero di anni di programmazione e misurazione. Il lavoro di censimento e vaglio del comitato è stato eseguito con criteri pluralisti di riordino di tutta la legislazione e la decretazione adottata, anche per quantificare la legislazione non uniforme senza fermarsi al criterio formalista ma valutando anche decreti amministrativi vari, tenendo conto delle norme e partendo sempre in ogni caso dalla determinazione di dove sono stati sperimentati come la sanità (Lea), cercando di monitorare e studiare le diverse soluzioni alternative per applicare la determinazione dei livelli essenziali adottati su un arco di tempo pluriennale.
Il Rapporto illustra metodi e criteri, la nozione di Lep indotta dalla Corte Costituzionale e la misurabilità dei Lep, e la questione dominante è quella di indicare anche quelli che non hanno una misurabilità e gli obblighi dello Stato comunque di garantirne la concretezza. Tutto il materiale raccolto durante i lavori con tavole sinodiche, i diritti sociali e i servizi che sono previsti, norme e atti di riferimento, dove già esistono i Lea (livelli essenziali di assistenza), le prestazioni applicate sui territori, le proposte del gruppo di lavoro e la quantificazione è materiale corposo che dimostra l’importante lavoro di ricerca compiuto su cui incardinare la legge di riforma.
Il Rapporto inoltre contiene una molteplicità di pareri sui quali è interessante documentarsi perché (per estrema sintesi) se una ASL ha fatto scelte di assunzione di certo personale ciò ha determinato la capacità amministrativa nel gestire le risorse perché i Lep sono strumenti indotti nella tutela dei diritti dei cittadini per assicurare i bisogni poiché la pluralità deve poi dare le risposte secondo i criteri stabiliti.
Dalla lettura si evince che attraverso i Lep si va oltre l’autonomia perché questo paese deve fare un passo avanti su spesa storica e costi standard e deve capire che le grandi priorità sono la scuola e la sanità e dunque l’istruzione e la salute, e dobbiamo creare grandi reti di servizi pubblici che riguardano tutta la collettività su settori da privilegiare. I dettati costituzionali degli articoli 116 e 117 sono rimasti inattuati e le problematiche che sta attraversando l’Italia permettono di essere cautelativi, sapendo che la Costituzione prevede che qualora non si rispettino l’organo di governo deve risponderne.
Il bilancio pluriennale dello Stato ha permesso un lavoro di censimento e vaglio della legislazione esistente anche di norma secondaria su diritti civili e sociali e starà alla politica decidere dove è e se è carente o eccessiva. Non era compito del comitato dare dei giudizi sulle amministrazioni virtuose o meno, ma fare un bilancio e amministrare virtuosamente significa adeguare i mezzi agli obiettivi: sarà un lungo percorso ma significa rivedere le risorse equilibrate e realiste e finalmente dare concretezza al principio di uguaglianza.
Il punto è la gestione amministrativa, che se non è all’altezza sull’osservanza del dettato costituzionale non solo viola la certezza del diritto, ma soprattutto la sostenibilità di tutto il bilancio dello Stato. La sfida vera è la qualità del livello della classe dirigente del governo della cosa pubblica. Ora l’autonomia differenziata è legge: la maggioranza esulta e l’opposizione scende in piazza chiedendo un referendum abrogativo. Ma si tratta solo dell’attuazione del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, senza conseguenze dirette, che regola per le Regioni a statuto ordinario la possibilità di chiedere ulteriori forme di autonomia al governo. Ora molto dipende dai Lep sapendo comunque che la tendenza del governo, anche per resistenza degli stessi ministeri e della burocrazia centrale, è quella di cedere competenze legislative o solo amministrative su aspetti specifici e molto limitati. È questo lo spirito corretto del provvedimento, che dovrebbe valorizzare le potenzialità dei territori locali e non invece a determinare venti sistemi sanitari o scolastici differenti.