skip to Main Content

Dugin

Chi è davvero Dugin? Girotondo di esperti

Aleksandr Dugin, padre di Darya uccisa in un attentato a Mosca, è davvero l'ideologo di Putin? Ecco cosa pensano gli esperti italiani di Russia

La confusione dilaga nella stampa italiana circa l’attentato che a Mosca ha ucciso Darya Dugina, figlia del politologo e filosofo russo Aleksander Dugin, che i quotidiani e le agenzie considerano universalmente l’ideologo di Putin.

In verità non manca chi evidenzia come Dugin fosse tutto tranne che l’ideologo di Putin. E sull’attentato poi si moltiplicano le tesi, più o meno azzardate, come quella secondo cui il vero bersaglio del blitz sarebbe stato il padre e non la figlia o quella stando alla quale a mettere a segno il colpo non sarebbero stati gli ucraini, che peraltro negano ogni addebito, ma un gruppo dissidente russo.

Per farsi un’idea di questo di questo magmatico dibattito si passa in rassegna una selezione di analisi pubblicate in queste ore dai maggiori organi di informazione italiani cui aggiungeremo i commenti di alcuni analisti che studiano e conoscono l’universo russo.

Il filosofo (e la sua visione) trasformato in bersaglio

Non ha dubbi Ezio Mauro, editorialista ed ex direttore di Repubblica (di cui è stato anche corrispondente da Mosca) su cosa sia successo l’altra notte nella capitale russa.

Si sarebbe trattato di “un attentato indirizzato contro il vertice del Paese: minacciato nelle sue connessioni culturali, spirituali, filosofiche con la fonte stessa della teoria metastorica e della teologia politica che hanno determinato la svolta strategica di Putin, e ispirano quotidianamente la sua concezione dell’anima russa, della sua missione e del suo destino nel mondo”.

È dunque, secondo Mauro, il machiavellico principe dello zar quello che è stato “trasformato in bersaglio dopo aver fornito a Putin la teoria alla base del piano di resurrezione imperiale della Russia, di cui l’invasione dell’Ucraina è solo il primo elemento”.

Selezionandolo come target, prosegue Mauro, e dunque individuando “Dugin come anima del potere putiniano, è come se l’attentato svelasse la dimensione culturale, filosofica, mistica della nuova pretesa imperiale di Mosca: per la ricongiunzione spirituale (e quindi inevitabilmente politica) dei popoli slavi nella nuova strategia eurasiatica che vedrà la Russia emergere come guida dall’esaurimento suicida dell’Occidente”.

Quanto alle responsabilità materiali, Mauro non ha esitazioni ad indicare la pista di un movimento di opposizione interna allo stesso Paese e in particolare “un fronte interno di contrasto alla guerra”.

Questa, infatti – prosegue Mauro – “era un’opzione prima o poi ampiamente possibile fin dal primo giorno, salvo che l’Armata russa riuscisse a piegare l’Ucraina occupata militarmente con un blitz, facendo cadere il governo per instaurare a Kiev una sovranità delegata e fittizia, di obbedienza moscovita”.

Ma una volta che il tentato blitz si è trasformato in guerra aperta, scrive Mauro, “con i soldati russi impantanati davanti al mondo nell’evidenza di un’aggressione, era prevedibile che nel Paese sarebbero nati focolai di dissenso davanti ai morti, ai costi, alle sanzioni, alla separazione della Russia dal concerto e dalla cooperazione internazionale”.

Crolla il castello ideologico di Putin

Questa è l‘espressione usata dallo storico dell’Università di Napoli Federico II Andrea Graziosi, autore di saggi sull’Urss tradotti in tutto il mondo e fellow dell’Harvard Ukrainian Research Institute, in un’intervista rilasciata al Quotidiano Nazionale. Parole che riecheggiano dunque quelle di Mauro.

