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Quando l’Argentina tornò alla democrazia

Chi c'era e che cosa si è detto all'evento "1983: un popolo in festa", organizzato dall'Ambasciata Argentina e della Fondazione Craxi.

Il conflitto mediorientale incombe, su questo inevitabilmente vengono intervistati dalle tv a margine i partecipanti al convegno, ma è festa a “Casa Argentina”. Nella sede dell’Ambasciata in Via Veneto, a Roma, in un salone affollato si celebrano i “40 anni dal ritorno della Democrazia”. Con “ricordi e testimonianze di un popolo in festa”. Iniziativa congiunta dell’Ambasciata argentina e della Fondazione Craxi per ricordare “due uomini che si sono battuti per la libertà: Raul Ricardo Alfonsin e Bettino Craxi”, sottolinea Stefania Craxi, senatrice di FI e presidente della commissione Esteri e Difesa di Palazzo Madama.

Craxi premier in Italia e Alfonsin, della Union Civica Radical su posizioni socialiste, eletto presidente, in quel 1983. La Craxi ricorda ancora con emozione quella sera di festeggiamenti a Buenos Aires, dove giovanissima accompagnò il padre Bettino. Scherza: “Rientrai quasi all’alba, pensando: ora chissà quali motivazioni politiche darò a mio padre per l’orario”.

La sala, piena di argentini e italo-argentini, l’applaude e sorride con lei per l’intenso ricordo autobiografico. Sono presenti l’ambasciatore Roberto Carlés, un parterre di storici e esperti, Ettore Rosato, deputato, che ha lasciato Iv di Matteo Renzi per fondare l’associazione “Popolari, europei, Riformisti”, estimatore della figura di Bettino Craxi. L’iniziativa congiunta è l’ulteriore conferma dell’asse che c’è sempre stato tra il nostro Paese e l’Argentina, dove, ricorda la Craxi, “dall’Unità d’Italia ai nostri giorni sono emigrati ben tre milioni di italiani”. Un asse saldatosi in particolare attraverso lo speciale rapporto tra Alfonsin e lo statista socialista, nostro ex premier di cui quest’anno ricorrono i 40 anni del suo governo con riforme che hanno lasciato il segno in Italia.

Come ricorda Margherita Boniver, ex ministro e responsabile Esteri del Psi, presidente della Fondazione Craxi, i futuri presidente argentino e premier italiano si conobbero da giovani, quando Craxi era ancora a Milano, ma in consiglio comunale già parlava anche di politica estera, con quello sguardo lungo che ha sempre avuto sul mondo. Da vicepresidente dell’Internazionale socialista andò per primo avventurosamente sulla tomba di Allende, pochi giorni dopo il golpe in Cile. Intensificò i suoi rapporti con il Sud America e con Alfonsin che lottava contro la dittatura militare.

“Dall’America Latina ai dissidenti dell’Est, mio padre si è sempre battuto contro tutte le dittature, da quelle fasciste, peroniste a quelle comuniste, mentre esponenti dei comunisti italiani sbattevano la porta ai dissidenti dell’ Unione sovietica”, sottolinea la senatrice di FI. Ricorda “le sere angosciose a casa nostra al pensiero degli incarcerati e dei desaparecidos”. Aggiunge, la Craxi: “Gli aiuti finanziari, oltre che politici, non passavano per la Banca d’Italia. Ma mio padre anche durante l’esilio di Hammamet, mentre era al centro di un attacco giudiziario-mediatico senza precedenti, non ne ha mai voluto far cenno. Diceva: non voglio mischiare la miseria delle vicende giudiziarie che mi colpiscono con la causa della libertà dei popoli”.

Angela Sagnella dell’Università per Stranieri di Perugia interviene sulla transizione democratica in Argentina. Enrico Landoni dell’Università eCampus , direttore della rivista leSfide della Fondazione Craxi, di cui è direttore generale Nicola Carnovale, ricorda quei giorni del ritorno alla libertà a Buenos Aires, la standing ovation di tre minuti per Craxi, le divisioni nell’Internazionale socialista sulla guerra delle Falkland, la contrarietà di Craxi alle sanzioni contro l’Argentina. “Arrivò – racconta lo storico – a minacciare la crisi se al Parlamento Europeo i rappresentanti degli alleati nel suo governo si fossero espressi a favore”. Rosato sottolinea la lezione impartita “da Craxi, e con lui da altre figure che hanno fatto grande il nostro Paese, della vera e propria cultura della politica estera, un’occasione di crescita per il nostro Paese che entrò nel G7 ai primi posti”. Ed è, prosegue Rosato, “sempre un piacere ascoltare Stefania, perché lei alla storia, aggiunge sempre qualcosa di speciale”.

Domenica in Argentina ci saranno le elezioni. Ma “chiunque vincerà, sarà sempre libertà”, è lo spirito dell’iniziativa. La libertà che vinse 40 anni fa, a ottobre anche allora.

Intanto, divampa la crisi mediorientale. La presidente della commissione Esteri e Difesa del Senato avverte che le “manifestazioni di piazza in gran parte del mondo arabo-musulmano rispondono alla strategia destabilizzante della campagna d’odio e disinformazione di Hamas”. Occorre “evitare ogni possibile scintilla, mantenere viva una prospettiva per il popolo palestinese, fatto salvo il diritto di Israele a difendersi nel rispetto delle leggi internazionali e, soprattutto, a vivere in sicurezza”.

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