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Austria, tutte le sfide economiche e politiche del vittorioso Kurz (sotto lo sguardo di Germania e Francia)

In Austria del trionfante Kurz le preoccupazioni per l'export e per le guerre commerciali sono le stesse di Germania e Italia, e il rallentamento generale coinvolge anche l'importante mercato dei paesi dell'Europa centro-orientale, dove l'Austria gioca un ruolo importante. Il Punto di Pierluigi Mennitti

Il ballo a Vienna comincia adesso, a urne chiuse e schede contate. Grazie a sondaggi sempre più precisi il risultato, nelle sue coordinate generali, lo si conosceva già prima. E i numeri raccontano il paradosso di un premier giovanissimo, mandato a casa per uno scandalo del partner di governo (il video ibizano che ha incastrato l’ex capo dei nazionalisti Heinz-Christian Strache) e riportato alla cancelleria a furor di popolo. Sebastian Kurz, il più giovane cancelliere di austriaco di sempre, era stato sfiduciato dal parlamento quando l’Övp, il partito che aveva ridisegnato a sua immagine e somiglianza, pesava il 31%. Ora ha raccolto il 37.

LE OPZIONI POLITICHE PER KURZ

Sarà lui, dunque, a decidere con chi governare. Ieri, nel discorso di ringraziamento ai suoi militanti, è apparso tanto raggiante quanto cauto e ha ribadito che aprirà consultazioni con tutti i partiti per tirar fuori il migliore accordo possibile. Le opzioni sono più d’una. Una coalizione a due o tre, con i Verdi rientrati prepotentemente in Parlamento (14%, +10 punti) e magari i liberali del Neos (quasi l’8%, +2,5 in un paese da sempre politicamente avaro con i liberali). O di nuovo con i nazional-populisti pesantemente sconfitti (16%, l’Ibizagate è costato 10 punti, la dimensione del crollo dell’Fpö è l’unica vera sorpresa di questo voto). O infine con i socialdemocratici, puniti per indolenza intellettuale e politica (22%, -5 punti), in una riedizione sbiadita della tradizionale Grosse Koalition austriaca, che ha a un tempo governato e anestetizzato il paese per un buon quarantennio.
Dunque, Kurz si è ripreso in mano il pallino dell’Austria. Ma l’abbondanza di opzioni non significa affatto che la strada verso il suo secondo governo sarà agevole: a volte è più facile una via obbligata, anche per un pragmatico come lui.

VERSO LA COALIZIONE DEI VINCITORI CON I VERDI?

L’opzione verde (anche con l’aggiunta dei liberali, pro-diritti sul piano sociale e pro-mercato su quello economico) darebbe al giovane cancelliere una seconda chance nel segno della novità. Se la volta scorsa aveva voluto sfidare il popolarismo stile Merkel di chiusura a destra, puntando invece a sdoganare il nazional-populismo dell’Fpö, ora potrebbe tentare la via inedita di un’alleanza modernizzatrice, amalgamando ecologia e libertà. Non si ha difficoltà a immaginare Kurz anche in questa nuova veste, tanto l’uomo è post-ideologico e politicamente sfacciato. Nelle ultime curve della campagna elettorale, l’ex e futuro cancelliere ha trovato il modo di ammiccare ai temi del cambiamento climatico e mostrare un profilo più apertamente europeista, pur senza abbandonare il terreno caro alla destra nazionalista sul contrasto duro all’immigrazione (che, sia detto per inciso, significa anche rigidità ai confini con l’Italia). Una tavolozza di idee e spunti da cui potrebbe venir fuori qualsiasi quadro. È l’altra faccia del Kurz ben delineato su temi e valori tradizionali: quella di un leader tattico, focalizzato sul proprio successo personale. Ma i potenziali nuovi alleati, soprattutto i Verdi, non saranno morbidi in una trattativa: hanno un elettorato fondamentalmente di sinistra (il 69% vorrebbe alleanze con i socialdemocratici e solo il 32% è favorevole ad accordi con i popolari) e devono riuscire a dare senso alla loro presenza in un esecutivo in cui i rapporti di forza sarebbero sbilanciati come non mai in una coalizione austriaca (oltre 20 punti separano l’Övp di Kurz dai Grünen).

LO SCENARIO TURCHESE-VERDE

Oltre a trovare giustificazione in una sorta di alleanza obbligata fra vincitori, l’inedita maggioranza turchese-verde (dai colori dei due partiti), magari con uno spruzzo di magenta liberale, anticiperebbe scenari che si vanno delineando in un altro paese di lingua tedesca, la Germania, dove l’ascesa dei Verdi prefigura una futura alleanza a livello federale fra conservatori ed ecologisti, anche lì magari con l’ausilio dei liberali. Una coalizione che Angela Merkel avrebbe voluto inaugurare già due anni fa ma che fallì all’ultimo chilometro della trattativa. La cancelliera non potrà mai più guidarla, dal momento che nel 2023 lascerà la carriera politica. Potrebbe farlo Kurz, confermando quello che i tedeschi sostengono sempre: che l’Austria anticipi scenari politici che poi si verificano a casa loro.

