Se ne va a 84 anni, proprio nel giorno del suo compleanno, l’ex sindaco di Milano, Paolo Pillitteri, socialista riformista e liberale. Liquidato dalla vulgata come solo “il cognato di Bettino Craxi” oppure “il sindaco della Milano da bere”. Se ne va, invece, uno dei protagonisti a pieno titolo di quell’appassionato “romanzo” socialista dal titolo All’ombra della storia. La mia vita tra politica e affetti (Piemme), in cui la vita personale è intrecciata strettamente fin dall’infanzia con la politica, la vera padrona di casa, scritto da Stefania Craxi, figlia dello statista socialista, senatrice di Forza Italia, presidente della commissione Esteri e Difesa.
Pillitteri, suo zio, marito di Rosilde, sorella del padre Bettino, è in quel gruppo di giovani socialisti riformisti che si unirono a Craxi nell’area autonomista di Pietro Nenni, anche se a Nenni lui a un certo punto preferì Saragat, e andarono oltre, ispirati dalla lezione del socialismo liberale dei fratelli Rosselli e prima ancora dal socialismo umanitario di Filippo Turati e Anna Kuliscioff. Pillitteri, “un vero socialista, incarnazione del socialismo riformista”, non fu il sindaco della Milano da bere, come fu detto e si continua, seppur sempre meno, a dire in modo dispregiativo, ma della Milano “del progresso e della solidarietà, della prosperità e del benessere”, indirizzata al futuro “nel solco tracciato da Carlo Tognoli”, ricorda la Craxi.
Pillitteri e Tognoli sono la Milano del miracolo economico degli ’80, con Craxi premier, il secondo miracolo dopo quello del boom dei ’50. La Milano in cui si intrecciano le storie di Craxi e Silvio Berlusconi, poi l’amico di una vita, l’imprenditore geniale che rompe il monopolio Dc-Pci della Tv in bianco e nero e cambia per sempre la comunicazione, così come l’edilizia, esempio con Milano2 di ecologia non ideologica ma in sintonia con la realtà di una grande metropoli.
Il “romanzo socialista” di Stefania ha un prima e un dopo, un prima dietro la scena che termina in modo tragico quel pomeriggio del 19 gennaio del 2000 quando Craxi a 65 anni muore in esilio a Hammamet, solo con lei in casa. Una tragedia che non può essere solo personale e familiare, ma politica, poiché la distruzione per via giudiziaria del Psi e il suo leader, insieme con quella della classe dirigente della cosiddetta Prima Repubblica, è all’origine di quell’anomalia italiana che ha distorto lo stesso assetto istituzionale. Quella di Stefania è stata una adolescenza e giovinezza dominata dalla politica vissuta con passione quando i partiti erano palestra della classe dirigente ma erano anche comunità. Nel caso del Psi di Craxi intrecciate con il mondo della cultura, dello spettacolo, della musica. Quando Stefania si trovava in casa in Via Foppa a Milano Caterina Caselli con suo marito Piero Sugar, e Lucio Dalla. Oppure tutti gli “irregolari” del mondo, i combattenti per la libertà, dai dissidenti dell’est agli oppositori al regime dei colonnelli in Grecia ai combattenti contro i regimi dell’America Latina. Tutti avevano in Craxi un vero punto di riferimento.
Il “romanzo socialista” di Stefania ha per filo conduttore un padre “coraggioso e geniale”, ma non facile. Fu molto intemperante da ragazzo al punto che la madre non sapendo più come gestirlo lo dovette mandare in collegio. E il padre si dovette scusare perché a 11 anni prese a sassate le finestre della casa del fascio. Con la madre Bettino aiutò a far fuggire in Svizzera attraverso boschi e canaloni ebrei e perseguitati dal fascismo. Ma “mio padre è stato sempre forte con i forti e il più possibile solidale con i deboli”, scrive Stefania. Bettino era il politico a tutto tondo, il padre che non ti ritrovavi “sugli intoppi quotidiani” e che rendeva politico anche un pomeriggio domenicale di svago con la famiglia.
La Craxi ricorda ad esempio la gita sul lago di Como quando a Giulino di Mezzegra, davanti a Villa Belmonte, nel luogo dove furono trucidati dai partigiani comunisti Benito Mussolini e Claretta Petacci, vide che non c’era neppure una targa con il loro nome. E allora con la famiglia andò a cercare dei fiori da deporre in quel luogo. Da ragazzo depose fiori a Piazzale Loreto dove furono trucidati partigiani socialisti ma anche dove furono impiccati Mussolini, Petacci e i gerarchi fascisti. Un atto “osceno, di macelleria”, disse Craxi. Eppure Bettino era il figlio dell’avvocato socialista Vittorio, con origini nobili, sfollato dalla sua Sicilia, cui i comunisti impedirono, contrastando la sua candidatura per il parlamento, la carriera politica, ricorda Stefania.
Originario di San Fratello (Messina), viceprefetto antifascista di Milano, prefetto di Como, componente del Comitato di Liberazione nazionale Alta Italia, l’avvocato Vittorio ha seguito fino all’ultimo il figlio con discrezione e riservatezza nei congressi e gli appuntamenti politici. I socialisti, scrive Stefania, si battono per le proprie idee ma “non odiano”. E tiene a sottolineare che a dispetto “delle vulgate”, “non sono una persona che porta rancore”. Vittorio si chiamava anche l’altro nonno, un ferroviere socialista, padre di sua madre Anna, che le ha insegnato l’amore per la campagna, per la natura. Anna Maria Moncini, il nome completo della signora Craxi, dalla figlia descritta come elemento di serenità e equilibrio per la famiglia di fronte ai momenti più difficili che hanno lasciato cicatrici profonde, non è stata solo una moglie. È ex componente del consiglio nazionale dell’Opera Montessori e presidente del centro Dino Ferrari di ricerca per la distrofia muscolare, “la volle Enzo in persona”.
È grazie alla determinazione della madre Anna che si impose sull’anagrafe e al fatto di avere un padre tutto politico che oggi la figlia di Bettino non si chiama Anastasia, come la figlia dell’ultimo zar, simbolo anticomunista. È rimasto il secondo nome di Stefania, che preferisce questo come suo primo nome. Il giorno in cui nacque il padre non poté andare in ospedale perché impegnato in Comune a Milano dove era assessore all’Economato. La madre Anna, ricorda la figlia con una punta di ironia, ne approfittò per togliere la politica almeno dal nome della primogenita. Ieri è venuto meno uno dei protagonisti del “romanzo socialista” , un lutto familiare e politico. Stefania nell’omaggiare l’amato zio Paolo non può non ricordare “l’ultima cattiveria che gli fecero dei magistrati senza umanità, impedendogli di volare in Tunisia per i funerali del cognato”.