La polarizzazione dello scontro sul libro del Generale Roberto Vannacci ormai è tale che se solo osi sollevare un dubbio di base, a prescindere dai contenuti, sull’opportunità che un militare in servizio faccia l’opinionista su temi sensibili, passi per uno di sinistra, pur essendo di centrodestra o di niente. E se dai ragione al ministro della Difesa Guido Crosetto, che peraltro è cofondatore di FdI, di cultura liberale non proveniente dal Msi o An, che ha chiesto un normale esame disciplinare, come sarebbe avvenuto anche in Usa, ad esempio, passi per un becero giustizialista forcaiolo, pur, chessò, avendo sempre difeso Bettino Craxi dall’accanimento giudiziario da epoche non sospette o Silvio Berlusconi dalla persecuzione sempre giudiziaria.
Ora, però, perché nell’epoca dell’opinionismo tuttologo in tv, nella moda che ormai impazza, dove i commenti vengono prima che ci si spieghino bene i fatti, in quel gigantesco frullatore di urla e scazzottate metaforiche, come se uno studio televisivo fosse un ring da Madison Square Garden, e senza Benvenuti e Griffith, non si approfondisce il tema basilare? E cioè che lui è un militare e, come tale, non solo ha giurato sulla Costituzione, ma per lui dovrebbe valere una sorta di codice d’onore e che in questo caso il sacrosanto free speech c’entra come i cavoli a merenda?
Non facciamo, anche se è molto suggestivo, un richiamo al famoso film Usa Codice d’Onore, dove un pur valoroso militare pluridecorato infrange le regole militari interne sul campo. Facciamo semmai riferimento a un codice di opportunità politica-militare. A parte il Pd, che al solito esagerando nella sua opposizione pregiudiziale al governo ha sostenuto che Crosetto è stato troppo morbido, sono intervenuti fino a ieri sera due esponenti dello stesso partito di Crosetto, Giovanni Donzelli e Galeazzo Bignami a difesa a spada tratta della libertà d’espressione di Vannacci, presentando come questa la risposta al cosiddetto pensiero unico del politically correct di sinistra, ascrivendo di fatto Vannacci alla destra. Ma se non va bene il pensiero unico di sinistra giustamente contestato, perché ora dovrebbe andar bene anche un nascente pensiero unico di destra?
Si invoca giustamente la libertà di espressione, il pluralismo. Addirittura è stato tirato in ballo anche qui Giordano Bruno. Ma è liberale buttarla così in ideologia, cosa che fa a pugni proprio con il pensiero liberale, anche su temi sensibili, di civiltà come l’omosessualità definita “non normale” dal generale, che a quanto si apprende è stato anche a Kabul per difendere donne e gay, le vittime più indifese dei Talebani? Regole o non regole, è opportuno sul piano politico-militare questo tomo di 373 pagine autopubblicato? E che convenienza ha la destra ad abbracciare pedissequamente le tesi di Vannacci che, giuste o sbagliate, meriterebbero approfondimenti più seri, in altra sede e da parte di esponenti che non rappresentano lo Stato in prima persona?
Venuto in mente che il generale invece non sia manco, come cittadino, di destra o piuttosto simpatizzi invece per i Cinque Stelle o per chi legittimamente intende lui? Infine, non rischia di essere tafazzismo per la destra mettersi nella parte che la sinistra gli ha scientificamente assegnato da decenni: ovvero omofobi, mentre anche il Pci nelle sue aree più profonde lo era, e fascisti, mentre il fascismo non c’è più da 80 anni?
A chi giova? Probabilmente solo a una sinistra che priva di un vero progetto, divisa è quindi capace solo di fare un’opposizione pregiudiziale. Vannacci o non Vannacci. Emergono tutti i malacci di certo populismo di cultura grillina dove uno vale uno, ognuno può dire la qualunque, indipendentemente dal ruolo delicato che si occupa. E questo in un Paese dove il libro del generale va a ruba, ma magari non si è mai letto neppure uno dei testi base dei capolavori della letteratura o della saggistica. Malacci italiani.