IL RUOLO DEI NAZIONAL-POPULISTI

Oltre che come un’anticipazione di possibili scenari tedeschi, la vicenda austriaca del primo governo Kurz è stata letta come una variante di quella italiana: il populismo arrivato al potere e poi sbandato per mancanza di una classe dirigente adeguata (l’Ibizagate tendeva a mostrare proprio quello) e per l’incapacità di gestire il rapporto con l’Unione Europea. In realtà a Vienna si è svolta un’altra partita, giacché Kurz resta un conservatore di nuova generazione, un popolare pop ma non un sovranista militante: ha semmai ricordato alla lontana il modello Berlusconi, non quello Salvini, con tutte le diversità del caso. Ora i numeri elettorali dicono che Kurz potrebbe anche riprovarci. La dimensione della sconfitta dei nazional-populisti è uno dei dati politici nuovi del voto, un crollo di 10 punti non indica solo la sanzione per uno scandalo ma una bocciatura più ampia per l’intera classe dirigente del partito. L’Fpö de-strachelizzata, ripulita grazie alla leadership più azzimata di Norbert Hofer, non ha convinto gli elettori. La tentazione di un’opposizione rigeneratrice è grande ma la partecipazione a un nuovo governo Kurz – seppure con diversi rapporti di forza – potrebbe essere un’ancora per evitare di scivolare ai margini della politica austriaca.

LE PAURE E LE PRESSIONI DI BERLINO E PARIGI

Questo scenario allarma l’Europa (e la vicina Berlino). Che la formazione dei governi nazionali avvenga oggi all’interno di pressioni e discussioni con i partner Ue è cosa ritenuta naturale in un continente politicamente interdipendente. A rimarcarlo ci ha pensato un giornalista dell’Ard, la tv pubblica tedesca, in un curioso siparietto ieri sera con Kurz. Dopo un paio di scambi piccati, il giornalista ha rotto gli indugi ponendo la seguente domanda: “È noto che i governi della Germania, del Benelux e della Francia sperano molto nella fine dell’alleanza con i dubbiosi populisti di destra. Questo punto di vista gioca un ruolo nelle consultazioni che avvierà?”. Nella risposta Kurz è apparso infastidito, ha replicato che il suo punto di riferimento è l’elettore austriaco e non i governi europei o i rappresentanti dei media. Al giovane ma ormai esperto politico è tuttavia chiaro che dalla sua scelta dipenderà la possibilità di essere riaccolto dall’Europa che piace come un ravveduto figliol prodigo o come un eretico testardo e capriccioso.
Di fronte Kurz avrà tutti i partiti eletti in parlamento, con le loro ambizioni e i loro programmi. Alle spalle gli aumentati elettori del suo partito, le cui preferenze sono piuttosto chiare: il 43% si augura un’alleanza con i liberali (ma da sole le due forze non bastano), il 34% con i nazional-populisti e solo il 20% abbraccerebbe i Verdi.

DOSSIER RIFORME ECONOMICHE

La formazione del governo richiederà dunque probabilmente tempi non brevi. Ma l’Austria ha fretta di chiudere la parentesi tecnica, nonostante la stampa (più quella europea che quella di casa) abbia elogiato l’asetticità del governo di transizione. Un esecutivo che, per sua natura, non ha però potuto e voluto mettere mano alle riforme economiche, che poi sono le più politiche. L’andamento dell’economia segnala che anche a Vienna l’orizzonte si va rabbuiando. Sebbene a differenza del vicino tedesco la congiuntura non conosca al momento recessione, neppure tecnica, la crescita resta debole: il primo trimestre 2019 ha fatto registrare una crescita dello 0,5% e il secondo dello 0,3. Poca roba ma nessun segno meno.
Nel suo anno di attività, il governo nazional-conservatore ha ottenuto il primo avanzo di bilancio dopo decenni, ma una serie di riforme necessarie sono rimaste al palo, complice anche la breve durata. Tra queste gli esperti indicano quella pensionistica e dell’assicurazione sanitaria. Un nuovo governo Övp-Fpö dovrebbe condurre in porto la riforma fiscale avanzata nella scorsa legislatura.
Le preoccupazioni per l’export e per le guerre commerciali sono le stesse di Germania e Italia, e il rallentamento generale coinvolge anche l’importantissimo mercato dei paesi dell’Europa centro-orientale, dove l’Austria gioca un ruolo importante. Gli economisti suggeriscono un vasto piano di iniziative, volte da un lato a favorire ricerca e innovazione, dall’altro a modernizzare l’economia, liberandola da burocrazia e un’eccessiva presenza dello Stato che comprende anche le nomine politiche di manager in molti settori industriali.

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