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Centrodestra

Amadeus e Meloni sbiancano la sinistra

Che cosa è successo fra Sanremo e Bruxelles. La nota di Paola Sacchi

 

Dal tentativo dell’uso politico-mediatico dell’Ariston al tifo, più o meno nascosto, perché ci fosse una sberla per il governo di centrodestra a Bruxelles, a dispetto dell’interesse nazionale, cosa che invece dovrebbe unire nella politica estera, alla fine della fiera però si potrebbe dire che alla nostra sinistra non ne va bene una.

Fare un parallelo tra cose sanremesi e le polemiche di casa nostra sul Consiglio Europeo è a rischio di fantapolitica.

Ma è un fatto che ieri le opposizioni, prive di propri veri programmi, e certa narrazione ormai lanciata in modo pregiudiziale contro il governo di Giorgia Meloni, descritto isolato in Europa, etichettato con le accuse stereotipate di sovran-populismo, si siano presi un uno-due niente male.

Amadeus, il direttore artistico di Sanremo, che era stato messo su alcuni giornali, in modo un po’ ridicolo, quasi nel ruolo di salvatore esterno della crisi confusa in cui si è avvitato il Pd, ha fatto un breve ma intenso e drammatico intervento al Festival sulle Foibe, per il giorno del Ricordo, turbando sui social chi ormai sperava a sinistra di fare di Sanremo un’arma contro il centrodestra, dopo l’intervento di Benigni sulla Costituzione in presenza del Capo dello Stato e le foto di vari anni fa strappate da Fedez di un viceministro di FdI, che si era già scusato per quelle immagini. Ma Sanremo è di tutti.

A maggior ragione lo è la Costituzione che prevede essa stessa un suo aggiornamento, Amadeus fa il suo mestiere e il ricordo della tragedia delle Foibe, dell’eccidio di italiani da parte dei partigiani del regime comunista di Tito (per il quale Palazzo Chigi ieri è stato illuminato con i colori della nostra bandiera), come Mattarella ha detto, deve unire contro i totalitarismi, non dividere.

Ma il vero punto del tutto politico della giornata stavolta sul “teatro” europeo è la replica ferma, con stile asciutto e risoluto, con la quale il premier ha risposto alle accuse di aver isolato l’Italia in Europa, dopo il vertice voluto da Macron (“Il format non è di Zelensky”, ha sottolineato Meloni) a tre all’Eliseo tra Francia, Germania e Ucraina.

Meloni, che aveva definito “inopportuna” l’iniziativa di Macron, ha risposto rivendicando proprio la necessità dell’unità di tutta l’Europa a difesa dell’Ucraina aggredita dalla Russia. L’Italia, insomma, non è alla ricerca di entrare in una foto.

Ben altra valenza, ha rimarcato, sarebbe stata una foto con tutti i 27 Paesi europei schierati a difesa dell’Ucraina. Alludendo alle difficoltà interne che sta incontrando il presidente francese, Meloni ha rovesciato lo schema di una narrazione che ha definito “provinciale” e ricordato che di fronte alla causa dell’Ucraina il suo governo invece non ha badato al consenso interno.

Perché, come ha anche ribadito il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha stigmatizzato l’errore di Macron, l’Italia si è sempre schierata con i fatti a sostegno dell’Ucraina. E il centrodestra ha sempre votato compatto, a differenza del centrosinistra, a favore dei provvedimenti presi. Meloni ha anche sottolineato le novità positive ottenute dall’Italia al vertice europeo, a cominciare da quelle sull’immigrazione, di cui ora si parla, come aveva chiesto il governo, con l’attenzione puntata sul Mediterraneo centrale, in termini di ingressi primari e non secondari.

Intanto, la campagna elettorale delle Regionali nel Lazio e in Lombardia, dove si vota domani e dopodomani, si è conclusa ieri sera. I leader del centrodestra si sono ritrovati uniti giorni fa su un palco di Milano. Quelli del centrosinistra in ordine sparso a Roma (Calenda del Terzo polo con il candidato del Pd D’Amato, ma senza il Pd alla manifestazione, Conte con la candidata Bianchi pentastellata) e a Milano (il Pd con I Cinque Stelle ma senza il Terzo Polo). Centrodestra unito. Ma con un occhio puntato ai rischi dell’astensione.

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