Quando l’intervistatore chiede a Graziosi di interpretare l’attentato, lo storico risponde ravvisandovi “l’evidenza che ogni giorno di più Putin stia perdendo quella che lui definisce ‘operazione militare speciale in Ucraina’ e che la tensione interna in Russia è ormai a livelli altissimi”.

Invitato dall’intervistatore a precisare perché secondo lui Putin starebbe perdendo la guerra, Graziosi puntualizza, con un riferimento alla visione del mondo datata e controversa riconducibile a Dugin cui accennava anche Mauro, che “forse per lui è anche peggio. Stanno venendo meno le teorie che giustificavano l’operazione speciale. Che gli ucraini vogliano essere russi non lo può più sostenere nessuno. E il malcontento cresce. Forse anche contro il consigliere Dugin, che ha contribuito a motivare queste idee fallimentari”.

Dugin chi?

Ma queste idee non convincono affatto Mara Morini, docente di Scienza Politica all’Università di Genova e autrice del recente saggio “La Russia di Putin”.

Esaminando la figura di Dugin, Morini rileva sul quotidiano Domani diretto da Stefano Feltri che “non solo non esistono foto che lo ritraggono insieme a Putin, ma se fosse veramente l’ideologo del Cremlino, Dugin avrebbe potuto usufruire della scorta del servizio FSB e si potrebbe affermare che l’attentato ha un alto valore simbolico perché è stato ucciso ‘un uomo di Putin’”.

A titolo di pista, la studiosa sottolinea l’idea che il bersaglio vero possa essere persino la stessa Dugina “che lavorava per Russia Today e si è sempre espressa in difesa dei separatisti del Donbas e a favore dell’invasione russa in Ucraina”.

Il fattore FSB

A segnalare l’anomalia dell’assenza di una scorta che metterebbe in discussione l’effettivo peso politico dell’asserito ideologo, interviene anche con un puntuto tweet il giornalista Luigi De Biase (Tg5), esperto di Russia ed Europa dell’est:

Ma quale ideologo in capo?

Su Twitter Orietta Moscatelli, caporedattore di Askanews, collaboratrice di Limes ed esperta di cose russe (autrice del recente “Putin e putinismo di guerra”), per sminuire l’importanza di Dugin e negarne l’appartenenza al cerchio magico di Putin.        

Un attentato dell’opposizione interna?

Dal canto suo la giornalista Marta Ottaviani, autrice del saggio “Brigate russe”, rileva, sempre su Twitter, come Dugin fosse una figura tutt’altro che centrale, al punto da essere più noto all’estero che in patria.

Un particolare che, fa ventilare la stessa Ottaviani, in un secondo tweet, lo renderebbe un bersaglio appetibile per un attentato organizzato da un movimento clandestino russo in cerca di riconoscimento internazionale.

La tesi dell’ex deputato della Duma

Ad accreditare la supposizione che dietro l’attentato ci possa essere la mano di un gruppo russo anti-Putin è stato Ilya Ponomarev, ex deputato della Duma critico del Cremlino e riparato a Kiev, che, come riferisce l’Ansa,  ne ha fatto anche il nome con il Guardian: si tratterebbe del cosiddetto Esercito Repubblicano Nazionale (Nra).

L’ex parlamentare parla di un “attacco (che) apre una nuova pagina nella resistenza russa al putinismo”.

Partecipando a una trasmissione televisiva, Ponomarev ha anche letto alcuni brani del presunto manifesto del gruppo di opposizione. Un documento in cui si definisce “Putin un usurpatore del potere e un criminale di guerra che ha emendato la Costituzione, scatenato una guerra fratricida tra i popoli slavi e mandato i soldati russi a una morte certa e insensata. E che sarà deposto”.

Il documento conterrebbe inoltre un particolare importante: la figlia di Dugin vi viene descritta come “obiettivo legittimo perché fedele compagna del padre, che sosteneva il genocidio in Ucraina”.

Back To Top