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Fortune

Aramco: i fini dell’Ipo, le mire energetiche e le incognite geopolitiche

Saudi Aramco, la più grande compagnia petrolifera del mondo controllata dall'Arabia Saudita, ha deciso di procedere con la tanto attesa Ipo e la quotazione in Borsa. Fatti, numeri, commenti e analisi

 

La notizia economica più importante di ieri è riassunta in questo tweet partito in mattinata dal profilo Twitter di Saudi Aramco, la più grande compagnia petrolifera del mondo integralmente posseduta dallo Stato saudita che, come possiamo leggere nel cinguettio, ha deciso di procedere con la tanto attesa IPO e la quotazione in Borsa:

L’annuncio, che era nell’aria da settimane, è arrivato tramite una dichiarazione del board dell’autorità di mercato del Regno, che ha fatto sapere di aver approvato la richiesta della compagnia di mettere in vendita “parte delle proprie azioni”.

Come ha dichiarato ieri il CEO di Aramco, Amin Nasser, il prospetto dell’IPO sarà reso noto il prossimo 9 novembre. Da quel momento in poi comincerà la procedura che porterà a fissare una quotazione per l’azienda e le sue azioni, che arriveranno solo dopo una complessa trattativa tra Stato, azienda, banche coinvolte e investitori.

Ciò che si sa per ora è che l’operazione si snoderà in due fasi distinte. In un primo momento, l’IPO avrà luogo esclusivamente nella locale borsa di Tadawul e sarà divisa in due tranche: una riservata agli investitori istituzionali sauditi e l’altra ai privati cittadini del Regno, i quali si spartiranno complessivamente una quota compresa tra l’1 e il 2% delle azioni.

Ragionando su una quotazione dell’azienda che nelle valutazioni più generose potrebbe toccare i due trilioni di dollari, Riad punta a raccogliere così dai 20 ai 40 miliardi di dollari. Salvo sorprese, siamo dunque in procinto di assistere all’IPO più ricca della storia, capace di mettere in ombra il record raggiunto a suo tempo da Alibaba con i suoi 25 miliardi.

Secondo le fonti di Al-Arabyia, il passaggio cruciale arriverà il 17 novembre, quando sarà reso noto il prezzo di partenza dello stock; dopo vari ritocchi all’insù o all’ingiù, il prezzo sarà fissato definitivamente il 4 dicembre e quindi, esattamente sette giorni dopo, le azioni saranno finalmente scambiate alla borsa di Tawdul.

Questa è solo la prima parte di un’offensiva che comprende una successiva quotazione di un altro stock presso le borse estere pari probabilmente ad un ulteriore 3%. E qui un ruolo chiave lo giocheranno la ventina di banche che stanno lavorando sull’affare e che comprendono calibri come Morgan Stanley, Citigroup Inc., Goldman Sachs Group Inc., e JPMorgan Chase & Co.

A loro il compito di coronare il sogno dell’architetto di questa operazione, il principe Mohammad bin Salman (MBS), che punta a ricavare complessivamente almeno 100 miliardi di dollari: cifra necessaria per finanziare parte del suo ambizioso progetto, denominato “Vision 2030”, con cui punta a diversificare l’economia del regno rendendola meno dipendente dalla monocultura petrolifera.

Non sono poche, tuttavia, le variabili in gioco che potrebbero, se non guastare la festa dell’erede al trono, per lo meno stemperarne l’entusiasmo. La principale incognita riguarda proprio la quotazione di Aramco e il divario tra i desiderata di MBS, che punta alla cifra monstre di 2 trilioni di dollari, e le stime fatte da organismi indipendenti che abbassano quella soglia di parecchie centinaia di miliardi (la forchetta ieri, nella stampa specializzata, oscilllava tra gli 1,8 trilioni di dollari e 1,2 trilioni).

Anche un risultato non conforme alle aspettative del Regno nulla toglierebbe comunque alla portata del fatto. Stiamo parlando infatti dell’ingresso, nel mondo del trade azionario, di un colosso energetico senza pari, che siede su riserve pari a 260 miliardi di barili di petrolio – assai più di quelle combinate di Exxon Mobil Corp, Chevron Corp, Royal Dutch Shell Plc, BP Plc e Total SA – che assicureranno utili almeno per il prossimo mezzo secolo.

