Una pagina di storia si è voltata lunedì alla Casa Bianca, dove per la prima volta dal 1946 un presidente siriano ha messo piede nello Studio Ovale.
Ahmed al-Sharaa, 43 anni, ex comandante di un gruppo affiliato ad al-Qaeda con una taglia da 10 milioni di dollari sulla testa fino a pochi mesi fa, è stato accolto da Trump in un incontro che ha sancito un ribaltamento geopolitico senza precedenti.
Da paria internazionale a interlocutore privilegiato di Washington: la Siria di al-Sharaa entra nella coalizione globale anti-Isis come 90° membro, ottiene una sospensione di 180 giorni delle sanzioni Caesar e riapre la sua ambasciata nella capitale Usa dopo 13 anni di chiusura.
Il tycoon lo elogia come “leader forte” e “tipo tosto”, minimizzando un passato jihadista con la frase “abbiamo tutti avuto passati ruvidi”.
Eppure, dietro i sorrisi diplomatici, persistono le denunce per violenze settarie, omicidi di alawiti e drusi e scontri tra milizie, in un Paese ancora ferito da 14 anni di guerra civile.
Da jihadista a capo di Stato
La traiettoria di Ahmed al-Sharaa ha del romanzesco, un intreccio che lo ha portato dal cuore del jihadismo ai salotti della diplomazia internazionale.
Nel 2003 si unì ad al-Qaeda in Iraq proprio mentre gli Usa invadevano il Paese; catturato, finì in una prigione americana, ne uscì con un’amnistia e tornò in Siria per unirsi all’insurrezione contro Bashar al-Assad.
Nel 2013, come scrive il New York Times, Washington lo etichettò terrorista, con 10 milioni di dollari di taglia sulla sua testa per i legami qaedisti.
All’epoca Sharaa era noto come Al Jolani e guidava Hayat Tahrir al-Sham (HTS), ramo siriano di al-Qaeda fino al 2016. Più tardi ne prese pubblicamente le distanze per consolidare il controllo sul nord-ovest siriano, trasformando il gruppo in una forza ibrida tra milizia ribelle e proto-stato.
Fino a quattro mesi fa, HTS era nella lista nera Usa come organizzazione terroristica straniera, e al-Sharaa figurava tra gli“specially designated global terrorists” del Tesoro, con sanzioni che congelavano i suoi asset e limitavano i suoi movimenti.
Ma la settimana scorsa, a quasi un anno dalla clamorosa fuga di Assad in Russia e dall’avvento in Siria di un nuovo regime guidato dallo stesso al-Sharaa, il Tesoro lo ha cancellato dalla lista dei terroristi, come riporta Reuters, azzerando anche la taglia e permettendogli di viaggiare senza deroghe. L’Onu ha seguito a ruota, sollevando sanzioni su di lui e sul suo ministro dell’Interno.
Il presente, però, è tutt’altro che limpido. Sky News sottolinea gli omicidi mirati contro la minoranza alawita, erede del regime baathista, e gli scontri sanguinosi tra beduini sunniti e milizie druse, con oltre 2.500 morti da inizio anno secondo il calcolo del Guardian.
Al-Sharaa giura di punire i responsabili nelle sue forze di sicurezza, ha avviato epurazioni e dialoghi con le comunità, ma le critiche per il potere concentrato in un ristretto giro di fedelissimi – ex jihadisti riabilitati – non si placano, con accuse di autoritarismo.
Gli elogi di Trump
Trump ha un debole per i leader carismatici, quelli che emergono dal caos con le mani sporche ma con una visione, e al-Sharaa incarna alla perfezione questo prototipo.
Al primo incontro a Riad a maggio, ai margini del summit del Golfo, The Donald lo aveva chiamato “giovane attraente” e “combattente tenace”.
Reuters riporta il suo commento di ieri: “Abbiamo tutti passati ruvidi”, quasi a giustificare il curriculum jihadista dell’ospite come un capitolo necessario in un curriculum da sopravvissuto.
Nello Studio Ovale Trump non ha lesinato complimenti, come riferisce ancora Sky News: “È un leader molto forte. Viene da un posto duro, da un inferno di guerra e tradimenti. Un tipo tosto, uno che sa combattere. Mi piace, ci intendiamo alla grande, e faremo tutto il possibile per rendere la Siria un successo, perché è parte vitale del Medio Oriente e non possiamo permetterci un altro fallimento come l’Iraq”.
Quello di ieri è il terzo incontro tra i due leader, dopo quello al Consiglio di Cooperazione del Golfo in Araba Saudita e la cena informale all’Assemblea Generale dell’Onu, dove hanno discusso di futuro con toni sempre più calorosi, quasi confidenziali.
Pochi giorni fa, in un briefing alla Casa Bianca, Trump aveva anticipato: “Molto progresso è stato fatto con la Siria, (al-Sharaa) sta facendo un ottimo lavoro in un luogo complicato, pieno di lupi come Iran e Russia”, secondo quanto riporta The Times of Israel.
Sanzioni alleggerite e coalizione contro l’Isis
Quello di ieri non è stato solo un esercizio di retorica: l’incontro ha prodotto misure tangibili, che delineano un cammino concreto verso il reinserimento siriano nel consesso internazionale.
La BBC, citando un alto funzionario dell’amministrazione Trump, conferma che la Siria entra nella coalizione globale anti-Isis come 90° membro, siglando con gli Usa un accordo politico – senza componenti militari immediate – che apre a collaborazioni ravvicinate con le truppe americane ancora presenti nel nord-est siriano.
Questo passo, spiega un portavoce, permetterà di condividere intelligence e di arginare l’arrivo dei foreign fighters, elementi cruciali per prevenire una rinascita del Califfato.
Il Guardian aggiunge un tassello chiave: Damasco ha concordato di integrare le Forze Democratiche Siriane (SDF) curde – alleate storiche di Washington contro l’Isis – nel suo esercito nazionale, un’operazione delicata che potrebbe sanare divisioni consolidate.
Intanto, Trump lascia intravedere un patto di sicurezza con Israele mediato da Washington, come anticipa The Times of Israel, con discussioni su basi militari Usa in un contesto dove Tel Aviv resta cauta per i vecchi legami di al-Sharaa col terrorismo jihadista.
Sul fronte economico, la decisione più eclatante – scrive il New York Times – è arrivata dal Dipartimento del Tesoro, che ha prorogato per 180 giorni la sospensione del Caesar Act del 2019, che colpiva duramente l’industria energetica siriana e scoraggiava investimenti esteri per gli abusi del regime Assad su civili e oppositori.
È l’estensione della deroga firmata a maggio da Trump, che a giugno aveva già emesso un ordine esecutivo per alleggerire le sanzioni generali, imponendo però un monitoraggio stretto sui legami con i terroristi.
Newsweek spiega che le nuove regole dell’Office of Foreign Assets Control (OFAC) spalancano canali civili e commerciali per una ricostruzione della Siria da 216 miliardi di dollari, focalizzandosi su energia rinnovabile, trasporti e turismo.
Trump promette “annunci sulla Siria” nei prossimi giorni per renderla “molto di successo”.