Quanto ai volumi di produzione, l’anno scorso Aramco ha sfornato una media di 10,3 milioni di barili di petrolio al giorno, cui va aggiunta una preziosa capacità di produzione extra che può spingere il totale dell’output fino a 12 milioni di barili. Nel computo vanno poi inseriti anche gli 8,9 miliardi di metri cubi di gas naturale estratti ogni giorno.

Accanto a questi numeri da capogiro va accostato poi un altro dato che spiega bene come Aramco sia la macchina da soldi per antonomasia. I costi di estrazione del petrolio saudita sono tra i più bassi al mondo, appena 2,80 dollari al barile, che se messi a confronto con il prezzo finale sul mercato del greggio che è pari a 62 dollari al barile bene illustrano i profitti che Aramco è in grado di generare.

Per farsi un’idea precisa del flusso di denaro che finisce nelle casse di Aramco, basterà ricordare l’utile netto di 111 miliardi di dollari registrato l’anno scorso, che è pari ad oltre un terzo in più del reddito netto combinato delle cinque più grandi compagnie rivali (Exxon Mobil, Royal Dutch/Shell, BP, Chevron e Total).

E se il recente calo del prezzo del petrolio ha ridotto nei primi mesi di quest’anno l’utile netto di Aramco del 12%, portandolo a 46,9 miliardi di dollari, siamo pur sempre di fronte ad una somma considerevolmente superiore a quella raccolta dalla società quotata più redditizia al mondo, Apple (31,5 miliardi di dollari).

Sulla carta, insomma, l’IPO di Aramco ha tutti i numeri per entrare nella storia. E nulla è stato lasciato al caso. Nel Regno già suona la grancassa dell’investimento patriottico, con la quale si punta a convincere tanto i nababbi quanto i comuni cittadini a fare il proprio dovere.

Le banche del paese hanno ricevuto istruzioni di essere di manica larga con i clienti che ricorreranno al credito per accaparrarsi le azioni di Aramco, che potranno essere acquistate eccezionalmente anche dalle “donne saudite divorziate”. Per ogni dieci azioni acquistate entro i primi 180 giorni dell’IPO, inoltre, i sudditi ne riceveranno una extra.

Un ulteriore passo che Aramco sta valutando per assicurarsi il pieno successo dell’operazione è di aumentare di ulteriori 5 miliardi di dollari i dividendi distribuiti agli investitori, che toccherebbero così l’ingente somma di 80 miliardi di dollari.

A tal proposito, Bloomberg rileva che se la quotazione dell’azienda sarà fissata a 1,8 trilioni di dollari, l’utile per gli investitori sarà pari al 4,4%: una cifra di tutto interesse nell’era dei tassi piatti, anche se di poco inferiore al 5% garantito da Exxon. Il fatto è che chi investirà in azioni Aramco vedrà quel tasso garantito sino al 2024 a prescindere dalle oscillazioni del prezzo del petrolio.

Dopo i fattori che rendono oggettivamente quello di Aramco l’affare del secolo, vanno citati quelli che potrebbero depotenziarlo.

E la prima e più importante variabile nell’elenco è rappresentata dalle incertezze geopolitiche in cui è immerso un Regno impegnato in uno scontro frontale con il suo rivale regionale, l’Iran. Non può essere sottaciuto, a tal proposito, l’impatto generato dall’attacco che il 14 settembre scorso la Repubblica Islamica, con i suoi alleati yemeniti Houthi, ha messo a segno contro la principale raffineria e i pozzi petroliferi sauditi, causando il temporaneo dimezzamento della produzione.

La seconda insidia non è da meno e ha le fattezze di un’adolescente europea che sta mobilitando i giovani di tutto il mondo, e politici al seguito, a favore di azioni decisive a salvaguardia del clima. Agli occhi di questo movimento, un’azienda che produce petrolio — e inquinamento — non può che rappresentare il demonio.

Ma anche il terzo elemento è destinato ad avere il suo peso, ed è la natura stessa di quel Regno e dei suoi dirigenti che continueranno a controllare Aramco. Stiamo parlando in particolare proprio di MBS, universalmente considerato il mandante dell’omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi: non proprio un buon biglietto da visita per un uomo che sta chiedendo al mondo di fidarsi di lui.

Insomma, se la marcia di MBS non è esente da possibili sbandate, è certo che quando, tra pochi giorni, la macchina dell’IPO avrà intrapreso la sua marcia il mondo non sarà più lo stesso.

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